Bird, il nuovo che avanza nella Copenaghen del bar
Bird
Un listening bar che combina ricerca approfondita e atmosfera da party casalingo. L’esordio nei 50 Best? «Piuttosto pensiamo agli ospiti…»

A collegare Copenaghen con l’universo dell’ospitalità, è facile venga in mente la rivoluzione operata da Renée Redzepi con il suo NOMA o la travolgente (e lunghissima) esperienza di Alchemist. Ristoranti che hanno fatto la storia, ma di cocktail bar che abbiano oltrepassato i confini nazionali si conosce ben poco (lo splendido salotto di Ruby è forse il più noto a livello internazionale, l’apripista era stato il K-Bar di Kirsten Holm), e si finisce con il perdersi insegne di assoluto livello.

Friedriksberg è zona di localini e stradine che si incontrano in blocchi ordinati: Bird si trova qui, all’angolo di un vialone carrabile che sparisce al chiudersi della porta insonorizzata. Søren Thor Jørgensen e Peter Altenburg, vent’anni di amicizia e poco meno di carriera nel bartending locale (Peter aveva aperto il suo primo bar nel 2003) guidano questo avamposto di qualità essenziale dal 2021: idea minimale e concreta, «creare un ponte tra grande musica e bere immenso, ma casual». Hai detto niente, anche considerando come «la scena di Copenhagen si sta rispolverando dopo un lunghissimo periodo di stanca in cui il settore bar sembrava dedicarsi molto più a se stesso che non agli ospiti».

Tra musica di qualità e grandi cocktail

Altenburg descrive la sua co-creatura così: «Un bar di quartiere che spinge su musica di qualità, intensità organolettiche e un’atmosfera arricchita dalla acustica migliore possibile». È d’altronde una delle chiavi del successo che i cosiddetti listening bar stanno sperimentando negli ultimi tempi: non una formula chissà quanto complessa, «non è una questione di trend o tendenze di consumo. I listening bar hanno successo perché ripropongono tutte le caratteristiche di una festa a casa di amici: tracce gestite da mani esperte, un’acustica di qualità e al tempo stesso non coprente e uno staff amichevole. Almeno il più delle volte…».

 

Per i nerd dell’argomento: casse costruite a mano da Arda Audio con pre-amplificatore su misura, rotary mixer della berlinese Resør, piatti Technic’s SL1210 MK2. Vinili in collezione? «Non lo sappiamo, ma non è importante, non è solo per la musica che si viene qui». Il menu di Bird cambia infatti con cadenza mensile, integrandosi perfettamente «e intelligentemente» con gli interni che più scandinavi non si potrebbe, fatti di legno e acciaio, nessuna curva, nessuno spazio inutile: «Realizziamo in pre-batch tutti i nostri drink prima del servizio, perché insistiamo su precisione, costanza e velocità, al tempo stesso spingendo sui big flavours, combinazioni di sapori e aromi particolari». Un approccio minimalistico anche a ingredienti, garnish (quasi inesistenti) e bicchieri, diretto, chiaro e soprattutto vincente.

Focus sull’esperienza degli ospiti  

Le ricette in carta, che si trovano disponibili anche in versione Rtd sia al locale che sul sito internet di Bird – superbo l’Umeshu Martini, tagliente e pulitissimo, e di grande impatto anche il Negroni de Fleur, twist sul classico con fiore di gelsomino – derivano tutte da un accuratissimo lavoro che si svolge in una stanza sul retro del locale, regno di un membro dello staff assunto con questa esclusiva e specifica mansione, cui si aggiungono due bartender che a turno si dedicano alla sperimentazione e alla costruzione di nuove combinazioni di ingredienti.

Risultato: esordio nella selezione pre-gotha dei 50 Best, al 77esimo posto durante la scorsa edizione. Cosa che comunque frega il giusto: «Siamo contenti che all’organizzazione piaccia quello che stiamo facendo, ma la nostra sostenibilità, sia organica che finanziaria, si basa sul creare un’atmosfera strepitosa per l’esperienza degli ospiti; non certo sulla guerriglia politica che troppo spesso questo tipo di competizione finisce per essere».

L’articolo Bird, il nuovo che avanza nella Copenaghen del bar è un contenuto originale di bargiornale.