Ecomondo. The green technology expo
Ecomondo. The green technology expo
sbaldacci
Lun, 03/31/2025 – 09:25
Ecomondo. The green technology expo
sbaldacci
Lun, 03/31/2025 – 09:25
Rama Redzepi, bar manager del Grand Hotel Fasano di Gardone Riviera (Brescia), fa incetta di riflettori al primo Jesolo Gourmet Festival, che si svolge nei primi due weekend di maggio (dal 9 all’11 e dal 16 al 18).
Il programma della manifestazione, organizzata dal Comune di Jesolo e dal Consorzio di Imprese Turistiche Jesolo Venice con Globetrotter Gourmet, fa incontrare 12 chef stellati con la ristorazione d’eccellenza della località balneare dell’Alto Adriatico, un focus sulla cucina d’autore coniugata in una serie di cene-evento all’esordio della stagione estiva.
Tra gli appuntamenti, sabato 18 maggio al Flora: Cucina, Bottega, Vino, va in scena la degustazione in cui “il vegetale incontra la mixology” dello chef pugliese Maurizio Bufi (Il Fagiano, Grand Hotel Fasano) si distingue per le proposte, omaggio alla terra, e per il cocktail pairing ideato da Rama Redzepi.
Rama è un autentico maestro della miscelazione dal curriculum internazionale che, da Pristina (nella regione kosovara della Serbia), lo vede da ragazzino a Bibione e, in seguito, viaggiare molto lungo la penisola e in Europa, tra Svezia, Germania e Spagna. Tre anni fa, con l’arrivo dello chef al Grand Hotel Fasano, inizia una sfida, un percorso parallelo di crescita food & drink che richiede un continuo confronto di conoscenze ed esperienze e che si esprime anche in occasione di questo festival.
A Jesolo Rama porta sei cocktail innovativi da accostare a un elenco di portate in cui la base grassa di carne e pesce manca completamente. Rispettare ortaggi, funghi e piccoli frutti è particolarmente complesso e richiede sicuramente molta delicatezza. Il suo percorso di mixology gioca tra accompagnamento e sottile distacco dai piatti, studiando attentamente le caratteristiche di ogni ingrediente food per regalare un surplus aromatico che risulti piacevole e sorprendente.
I cocktail puntano su tequila, saké, rum filippino, vodka, vermouth, sciroppi, succhi, e prendono nome dai colori. Proprio come Turchese (acqua di pomodoro, vodka al cedro, sciroppo al cetriolo, succo di lime) presentato in tavola con il pomodoro in gazpacho primaverile. Insieme a “fungo & funghi”, nel bicchiere versa Giallo (saké allo yuzu, sciroppo d’agave, shrub all’aceto e rosmarino), un cocktail servito caldo che aggiunge sapidità, profili sour e ricorda la soia anche se tra gli ingredienti non c’è. La percentuale alcolica è calibrata con estrema attenzione ed è moderata: il conto totale a fine pasto risulta pari a 22°-23° gradi.
L’articolo Mixology d’autore allo Jesolo Gourmet Festival è un contenuto originale di bargiornale.
Tali e tante sono la dedizione e la professionalità dedicata da entrambi al The Connaught, che anche solo nominando il mitico albergo di Mayfair, a Londra, si evocano i due italiani che ne hanno reso grande il The Connaught Bar: Agostino Perrone da Como, Director of Mixology che nel 2008 fu fautore della (ri)apertura del bar, e Giorgio Bargiani, pisano aggiuntosi nel 2014 e rapidamente assurto al ruolo di Assistant Director of Mixology.
Trentacinque anni, Bargiani è oggi uno dei volti più identitari dell’industria della miscelazione mondiale, collabora a livello globale dal 2022 con Bottega Cinzano, Campari e Campari Academy; bartender pluripremiato a livello internazionale, è il primo ospite della nuova rubrica Off the record su bargiornale.it
Si è concluso il tuo decimo anno al Connaught. Come si fa a rimanere ad altissimi livelli per tutto questo tempo?
Avendo dei principi, dei valori e degli obiettivi che pochi altri hanno, e soprattutto impostando una professionalità, un’idea di lavoro. In tanti rincorrono fama e gloria, classifiche e premi senza avere un piano: che si tratti di bartender, proprietari, manager, si chiedono riconoscimenti senza impegnarsi a costruire genuinamente contenuti o identità. Certo che servono i primi per realizzare la seconda, ma servono visione e solidità, prima di tutto.
