Quanto è difficile avere un alambicco in un bar? L’esempio di Himkok
Himkok DISTILLERY 1
Spoiler: difficilissimo, ma ne vale la pena. Dar vita a un cocktail bar con microdistilleria all’interno, anche in Norvegia, è un percorso a ostacoli

Si trova appena si accede al bar, passando per una porta stretta tra i mattoni di un palazzo storico e vincolato nel centro di Oslo: l’alambicco in rame che ha contribuito a rendere Himkok un unicum nel panorama dell’ospitalità mondiale (decimo agli ultimi World’s 50 Best Bars). Un cocktail bar che è anche microdistilleria: più dell’80% degli ingredienti alcolici utilizzati al bar, capitanato dal bar manager Maroš Dzurus, viene prodotto internamente grazie all’alambicco firmato da Christian Carl, marchio tedesco che risale addirittura al 1869. Centottanta litri di volume, struttura ibrida in rame e la possibilità di spaziare dall’utilizzo pot still a quello in colonna (sei piatti), che permette a Himkok di produrre praticamente qualsiasi tipologia di distillato, dalla ormai celebre aquavit alle referenze più complesse.

Sfida numero uno: il rebus di un palazzo storico risalente al 1826 e vincolato ai beni culturali, in condizioni fatiscenti. Potur e compagni combatterono con la proprietà e con le finanze risicate, rimettendo a posto tubi scassati e rispolverando materiale originale, prima di riuscire a trovare finalmente un finanziamento sufficiente a prendere il volo: «Ho commesso il grande errore di pensare di poter rinnovarlo da solo, senza il sostegno del proprietario, che anzi avrebbe accettato di concedermi un affitto più leggero, per questo. Così mi ci sono voluti due anni per una ristrutturazione completa e ben più complessa di quello che avevo previsto».
Nel progetto, uno degli ostacoli è stato incastrare l’alambicco dov’è adesso. Quando Himkok aprì i battenti nel 2015, aveva bisogno di una licenza che permettesse di produrre e vendere alcolici nello stesso posto. Talmente nuovo era il concetto, sviluppato dal proprietario Erk Potur (partecipò anche Yunus Yildiz, oggi a Svanen), che non esisteva una burocrazia specifica per certificare le intenzioni: «La Norvegia ha numerose regole complesse in merito alla produzione e vendita di alcol. Credo siamo l’unico bar al mondo che ha il permesso di custodire 1.000 litri di etanolo tecnico al 96% – di fatto moonshine, che è il significato del nome Himkok, ndr – dietro il bancone». E il vuoto normativo significò, alla fine, campo libero per procedere, dopo la stesura di un accuratissimo manuale di gestione, che include esercitazioni antincendio e linee guida per la salute. Anche il progetto del bar ruota attorno alla sicurezza, vista la presenza dell’alambicco. Un importante cortile alle spalle è stato previsto affinché un’eventuale esplosione dell’alambicco adiacente, che avverrebbe verso l’interno grazie a materiali appositamente resistenti, si scarichi lontano dalle persone presenti. Poi il divieto di distillare durante le ore di apertura del bar, un sistema d’aerazione di massima potenza, sensori per lo spegnimento automatico e un’intera parete di acciaio e vetro antiesplosione a protezione dell’ambiente. «È costato più il vetro (68.000 euro) dell’intera struttura per la distilleria, incluso l’alambicco (60.000 euro)! Ma è ovviamente stato necessario, è un vetro praticamente antiproiettile, che ci permette di operare nella massima sicurezza».
Dettaglio rilevante: quella norvegese è una delle tassazioni sugli alcolici più pesanti al mondo, tanto per non farsi mancare nulla. «Per una distilleria artigianale è una bella sfida», prosegue Potur, «perché generare un profitto diventa difficile. Al 2025, le bevande alcoliche con un volume superiore allo 0.7% hanno una tassazione di 9.03 Nok (0,77 euro) per punto percentuale su litro. Vuol dire che una bottiglia da litro di un distillato al 40% ci costa oltre 30 euro di accise, cui si aggiunge l’Iva al 25%. È vero, comunque, che tra ambizione e stupidità c’è solo una sottile linea rossa…». Ne è valsa la pena eccome, a guardarsi intorno qui.

 

 

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