Addio a Claudio Bonomi, “capitano” di Bargiornale

Stava progettando una nuova vita, ancora legata a Bargiornale, ma senza quella presenza quotidiana che l’ha visto per tanti anni in mezzo a noi. Invece una malattia fulminante e imprevista l’ha strappato ai suoi cari e a tutti noi. Claudio Bonomi, classe ‘61, caporedattore di Bargiornale di lungo corso, se ne è andato questa mattina, in punta di piedi, lasciando un grande vuoto in redazione, e soprattutto nella sua famiglia: la moglie Federica e i figli Edoardo e Silvia.

Era legatissimo a Bargiornale, che è stata la sua casa professionale per tantissimi anni, più di 20. Lo curava come una creatura che merita un’attenzione speciale, come un direttore d’orchestra nell’ombra, sempre attento al fatto che tutte le componenti andassero a tempo. Per fare in modo che la sinfonia andasse in scena esattamente quando doveva.

Era per tutti “il re delle ciano”, attentissimo nel verificare sino all’ultimo che tutto, nel giornale, fosse come doveva essere. Perché lo sentiva davvero il “suo” giornale. Tanto da prenderne le difese ogni volta che ne sentiva in pericolo la reputazione, la credibilità, la serietà. Non per niente ci ha sempre tenuto ad avere anche una presenza fissa, in forma di rubrica, per dare spazio alle storie che meritavano di essere raccontate e alla sua spinta a scrivere, spesso frenata dall’impegno a far funzionare la “macchina del giornale”.

L’altra sua grande passione giornalistica è sempre stata la musica: ha collaborato a Musica Jazz, Ultrasuoni/ilManifesto, All About Jazz Italia, Quaderni d’Altri Tempi.  E con Gennaro Fucile ha scritto il cd book Elastic Jazz – Sketches of Britain pubblicato nel 2005 da Auditorium Edizioni. Tanti i colleghi e gli ex colleghi, anche di altre redazioni, con cui ha stretto legami di amicizia al di là del lavoro e a cui teneva in modo particolare. Mancherà in modo speciale anche a tutti loro, oltre che alle tantissime persone che ha incrociato sul suo cammino.

Ciao Claudio!

Ciao Claudio, c’è posta per te. Dalla tua redazione, dai tuoi collaboratori…

«Ci sono redattori, giornalisti, direttori che fanno il loro lavoro e ciao. Poi c’era Claudio che anteponeva la signorilità e la sua anima all’uomo. Impossibile non accorgersi della differenza. Leggevo Bargiornale da bar lover quando non immaginavo neppure che un giorno ne sarei diventato editore e già percepivo che lì dentro c’era gente piena di passione.
Schivo, rispettoso delle posizioni restava spesso in silenzio, ma quando percepiva una seppur lieve minaccia al suo “giornale” si faceva sentire con quel piglio che non lasciava spazio alle repliche. Ci stavi già mancando, ci mancherai di più».
Ivo A. Nardella

«25 anni di lavoro insieme e noi due vecchietti di Bargiornale ancora ci sopportavamo decisamente bene. Prima amico e poi collega, ci siamo ascoltati, scazzati, chiacchierato e confidati. Bevuto e mangiato (tu di più). Insomma, fatto quello che fanno i buoni amici. Ora il mio pensiero va a Federica e ai tuoi ragazzi, orgoglioso di Edoardo e innamorato, come solo un padre sa essere, di Silvia. Ti auguro di trovare un buon negozio di dischi e un buon bar. Ciao Claudio».
Roberto Barat

 «Carissimo Claudio, collega e amico da tanto tempo, ti ringrazio ancora per la tua solida amicizia e per essermi stato vicino in tante occasioni. Ti sentirò sempre ancora vicino. Un forte abbraccio».
Rodolfo Guarnieri

«È grazie a te che sono arrivato a Bargiornale; in un momento difficile del mio percorso professionale, mi hai generosamente aperto le porte di una collaborazione che poi, nel tempo, si è evoluta fino a far diventare Bargiornale anche la mia casa. Un debito di gratitudine che resta».
Andrea Mongilardi

«Ciao Penna bianca. Non fare il finto burbero, lì dove sei. Tanto non ti crede nessuno».
Ernesto Brambilla

