Chi fa da sé fa per tre. Ma non è detto che basti

C’era una volta il barista tuttofare. Era il barista di una volta, capace (almeno quello bravo) di far da bere e da mangiare come si deve, di servire un buon caffè e di accogliere il cliente, facendolo uscire dal locale con un umore migliore di quando era entrato. Una persona che si faceva in quattro, lavorando per tre con il doppio della fatica di chi faceva un lavoro normale. Ma alla fine di tutto questo i conti tornavano: il motto “Chi fa da sé fa per tre” poteva essere un buon programma di lavoro, perché una sola persona, a prezzo di grandi sacrifici, poteva portare avanti con successo il proprio bar, magari con qualche dipendente ad aiutarlo. Il bar non era ancora un’impresa: era un’attività commerciale, qualcosa di più semplice (ma non di più facile). Oggi non è più così: la concorrenza è superiore, i margini di guadagno inferiori, la complessità maggiore (regolamenti, controlli, adempimenti fiscali: lasciamo a ognuno fare il proprio personale elenco delle cose da fare). Il cliente è diventato più competente, più esigente, più attento. Le recensioni hanno reso evidente al mondo chi lavora bene (siete in tanti) e chi no; pur essendo lontane dall’essere uno strumento perfetto (sappiamo dei vostri mal di pancia per recensioni immeritate, o addirittura inventate), alla fine, comunque, rendono lustro ai più bravi. Tutto questo per dire cosa? Che per gestire un’impresa bar in modo profittevole servono molte più competenze di una volta. La base della professione è rimasta quella descritta all’inizio dell’articolo. Ma poi bisogna saperne di food e drink cost, di controllo di gestione, di legislazione, di marketing, di comunicazione. Sono davvero pochi quelli che possono vantare di essere sufficientemente esperti di tutto (e che vogliono lavorare 24 ore al giorno per fare tutto da soli). E allora la strada, per l’imprenditore, è quella di fare un’auto analisi onesta, capire quali sono le aree in cui ha un deficit di competenze o di cui non si occupa volentieri (spesso le due cose coincidono) e scegliere bravi consulenti a supporto. Nelle nuove generazioni di gestori, si è diffusa una soluzione più interessante: il lavoro di squadra.
Al posto dell’imprenditore singolo, dirigente-lavoratore (un po’ come l’allenatore-giocatore nel calcio) c’è sempre più spesso un gruppo di soci, non per forza operativi. Nella composizione ideale, ognuno apporta le proprie competenze specialistiche, siano nel food&beverage, nel controllo di gestione, nella comunicazione o in altro. Il team di Pavè a cui abbiamo dedicato la copertina del numero di aprile 2024 di Bargiornale ne è un esempio. Così, ognuno fa al meglio quel che è più portato e più capace di fare.
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