Missione aperitivo: Palmira Bertuca entra nel team di Italspirits
Si rafforza la squadra advocacy di Italspirits, l’agenzia con sede a Londra, fondata e guidata da Giuseppe Gallo, che si occupa di promozione di bevande, eventi e attivazione di marchi. Dopo l’arrivo a gennaio di Roberta Mariani nel ruolo di global advocacy director (leggi Ultima ora. Roberta Mariani, narratrice dell’aperitivo italiano, è passata a Italspirits), ecco ora l’ingresso di un’altra signora della mixology: Palmira Bertuca, come aperitivo specialist per l’Italia. Con questo incarico supporterà Mariani nella promozione degli aperitivi Italicus e Savoia Rosso e Orancio, occupandosi del mercato italiano attraverso la formazione e l’attivazione di eventi ad hoc e creando una connessione tra il marchio, il mondo dei locali, la bartender community e il pubblico. «Siamo molto contenti dell’ingresso di Palmira nel nostro team – racconta Mariani -. Con la sua passione e le sue competenze darà un apporto fondamentale nel gestire e portare avanti i tanti programmi di formazione, promozione e conoscenza che stiamo mettendo in campo per i nostri marchi e la diffusione della cultura dell’aperitivo italiano, portando in Italia quanto di innovativo è riuscita a cogliere dalle lunghe esperienze maturate all’estero».
Calabrese di origine, cresciuta a Bologna, Bertuca ha iniziato il suo percorso dietro il bancone già durante gli anni del liceo per poi, fin da giovanissima, girare il mondo e collezionare importanti esperienze internazionali che le hanno permesso di venire in contatto e conoscere diverse culture dell’ospitalità, dall’Edition di Londra, dove ha fatto parte dell’opening team, al Bar Machiavelli di Sydney, dal Soho House di Barcellona all’InterContinental di Singapore. Nel 2021 il ritorno in Italia come bar manager di The Social Hub di Firenze, ruolo nel quale ha contribuito al rilancio del locale e a portarlo alla ribalta della scena nazionale e non solo. Ora si apre un nuovo capitolo nella sua storia professionale che ci siamo fatti raccontare dalla diretta interessata.
Con l’ingresso in Italspirits inizia un nuovo percorso: che cosa l’ha spinta a fare questo passo?
Dopo le esperienze all’estero e quella altrettanto importante a The Social Hub, dove abbiamo lavorato al rinnovo del locale, dandogli una nuova identità, ho sentito la necessità di rimettermi in gioco. Ho avvertito che era il momento di imparare cose nuove, di vedere il bar da un’altra prospettiva, di intraprendere una strada che potesse darmi nuovi stimoli e, soprattutto, di essere di supporto nella formazione di nuovi talenti nel mondo dei locali. Ed è quanto questa nuova avventura mi sta dando: sono stata molto felice di unirmi a Italspirits e sono molto entusiasta dei progetti che andremo a realizzare.
Che cosa significa per lei fare cultura dell’aperitivo?
Significa riscoprire le nostre origini. L’aperitivo è un rituale intrinseco nella cultura del nostro Paese, è un rituale che si porta avanti da generazioni e dunque è importante formare i bartender per essere pronti alle richieste di consumatori sempre più preparati, esigenti e desiderosi di bere bene.
Su quali aspetti si focalizzeranno le attività di advocacy?
Su formazione, formazione e ancora formazione. Penso che la conoscenza dei prodotti, della loro storia e delle loro evoluzioni, ma anche degli ingredienti e dei cocktail, siano importantissime per permettere a un bartender di offrire un’esperienza unica ai propri ospiti. Sul mondo degli aperitivi, poi, credo ci sia bisogno di fare un lavoro più approfondito in quanto, proprio perché in Italia siamo sempre stati a contatto con questa tipologia di prodotti, finiamo con il dare molte cose per scontate, quando in realtà si ignora o si ha una conoscenza molto limitata della complessità della categoria. È infatti un mondo complesso, ricco di sfaccettature e sfumature, che mette a disposizione del bartender tante e differenti opzioni. Tutti aspetti sui quali lavoreremo, per diffondere la cultura dell’aperitivo, far comprendere le potenzialità di questi prodotti e il valore in più che possono portare al locale, anche in termini di vendite e possibilità di nuove proposte di consumo.
L’aperitivo in Italia gode di ottima salute: su quali aspetti si può ancora migliorare?
Sulla conoscenza dei prodotti e degli ingredienti, come dicevamo prima. Altrettanto importante è mettere sempre al primo posto la qualità ed educare l’ospite al bere bene. Molto si può fare anche per innovare la proposta drink, e in questo proprio la categoria dei prodotti aperitivi gioca un ruolo fondamentale per il grande lavoro di ricerca che i bartender già portano avanti e per andare incontro alle nuove tendenze del bere. Per restare ai nostri prodotti, Italicus e Savoia permettono di fare twist sui grandi classici della tradizione italiana, per esempio un Negroni Bianco fatto con il primo, un Americano con il secondo, o uno Spritz che sia può fare o con l’uno o con l’altro, generando così curiosità nel cliente per il quale è sempre interessante vedersi proporre qualcosa di nuovo e di diverso. Un altro aspetto sul quale migliorare è il dialogo con la cucina e la collaborazione con i cuochi: gli chef hanno un bagaglio unico di conoscenze sui sapori, gli ingredienti e le tecniche per lavorarli al meglio e questo può aiutare il bartender ad apprendere nuove cose e a elevare la qualità della proposta. Inoltre, l’aperitivo è composto anche da una parte food, uno stuzzichino, un appetizer che accompagna la bevuta e, se le due parti sono pensate e costruite in modo da completarsi ed esaltarsi a vicenda, si creano percorsi di gusto interessanti che regalano un’esperienza molto appagante al cliente.