Cosa pensi manchi al settore dell’ospitalità, in questo momento?
La disciplina, soprattutto nel modo di presentarsi: non è una questione di abbigliamento, quanto piuttosto di maniere, di modo di porsi con gli ospiti. In questo la routine privata gioca un ruolo fondamentale ed è incredibilmente sottovalutata: uno stile di vita regolare, uno studio costante, prendersi cura di sé, sono tutti elementi che aiutano poi il lato professionale. Il fatto che la bar industry sia un ambiente storicamente festaiolo non giustifica uno stile di vita estremo o una conseguente mancanza di rigore sul lavoro. Al contrario, bisogna essere professionali per professionalizzare la nostra figura: se pretendiamo di essere pagati come vogliamo, rispettati come lavoratori qualificati, ma poi al tempo stesso non ci poniamo come tali né nella forma né nei contenuti, siamo sulla strada sbagliata.
Cosa vorresti vedere più o meno spesso?
Due cose su tutte: vorrei una maggiore professionalità operativa, in termini di reattività alle e-mail, reperibilità, disponibilità. I bartender si sentono star giustificate a non rispondere a richieste di dati, dettagli di fatturazioni, specifiche per prodotti necessari alle guest shift e simili. Se chiediamo rispetto, dobbiamo dare rispetto. E poi, non vorrei più vedere bartender o professionisti del bar bere eccessivamente in servizio. Certo, ogni bar ha il suo stile e le sue regole, ma si ricordi che siamo pur sempre in orario di lavoro e si richiedono cura, attenzione e vigilanza.
«Se vogliamo essere pagati il giusto, dobbiamo porci come seri professionisti»
Capitolo The World’s 50 Best Bars: è una classifica che ha senso di esistere, nonostante le controverse modalità di gestione e valutazione?
Hanno sicuramente senso di esistere, la mediaticità dell’evento ha reso la classifica un riconoscimento che espone l’industria a un pubblico più grande e la valorizza. L’altro lato della medaglia è un metodo di valutazione non chiarissimo.
A proposito degli sponsor e dei brand: al giorno d’oggi, hanno troppo potere?
Hanno il potere di dare opportunità, fornire piattaforme educative e di network, e la gente ne ha un gran bisogno, sia chi ne ha fame che chi cerca una tipologia di lavoro diversa dall’operatività al bar. È indubbio che le aziende permettano un lavoro d’ufficio stabile o una visibilità indiretta molto importante; tutto questo, però, mette alcuni bartender in una posizione di sudditanza nei loro confronti o viceversa.
Il Connaught Bar è stato per due anni il miglior bar al mondo (2020 e 2021). L’ultima edizione lo ha visto uscire dalla top 10: avrebbe senso forse una sorta di Hall of Fame per i vecchi numeri uno, come succede per i migliori ristoranti al mondo?
Da interno ti direi che la Hall of Fame avrebbe senso, ma di contro se ci fosse stata nel 2020, anno in cui eravamo chiusi causa lockdown, non avremmo potuto confermarci come migliori al mondo l’anno successivo e goderci questo traguardo con i nostri colleghi e ospiti. Essere scalzati dalla vetta non piace a nessuno, ma essere ancora a ridosso dei piani altissimi dimostra che comunque, dopo tutti questi anni (il Connaught ha aperto nel 2008 ed è risultato in lista 14 volte dal 2011, sempre in top 10 eccetto 2014 e 2024, #11 e #13, ndr) siamo ancora là. E la costanza è la principale moneta di riconoscimento.
«il nostro Martini cocktail viene criticato, ma chi altri ne serve
più di 25 mila l’anno e può permettersi di giudicare?»
La tredicesima posizione dello scorso anno è giusta?
È opinabile. È giusto ci siano nuovi luoghi a essere premiati, bisogna continuare ad andare avanti e al tempo stesso ricordare cosa facciamo davvero e da dove veniamo: ci sono posti come il Dukes di Londra che magari nei 50 Best non è mai stato protagonista, eppure viene considerato, a ragione, un luogo sacro. Entrare nell’immaginario collettivo come luogo eccellente è già di per sé un successo clamoroso.