«Che dolore forte. Era il giugno di ventidue anni fa. Mi avevi chiamato a casa dicendomi con la tua voce da leone: «Vieni in redazione che non capisco niente del tuo pezzo. Tutto da rifare». E io come un agnellino, testa bassa, sono corso da te per farmi dare una lezione da una persona speciale che di giornalismo ne sapeva a pacchi. Quante cose mi hai insegnato caro Claudio, quante te ne devo e che dolore devastante il solo pensiero di non vederti più. Siamo stati compagni di banco per secoli e per secoli ti ricorderemo tutti. Con i tuoi silenzi intervallati da battute che ci spaccavano dal ridere e il tuo amato jazz inglese di sottofondo. Quella musica mi ricordava il nostro “Zio” Franco Zingales e quella redazione testarda e un po’ bohémien di via Trentacoste a Milano. In quel posto pieno di fumo di sigarette, impaginati stropicciati e bevute colossali all’ora dell’aperitivo, si lavorava di giorno, di notte, nel weekend col sacro fuoco di chi aveva a cuore il giornalismo e il suo giornale. Nessuno staccava mai. E tu sei sempre stato l’ultimo a chiudere la porta. Eri il nostro capitano. Ora e sempre con noi Claudio. La vita è ingiusta e ti ha strappato via senza dirci niente».
Stefano Nincevich

«Quasi ogni giorno passava dalla mia scrivania e vedendomi indaffarata diceva: “Non è un po’ presto per cominciare a battere la fiacca?”. Oggi vorrei dirglielo io: Claudio, stavolta sì che è stato un po’ troppo presto per cominciare a battere la fiacca!».
Paola Melis

«I silenzi. La prima cosa che mi viene in mente delle mie telefonate con Claudio – ho sempre lavorato a distanza – sono i suoi silenzi. Mi chiamava per correggere i pezzi o per chiedermi cosa scrivere in una didascalia o per assegnarmi un articolo… E mentre parlava a un certo punto si bloccava. Quante volte gli ho domandato se fosse ancora in linea. Lui c’era, stava rimettendo in ordine le idee, forse lavorando al Pc, nel frattempo, o prendendo un appunto: in quel silenzio ho capito che c’era la sua profondità di pensiero».
Alessandra Tibollo

«All’inizio mi sembravi un gran burbero e le tue chiamate mi incutevano un certo timore. Mi dispiace di non avere avuto l’occasione di dirti grazie abbastanza per tutto quello che mi hai insegnato».
Giuseppe Stabile

«Ho conosciuto Claudio nel 2017, quando sono entrato a Bargiornale, lui allora era il caporedattore e come tutti gli altri mi ha insegnato il mestiere, ad affinare le parole e a lasciare che emergessero le notizie. A stare negli spazi e soprattutto nei tempi (le lavate di capo per il mio cronico ritardo sulle consegne di WeBar). E anche quando sono rimasto come collaboratore e, per ovvi motivi siamo stati meno assidui, ho sempre lavorato volentieri con lui quando ce ne è stata occasione. Di lui ricordo una persona pacata e spesso allegra. Tanto che durante lo stage io e la collega Martina lo avevamo soprannominato “Canarino” per la sua meravigliosa abitudine di entrare in ufficio, sempre tra i primi, canticchiando motivetti inventati in cui raccontava l’andamento della mattinata o prendeva in giro noi e gli altri colleghi… Insomma una persona positiva di quelle che ci vorrebbero in ogni redazione, ufficio, posto di lavoro. Ciao Claudio, grazie».
Mattia Marzola

«Ho avuto il privilegio di conoscerti soltanto per breve tempo. Ma i tuoi consigli, i bonari cazziatoni e il sottile umorismo con cui abbiamo discusso della nostra industria, rimarranno un bagaglio prezioso. Salute».
Carlo Carnevale

«Collaborando a distanza dalla redazione, ho avuto poche occasioni di conoscere Claudio. Ma è stata la prima persona che mi ha accolto quando ho varcato le stanze della redazione, mettendomi a mio agio e raccontandomi la rivista dal punto di vista di uno dei suoi protagonisti. Serbo per sempre questo bel ricordo di lui. Le mie più sentite condoglianze alla famiglia».
Julian Biondi

«Che brutto scherzo, Claudio. Da quando sono entrato nel team di Bargiornale, sei stato il mio punto di riferimento in redazione. E da buon caporedattore, hai provato a correggere il mio atavico difetto di consegnare i pezzi un giorno dopo la scadenza, piuttosto che il giorno prima. Non ci sei riuscito del tutto, ma il prossimo pezzo, te lo prometto, arriverà nei tempi, e tu sarai in cc, come sempre. Ciao Claudio, per la tua bella persona, la migliore bevuta possibile».
Alessandro Ricci

«Alle parole preferiva i fatti e negli occhi portava il cielo».
Massimo Vispo

«Ogni volta che incontravo Claudio a un evento, si creava sempre una connessione speciale. Il suo sorriso, il suo sguardo, anche da lontano, irradiavano un’energia magica che resterà indelebile nei miei ricordi».
Shane Eaton

«Caro Claudio, non ho parole per esternare il dispiacere e il dolore della tua improvvisa dipartita. Gli anni in cui abbiamo condiviso la rubrica mi hanno permesso, con il continuo confronto tra noi, di crescere ed imparare moltissimo. Buon viaggio amico mio, che la terra ti sia lieve e il vento propizio».
Michele Di Carlo

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