L’effetto farfalla e il caffè al bar

La frase più famosa di Edward Lorenz, matematico e metereologo americano fondatore della teoria del caos, recita: “Può il battito d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?” Oggi potremmo attualizzarla così: può una (mancata) pioggia in Brasile provocare un terremoto nei bar italiani?

Ma andiamo con ordine: il mondo del caffè è in forte fibrillazione. Il costo della materia prima non è mai stato così alto negli ultimi 40 anni. A gennaio, l’indice composito dei prezzi del caffè, secondo l’Ico (Organizzazione Mondiale del Caffè) ha registrato un +75% rispetto al gennaio 2024.

Le ragioni? Un misto di realtà e di fantasia (leggi speculazione). La realtà sono i cambiamenti climatici: la siccità ha colpito contemporaneamente Brasile e Vietnam, i due maggiori produttori di caffè al mondo.
Gli effetti sul mercato già si vedono anche da noi, con il fallimento dei primi broker del caffè verde e lo stato di crisi di alcune torrefazioni.

I listini delle torrefazioni nel 2024 hanno registrato i primi ritocchi, che in alcuni casi hanno superato l’euro al chilo. Nel 2025 gli adeguamenti saranno ancora maggiori. Inevitabile un adeguamento del prezzo della tazzina al bar, già ritoccato verso l’alto lo scorso anno, che potrebbe arrivare ai 2 euro (come, peraltro, è già avvenuto in Paesi come Francia o Spagna).
Un bene? Un male? Dipenderà da come verrà fatto, oltre che dal quanto. Innanzitutto c’è il contesto generale, che parla di un potere d’acquisto in calo per i consumatori (-7,9% negli ultimi 5 anni). Ergo: ogni aumento dei prezzi va ben ponderato, ben comunicato, ben giustificato.

Ma del contesto generale fa parte anche il fatto che gli avventori dei bar sono sempre più attenti nelle scelte, oltre che più informati e più consapevoli. Tradotto: i clienti “di bocca buona” sono una categoria a rischio estinzione.
Un elemento nuovo, per i gestori dei bar, è che la forbice di prezzo tra i caffè di primo prezzo e quelli di qualità si è ridotta di molto. In altre parole: continuare a scegliere un caffè di scarsa qualità non è più un risparmio significativo. Sempre ammesso che fosse un risparmio e non una scelta poco lungimirante.

Ecco allora che, se aumento del prezzo della tazzina dovrà essere, non andrà sprecata una grande occasione. Quella di chiedersi con maggiore consapevolezza rispetto al passato quale caffè scegliamo di servire ai clienti. E come scegliamo di servirlo. Non potendo più servire un caffè scontato (nel senso di “a un prezzo irrisorio”), non si potrà nemmeno più “darlo per scontato” (della serie: “Ma sì, uno vale l’altro”).

L’auspicio, quindi, è che il battito d’ali di una farfalla in Brasile (o in Vietnam) faccia alzare la qualità della tazzina del caffè al bar in Italia.

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