C’è chi critica il The Connaught Bar attribuendogli un valore più scenografico che qualitativo; altri commentano il vostro modo di preparare il Martini, ormai simbolo del bar, come tecnicamente sbagliato perché versato da troppo in alto, con troppa aria che si incorpora e così via. Cosa rispondi?
Il successo si misura a lungo termine. Se il The Connaught Bar è ancora dove è, nell’universo dell’ospitalità e certo non solo nelle classifiche, un motivo c’è. Quanto al Martini, chi stabilisce il livello tecnico di un cocktail bevuto da una piccola nicchia a livello mondiale? Quanti posti possono vantare una clientela composta all’80% da bevitori di Martini, che continua a tornare specificamente per quello? Chi serve più di venticinquemila Martini l’anno e può quindi avere un metro di giudizio sulla risposta del pubblico?
Pur essendoti stabilito a Londra da tempo, torni spesso in Italia per seminari e guest shift. Cosa manca al movimento bar italiano per un ulteriore salto di qualità?
La bar industry in Italia non è professionalizzante, non è soddisfacente dal punto di vista remunerativo e non è tutelata formalmente. Potremmo dire che all’estero è meglio sotto tutti questi punti di vista, anche se ovviamente varia da Paese a Paese. Escludendo l’aspetto manageriale, il mondo del bar in Italia è ancora oggi denigrato e non valorizzato come ambito di carriera, anche perché le figure che ne fanno parte sono poche e di conseguenza non si creano specializzazioni. Certo, rispetto a vent’anni fa la situazione è ben migliorata, ma non abbastanza.
«rischiamo di non avere una nuova generazione di leader»
Quali rischi corre l’industria, allora?
Il rischio è non avere una nuova generazione di leader. Non ci sono piani o programmi per coltivare i giovani talenti che all’ospitalità decidono di dedicarsi come missione e non come ripiego, quelli che scelgono di essere bravi mentori, più che bravi singoli. Nessuno si sta formando altruisticamente, così da essere in grado di far appassionare nuove generazioni, ci si muove spinti dall’ego e alla lunga non è mai positivo.
Esiste un momento in cui l’ospitalità diventa troppa, dannosa in qualche modo?
L’ospitalità ha sempre un’accezione positiva. Il problema è quando si trasforma in ospitalità forzata, espressa per tornaconto personale e non per accoglienza, quindi quella messa in atto per raggiungere scopi commerciali. Oppure quella fuori luogo: se non riesci a comprendere con chi stai parlando, a “leggere la stanza”, e ti concentri sul mettere in mostra le tue capacità senza preoccuparti che l’ospite capisca o abbia interesse, stai solo facendo tecnicismo. Di fatto, appunto, stai alimentando il tuo ego e nulla più.
Quali sono state le tue peggiori esperienze al bar nel corso delle tue guest night?
In realtà non credo di poterne identificare di specifiche, piuttosto (ed è la cosa preoccupante) si tratta di veri e propri schemi che si ripetono, potrei dire forse nel 70% delle mie esperienze come guest bartender. Capitano eventi nel quale è richiesto di preparare Martini per trenta persone, ma abbiamo solo sei bicchieri adatti a disposizione, per dirne una. Organizzare una guest night è un’occasione per promuovere il proprio bar, la propria attività, il proprio brand: quando si decide di investirci, spesso anche con risorse importanti, il resto della settimana o del mese deve passare in secondo piano, per forza di cose.
«Non devi concentrarti su di te, devi imparare a leggere
la stanza»
Come consumatore, invece?
Vedere bar senza identità: menu, decorazioni, bicchieri, tipo di servizio, linguaggio, maniere, cominciano ad assomigliarsi ovunque si vada. Peggio ancora, i cocktail sono praticamente tutti uguali, sia per struttura che per aspetto, manca personalità.
Tecnicamente, cosa vorresti sparisse dai menu?
Le cosiddette citrus coins messe come guarnizione sui cubi di ghiaccio. Possono essere utili da un punto di vita aromatico, ma visivamente sono asettiche, impersonali e statiche. Quindi negative.
Se dovessi individuare un messaggio da mandare, soprattutto alle nuove generazioni, alla luce della tua esperienza personale?
Mi rendo conto di come manchino delle procedure da seguire, una standardizzazione nei metodi di lavoro, una coerenza tra le esperienze che si possono vivere in ciascun locale. Manca soprattutto entusiasmo e questo può andar bene per lavorare in una stazione di servizio, ma per portare avanti un bar per come lo si intende noi, da osti veri, l’entusiasmo è imprescindibile.
