Presentati i dati Nielsen al World Amaro Day: crescono i consumi di amari nel fuoricasa
Il consumatore medio è un over 45, ma il traino del bere miscelato sta aprendo nuove opportunità anche nella fascia più giovane

Buona la prima per Amaro Lucano, che ha promosso e ospitato nel Museo Essenza Lucano, nella sede di Pisticci (Matera) il primo World Amaro Day, la giornata dedicata all’Amaro, lo scorso 18 ottobre, in occasione dei 130 anni dell’azienda lucana. Obiettivo: celebrare la liquoristica italiana e stimolare un dibattito sul riconoscimento della sua importanza, non solo come bevanda da fine pasto, ma come parte del patrimonio culturale e artigianale d’Italia. Un momento di confronto, in cui sono stati presentati dati e invitati in azienda i diversi rappresentanti della filiera, compresi i produttori “competitor”. Come ha detto il presidente del Gruppo Lucano, Pasquale Vena: «Questa è solo la prima edizione, e guardiamo già al 28 ottobre 2025 quando, da fondatori, passeremo il testimone dell’organizzazione a chi vorrà candidarsi per continuare a celebrare l’amaro».

A dare consistenza all’evento, la presentazione dei dati Nielsen relativi al mercato degli amari, che vedono consumi sostanzialmente stabili, a dispetto dell’inflazione, e un giro d’affari che si aggira sui 215milioni di euro (per amari, chine e fernet, dati comprensivi delle vendite in gdo). Gli amari, in generale, registrano un aumento specialmente del consumo nel fuoricasa. Sono le generazioni adulte quelle tra le quali il consumo è più accentuato (la fascia privilegiata è quella fra i 45 e 54 anni), ma il traino del bere miscelato sta aprendo nuove opportunità anche nella fascia più giovane di consumatori. «Le generazioni adulte – afferma la ricerca – sono quelle tra le quali il consumo è più accentuato. Il luogo di consumo nel corso degli anni si sposta via via anche sul fuori casa, guidato dalle generazioni più giovani».

L’identikit del bevitore di amaro vede un consumatore moderato (61%), dai gusti classici (60%), che ama degustare il suo drink (45%). «Aumenta – dice la ricerca – la componente esperienziale, relazionale ed edonista del bere». E il 48% degli intervistati afferma di essere disposto a pagare di più per un prodotto di qualità. E un consumatore su tre afferma di bere amari sia in casa che fuori (con un +9% di questa risposta rispetto a 10 anni fa). Quanto alle motivazioni che portano alla scelta di un’etichetta piuttosto che un’altra, lo studio nota che «pur restando rilevanti fattori tradizionali come gusto e reputazione nella scelta del brand, è possibile attrarre un pubblico più ampio evidenziando fattori come sostenibilità e credenziali etiche nelle campagne pubblicitarie». Il sapore è infatti il primo driver dei consumi (42%), ma perde terreno, a vantaggio di indicatori come lo storytelling e la territorialità.

Temi che hanno animato la discussione sui percorsi di innovazione che il mondo dell’amaro deve intraprendere, anche per portare fuori dai confini nazionali questo prodotto made in Italy: dai formati sperimentali per la mixology alla scelta di ingredienti biologici e locali, diverse le strade intraprese dalle aziende per adattare l’amaro alle nuove tendenze, compresa quella dello zero alcohol e della sostenibilità.

 

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