Fede Cocktail Lab: la nuova apertura a Firenze mette al centro il laboratorio
Con la drink list ispirata a un manuale alchemico, il nuovo indirizzo fiorentino all’interno dell’hotel Balestri, racconta la trasformazione della materia

È il caso di partire dalla domanda: “chi è Fede?”. Era una donna visionaria, si chiamava proprio così, non è l’abbreviazione, bensì il vero nome di Fede Balestri Wittum: «Una donna emancipata, che ha avuto il coraggio, per il suo tempo, di essere la prima in città a divorziare, ma anche a prendere la patente di guida e quella di volo. Ci è capitato per le mani un suo quadro e abbiamo subito pensato che fosse un segno, così abbiamo dedicato a lei il bar», racconta Simone Covan, corporate bar manager, che cura la linea di tutto il gruppo Santa Cocktail Club e del nuovo locale fiorentino Fede Cocktail Lab.

In comune, queste imprese hanno l’impostazione di essere tutti bar d’hotel (Santa ha due sedi a Firenze, una a Roma e una a Venezia) del gruppo Wtb, acronimo di Why the best. In questo caso il Fede Cocktail Lab è all’interno dell’Hotel Balestri, un boutique hotel a quattro stelle dalla posizione invidiabile, affacciato sull’Arno, a pochi passi da Ponte Vecchio e dalla Galleria degli Uffizi. Cinquanta camere di cui alcune con esclusiva terrazza panoramica privata sul fiume. Inoltre, Santa e Fede sono legati a doppio filo, dal momento che il nuovo indirizzo farà da laboratorio centralizzato per tutte le preparazioni più complesse del gruppo. «C’è stato un investimento importante su questo laboratorio – spiega Covan – dove troviamo tutte le macchine più all’avanguardia, dal rotavapor alle centrifughe e ai distillatori. Non solo, ci teniamo talmente tanto a questo laboratorio che abbiamo deciso di metterlo in vetrina, dando la possibilità al pubblico di spiare dentro per scoprire come funziona la macchina. Un po’ come si fa con le cucine a vista». È qui che si preparano i pre-batch dei locali fiorentini e nel caso degli indirizzi più lontani, quelli di Roma e Venezia, la parte dei distillati che viaggerà.

Stessa carta del Santa? No, risponde Covan, per evitare un autogol, facendosi concorrenza interna. Con il resident bar manager Francesco Salerno e con il food&beverage manager del gruppo, Simone Ulivi, hanno studiato una carta ispirata alla trasformazione degli elementi. «È un menu strutturato come un manuale alchemico – spiega Covan – in cui sono protagonisti i quattro elementi principali: acqua, aria, terra e fuoco. Studiando un manuale alchemico ci siamo accorti che è incentrato sulla trasformazione della materia, che può concretizzarsi in una trasmutazione complessa, come un twist on classic, ma anche nella ricerca della quintessenza di un ingrediente». Con l’aiuto del laboratorio, quindi, si procede allo studio della tecnica più adeguata a tirar fuori il meglio da un singolo ingrediente, che diventa protagonista e che al massimo si unisce ad altri per esaltarlo. «Se al Santa abbiamo fra i best seller il nostro Asparagini, che è un Martini ridistillato agli asparagi, fra i drink del Fede ci aspettiamo grandi cose dal Porcini, che è sempre un Martini, in cui il protagonista è il fungo porcino, che andiamo a esaltare con la maggiorana, in questo caso facendo riferimento a un ricordo di un abbinamento classico della cucina», chiarisce Covan. I cocktail hanno un costo medio di 18€ e il target di riferimento è un pubblico consapevole. «Santa in questi anni è riuscito a diventare un punto di riferimento per i fiorentini, che tornano ciclicamente a bere da noi, tanto che abbiamo un pubblico composto all’80% da locals. Nel caso di Fede, che è in posizione più turistica, ci aspettiamo un 50-50, ma comunque speriamo di attirare un pubblico cittadino».

Nel successo del Santa ha certamente fatto la sua parte anche la proposta food, che come spiega Covan ha un concept che verrà riproposto anche da Fede. «Non possiamo prescindere dall’aspetto cucina, anche perché offrire il giusto accompagnamento food è l’unico modo per accogliere il cliente nell’arco di tutta la serata. L’impostazione è la stessa, con piatti da condividere, fra tapas e prodotti selezionati per sostenere la bevuta». Bere e mangiare, quindi, possibilmente appoggiati al bancone, in modo da scambiare due chiacchiere con i barman: «Oltre al laboratorio, è il fulcro del progetto. Agli architetti dello studio Benaim, che ha curato il design, insieme ad Albert Dallago, project manager del gruppo, abbiamo chiesto che il bancone lungo, fosse uno spazio comodo, profondo, su cui avere spazio non solo per bere, ma anche per mangiare».

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