Quindi il messaggio qual è?
Vorrei dire “sporcatevi le mani, organizzatevi e impegnatevi a lavorare davvero”. Vorrei essere ancora più diretto, ma non posso.
L’articolo Giorgio Bargiani suona la sveglia alla bar industry è un contenuto originale di bargiornale.
Nascosto tra le vie pedonali del centro storico di Napoli, Pepi Vintage Room è un microcosmo unico nel panorama della mixology partenopea. Nato nel 2017, dalle ceneri di un piccolo negozio di occhiali vintage, il locale si sviluppa su venti metri quadri di sala, con quattordici posti a sedere, un retrobancone a vista e una serie di tavolini disposti sulla strada. Qui, niente menu stampati o ricette standardizzate: tutto ruota attorno al gusto del cliente e all’intuizione di chi lo accoglie.
Dietro il bancone e tra i tavoli si muove uno staff interamente femminile, guidato da Federica Mazzei, fondatrice del locale, Luigia Frezza, compagna di avventura e anima creativa e Lucia Carandente, che insieme hanno trasformato questo street bar in un luogo frequentato da una clientela non solo fatta si locali, ma anche da turisti, soprattutto stranieri. Il principio guida è semplice quanto rivoluzionario: ascoltare il cliente, decifrarne i gusti, anche quelli che non sa raccontare, e tradurli in un drink che lo rappresenti. «Riuscire a parlare con il cliente, capirne i gusti e il tipo di palato, che molto spesso nemmeno lui non sa raccontare, è stato un lungo lavoro che ha richiesto a tutte noi molto tempo e molta pratica per riuscire a cogliere in pochi minuti le sue preferenze e costruire un cocktail su misura, quasi sartoriale», racconta Frezza.
Una filosofia nata per necessità, in un locale senza laboratorio, dove la stagionalità e la freschezza degli ingredienti sono fondamentali. Le preparazioni sono poche ma essenziali, quotidiane e basate su ingredienti locali: agrumi raccolti da piante di proprietà, verdure fresche, frutti di stagione. Anche per questo, i cocktail cambiano spesso: non solo per seguire la natura, ma per raccontare ogni volta una storia diversa. «Abbiamo firmato drink che non sono né dolci né secchi, ma completi, strutturati, pensati per rispondere a un’esigenza reale», spiega Mazzei.
Tra i signature più richiesti c’è Ind10s (12 euro), creato da Lucia Carandente, un omaggio alla fusione tra Napoli e America Latina: base mezcal, Aperol, chutney di ananas piccante (preparato in casa con zenzero, peperoncino e aceto di melagrana), basilico fresco e una fetta di ananas come guarnizione. Un drink intenso, speziato, ma bilanciato. Altro cavallo di battaglia è la Fregona Vieja (12 euro), un twist sull’Old Maid, con cordiale di cetriolo, lime, menta e mezcal. E poi ancora l’Acapulco Road (9 euro), con Tequila, salsa di lamponi, miele, peperone e vino bianco campano, bordato di sale messicano e lamponi essiccati. Infine Gambino (10 euro), con rye whiskey, limone, simple syrup e Marsala secco. In ogni cocktail si ritrova l’amore per l’agave – un’autentica passione di Federica Mazzei – e un’estrema attenzione alla materia prima, sempre locale e il più possibile a chilometro zero. «A casa ho un pezzo di terra e quindi parte degli ingredienti, fra cui limoni, agrumi e spezie varie, arrivano da lì», dice Federica. Anche l’aperitivo all’italiana, seppur presente, si arricchisce di twist creativi sui classici, offrendo variazioni intriganti su Negroni, Americano e affini.
Ma Pepi Vintage Room non è solo cocktail. È anche un progetto formativo, dove ogni ragazza può crescere professionalmente. Nessuna resta solo in sala o solo al banco: il percorso è pensato per essere completo, dalla gavetta nel back al servizio in sala fino alla gestione del bancone. «L’importante è far capire che dietro un vassoio c’è molto di più: c’è cura, ascolto, imprenditorialità”, sottolinea Mazzei. Il risultato è un luogo intimo e accogliente, dove la mixology diventa linguaggio, e il servizio un gesto di attenzione autentica. Un piccolo spazio che, cocktail dopo cocktail, continua a raccontare storie, passioni e sogni. Sempre e solo al femminile.
