Santa Teresa 1796: alta qualità, tradizione e riscatto sociale
Un profilo di gusto ricco e complesso, che ammalia anche gli appassionati di whisky, una materia prima d’eccellenza e una lavorazione artigianale. C’è tutto questo, e molto altro, dentro un bicchiere di Santa Teresa 1796, rum super premium venezuelano entrato nel catalogo Bacardi Martini, grazie alla partnership stipulata dal Gruppo con l’Hacienda Santa Teresa che lo produce.
Prodotto di punta della distilleria e tra le più alte espressioni della cultura del rum del Venezuela, Paese tra i primi a certificare l’origine e la qualità dei sui ron con una Doc regolata da un disciplinare particolarmente rigido, Santa Teresa 1796 nasce nel 1996 per volontà di Alberto Vollmer Herrera, membro della quarta generazione della famiglia proprietaria dell’Hacienda, fondata nel 1796 nella Valle di Aragua, per celebrarne il bicentenario.
Il Progetto Alcatraz
Un rum frutto dunque di un heritage plurisecolare, dove la maestria nell’arte distillatoria si accompagna a un forte impegno sul fronte sociale. Numerosi sono infatti i progetti a favore delle comunità locali ai quali la distilleria ha dato vita, facendo della sua attività un importante strumento di trasformazione sociale. Uno dei più emblematici è il Progetto Alcatraz, un programma che raccoglie, rieduca e reinserisce nella società i membri delle gang criminali, la cui proliferazione è esplosa negli ultimi decenni a causa della grave crisi politica, economica e sociale, facendone uno dei Paesi più pericolosi al mondo. Il progetto, che ha attirato anche l’interesse dell’Università di Harvard che lo ha giudicato un modelli di inclusione tra i più efficaci a livello mondiale, è nato nel 2003, quando alcuni membri di una banda si sono introdotti nell’Hacienda tendendo un’imboscata a una guardia di sicurezza. I giovani però sono stati catturati ed è stata offerta loro l’opportunità di lavorare per rimediare al reato, evitando così di essere consegnati alla polizia. I giovani hanno accettato, sono stati inseriti in azienda, e così è partito questo programma di reinserimento sociale che unisce formazione professionale e umana, assistenza psicologica per permettere a chi ha un passato criminale di intraprendere un nuovo percorso di vita. Un processo nel quale anche lo sport, in particolare il rugby, gioco capace di trasmettere i valori del rispetto, della disciplina, del lavoro di squadra, dell’umiltà, ha un ruolo fondamentale nel processo di riabilitazione sociale delle persone.
Inizialmente avviato nell’area di Aragua, il progetto ha salvato centinaia di giovani dalla criminalità e ha abbassato drasticamente il tasso di omicidi e del 90% quello di criminalità nella regione. Il programma si è poi evoluto, coinvolgendo le carceri più pericolose del Paese, introducendo il rugby come strumento di reinserimento per migliaia di detenuti. Sempre con risultati estremamente positivi: 11 le gang reclutate, 216 ex membri di bande coinvolti e oltre 900 i reclusi in 36 centri penitenziali che ne hanno beneficiato.
La qualità parte dalla materia prima
Distillato di alto pregio, Santa Teresa 1796 è il risultato di un processo produttivo artigianale particolarmente articolato e complesso, che avviene tutto all’interno della Hacienda e ne fa un rum single estate. La sua base è costituita da due diverse melasse, ottenute dalla lavorazione della canna da zucchero proveniente dalle coltivazioni di proprietà dell’azienda, nei pressi della distilleria, nella Valle di Aragua, che per la sua posizione geografica, sopra l’Equatore e influenzata dal mar dei Caraibi, offre uno dei migliori territori al mondo per questa coltivazione.
«Una è la melassa “naturale”, nel senso che viene fatta fermentare con lieviti indigeni della zona, l’altra con lieviti selezionati – spiega Andrea Pomo, brand ambassador per l’Italia di Santa Teresa 1796 -. La prima viene distillata Pot still e dà vita a un pot still rum dalla forte carica aromatica che conferirà al prodotto finale tutti i sentori vegetali della canna da zucchero, mentre la seconda, distillata in alambicco a colonna dà vita a un light rum, che costituirà la “trama”, ovvero la base alcolica, e un heavy rum, che invece fornisce sapori e sfumature per via dell’alto carico di congeneri che contiene, ovvero di molecole responsabili degli aromi e dei sapori che nascono nella fermentazione».
Invecchiamento e metodo Solera
Dalla miscelazione, in proporzioni diverse, delle migliori selezioni di queste tre tipologie di rum, invecchiati per un periodo dai 4 ai 35 anni in botti di rovere bianco americano ex whiskey americano, prende vita il Santa Teresa 1796.
Ma il processo di lavorazione è ancora lontano dalla sua conclusione. Il blend viene infatti messo a maturare, sempre in barili di rovere ex whiskey americano, con il metodo Solera, del quale l’Hacienda è stata pioniera in Venezuela. «È un passaggio cruciale per far sì che i vari sapori e aromi provenienti da un processo di produzione molto complesso si uniscano in un liquido equilibrato, il cui profilo organolettico resti coerente con la produzione originale – commenta Pomo -. In questo caso il sistema è composto da 4 file di barili poste una sopra all’altra, con la peculiarità che tutto il liquido che compone la miscela passa attraverso ogni singola fase del metodo e, soprattutto, che i barili vengono svuotati solo a metà e dunque una parte della miscela originale è sempre presente in ogni bottiglia».
L’ultimo passaggio è un periodo di affinamento che il rum compie in botte di limousine francese, prima dell’imbottigliamento, in bottiglia con tappo in sughero sigillato a mano con cera.
Un gusto secco che sorprende
«Un processo estremamente laborioso che regala un prodotto dalle caratteristiche sorprendenti – commenta il bar ambassador -. Un rum perfettamente equilibrato, morbido, che stupisce per il suo gusto inaspettatamente secco, dove emerge tutta la ricchezza di aromi e sapori dati dalla materia prima e arricchiti dai portati dell’invecchiamento in legno, con le caratteristiche note di nocciola, cuoio, vaniglia, cannella, cioccolato fondente, prugna, note di miele e pepe, perfettamente armonizzate e che si evolve a ogni sorso, dove la dolcezza inziale si sfuma in sapori più secchi e sfumati e chiuso da un finale caldo e persistente. Una complessità che ricorda molto i whisky delle Highland e che lo rende molto apprezzato anche dagli appassionati del nobile distillato».
Caratteristiche che lo rendono un prodotto anche versatile e che si apprezzano al meglio servendolo liscio o con ghiaccio, ma che lavora bene anche in miscelazione. «È perfetto da utilizzare nei classici e, per le sue peculiarità, anche quelli a base whiskey, come cocktail stile Manhattan, Boulevardier e Old Fashioned, o per nuove creazioni». Un esempio di queste ultime è Santa Cooler, firmato proprio da Poma, dove lo ha miscelato con un cordiale homemade di agrumi, chiudendo con un top di ginger ale: un drink che aggiunge alla tradizionale freschezza di un Cooler la grande complessità di Santa Teresa.
La ricetta
Santa Cooler di Andrea Pomo
Ingredienti:
40 ml Santa Teresa 1796, 20 ml Citrus cordial homemade, top ginger ale
Preparazione:
build
Guarnizione:
orange coin
Bicchiere:
scorza di arancia
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