A proposito di nuove tendenze, quali quelle emergenti?
Vedo una nuova sensibilità sigli ingredienti, con una grande ricerca su quelli naturali e puntando a esaltare quelli locali. C’è poi il discorso dello zero waste: un tema che si sta affermando anche nel nostro settore, dove acquisirà sempre più importanza e che non può essere più trascurato dal bar che guarda al futuro. Inoltre, negli ultimi anni, e soprattutto dalla fine della pandemia, è cresciuta l’attenzione verso il bere responsabile e la predilezione dei consumatori va rivolgendosi a cocktail dal contenuto alcolico più moderato rispetto al passato, di qualità e rinfrescanti. Una tendenza che sta dando una forte spinta alla categoria degli aperitivi: prodotti come rosoli, bitter, vermouth per la loro ricchezza e complessità sono ideali per creare cocktail che soddisfino questa richiesta. Ma non solo, perché permettono di creare una proposta drink con queste caratteristiche che può andare bere anche per altri momenti della giornata: pensiamo per esempio all’aperitivo pre-pranzo, momento di consumo che soprattutto al Sud Italia ha una forte tradizione, ma che si può rilanciare anche altrove, oppure ai margini di crescita che possono offrire in altri momenti della giornata, dove un’offerta di drink a regola d’arte, a bassa gradazione e rinfrescanti può andare a coprire quello che solitamente è un momento di bassa attività per un bar.
Possiamo anticipare qualche progetto al quale state lavorando?
Stiamo lavorando al programma del prossimo anno. A cominciare dalla nuova edizione di Art Of Italicus Aperitivo Challenge, che lanceremo a gennaio. Poi stiamo mettendo in piedi un programma di attività rivolto ai bartender italiani, ma su questo al momento non diciamo di più. Mentre per gennaio, che da qualche anno è diventato il mese vegano per eccellenza, abbiamo messo in piedi un progetto che coinvolgerà diversi locali della Penisola tutto giocato sul pairing tra cibo e cocktail in chiave appunto vegana. Grande protagonista dei drink sarà Savoia, che ricordiamo è un prodotto vegan friendly. Il programma si chiama The Vegan Road e, oltre l’Italia, coinvolgerà anche i locali di Londra e quelli di Barcellona.
Ci racconti un po’ di lei: come ha cominciato il suo percorso nel mondo bar e come ha scoperto la sua vocazione per questo settore?
È cominciato per caso. A diciotto ho iniziato a lavorare come barista nelle discoteche bolognesi, per poi trovare lavoro stagionale in un cocktail bar in Riviera. Lì ho conosciuto personaggi del calibro di Leonardo Leuci, Alex Frezza, Mario La Pietra e sono rimasta affascinata nello scoprire quanta storia e cultura ci fosse dietro al mondo del bere. Così iniziai ad approfondire e studiare. Il primo libro che acquistai è stato The Joy of mixology di Gary Regan.
Lei maturato una lunga esperienza all’estero: quali le tappe più significative?
Sicuramente Londra è stata una tappa molto propedeutica, non solo perché mi ha “insegnato” la lingua inglese, ma perché mi ha introdotto quello che è il mondo del lavoro “vero”. Far parte di un’apertura di un cinque stelle, come il London Edition, è stata forse una delle opportunità migliori che potesse capitarmi a 21 anni. In Australia, a Sydney ho lavorato al fianco di Matteo Belkeziz, che mi ha trasmesso la sua passione per il vino, convincendomi a iniziare un percorso con il Wset, ma soprattutto mi ha insegnato a gestire un high volume bar in un ristorante. Di Singapore invece l’esperienza più importante è stata confrontarmi con una cultura diversa, soprattutto gestendo un amaro bar in una nazione che non ha un palato formato per gli amari.
Che cosa di queste esperienze crede sia importante portare in Italia?
Il senso di community della bar industry che ho trovato in Asia, un modello da prendere a esempio per il nostro Paese, dove questo legame c’è ma non è così solido e affermato. La dedizione a fare sempre meglio a studiare, sperimentare a supportare i colleghi che ho visto a Londra, dove la professione si vive come una ricerca continua. Infine, il bisogno e l’importanza di un equilibrio tra lavoro e vita privata che caratterizza invece gli australiani.
Italspirit con Italicus e Savoia ha risvegliato l’interesse verso due categorie di liquori della nostra tradizione, imponendosi velocemente come portabandiera dell’italianità nel mondo. Che cosa c’è ancora da riscoprire?
La tradizione dell’aperitivo e della liquoristica italiana vanta un repertorio storico e culturale vastissimo e solo una piccola parte di questo patrimonio è stata sino a oggi rivisitata e proposta anche a un pubblico internazionale. Basta sfogliare qualche antico ricettario, come lo stesso Liquorista Pratico di Luigi sala del 1897, che ha un po’ ispirato Giuseppe Gallo per la creazione di Italicus e di Savoia, per rendersi conto di quanti prodotti, un tempo molto usati oggi, non sono più sul mercato. Prodotti che possono essere una fonte di ispirazione eccellente per chi vuole proporre qualcosa di nuovo. Un’operazione che però ha senso e successo solo se fatta in modo lungimirante, con la capacità di guardare al passato e alla tradizione, ma trasformandola in innovazione, ovvero in un prodotto che sappia guardare ai nostri tempi, che è quanto Giuseppe è riuscito a realizzare. Con la passione e creatività del team Italspirits sicuramente riveleremo nuove innovazioni e continueremo a riscoprire e riproporre grandi classici.
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