L’articolo Pepi Vintage Room, lo street bar napoletano tutto al femminile è un contenuto originale di bargiornale.
Si ispira all’arte vetraria di Murano la nuova linea di praline colorate nate a Jesolo, nel laboratorio della Pasticceria Pinel, grazie al progetto di Giulia, giovane e intraprendente artista del cioccolato. Per chi non le conoscesse, le murrine veneziane sono opere in vetro create con una precisa tecnica decorativa, sovrapponendo e fondendo piccoli pezzi di vetro colorato per ottenere svariati disegni e motivi che impreziosiscono piatti, vasi, gioielli, lampade e altro. Una tecnica antica che ha ispirato moltissimi artisti e che continua a farlo attraverso i secoli.
Infatti, nel 2020, durante il periodo della pandemia, la pasticcera trascorre ore e ore in laboratorio a sviluppare la sua idea: cioccolatini finemente decorati che richiamino proprio le murrine. Ad accompagnarla in questa avventura, la famiglia di artigiani con il padre Mauro, executive pastry chef, e il marito che la supporta nella sperimentazione. Cinque anni di ricerca e perfezionamento hanno portato a un risultato che ricorda da vicino le celebri perle veneziane di vetro variopinto. L’effetto è ottenuto con l’applicazione di quattro diverse tecniche di decorazione a mano che colorano il guscio finissimo di cioccolato, rendendolo brillante e lucido. In tutto sono sette esperienze sensoriali destinate a un pubblico di intenditori e appassionati, in altrettante combinazioni di sapori che richiamano territorio e tradizioni quotidiane drink & food. Giulia racconta un dolce viaggio gastronomico alla scoperta di Venezia e dei suoi dintorni: assaporare un biscotto, bere un’ombra di vino in un bacaro che profuma di storia, sorseggiare uno Spritz insieme agli amici in uno dei bar storici tra calli, corti e campielli di Venezia.
La scelta degli ingredienti conduce, per esempio, all’intenso e sapido miele di barena, alla zuccherosa pera del veneziano e alla noce Lara, dolce e delicata. Al momento dell’assaggio, la pralina Tiramisù riassume il dolce trevigiano con una riduzione al caffè, la ganache al mascarpone e il croccantino al savoiardo. Una preziosa collezione che omaggia i più tradizionali biscotti veneziani: lo Zaetto, con farina di mais e uvetta sotto spirito, e il famoso Bussolà, nato tra i merletti di Burano. Poi è la volta dei calici: l’ombra di rosso con riduzione e ganache di vino rosso e l’iconico Spritz avvolto nel cioccolato.
Per le sue praline, Giulia ha scelto il cioccolato fondente al 61% perché ha un’acidità e delle caratteristiche aromatiche non troppo intense, ideali per introdurre e lasciare ampio spazio ai sapori del ripieno stratificato, in cui l’incontro di diverse consistenze regala, in bocca, una gradevole scioglievolezza.Tagliandole a metà, appare la stratificazione ben visibile degli ingredienti, come nel caso del cremino alla noce pralinata con gelée di pera. Il packaging, studiato nei minimi particolari, è elegante: la confezione scura è minimal, con poche ed essenziali scritte dorate, e contiene 14 praline disposte a cerchio, un mosaico colorato di sapori che declina in dolce tutto un pasto tipico veneziano, dall’aperitivo al dessert.
L’articolo Murrine: arte in cioccolato, firmata Pasticceria Pinel è un contenuto originale di bargiornale.
Nel 2024, per la prima volta, i pagamenti digitali hanno superato il contante, in termini di valore. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, il 43% dei consumi è stato regolato con strumenti elettronici (481 miliardi di euro, in crescita dell’8,5% rispetto all’anno precedente); il contante si è fermato al 41%.
«Sappiamo quanto l’Italia sia legata al contante, ma ci aspettavamo il sorpasso visti i dati degli ultimi anni», spiega Ivano Asaro, direttore dell’Osservatorio. Le ragioni? Il boom della tecnologia di pagamento contactless e, in parte, l’ingresso nel mondo degli adulti (e spendenti) della Gen Z.
Spiega Asaro che «quasi il 90% delle transazioni elettroniche in negozio avvengono con pagamenti contactless, con un valore di 291 miliardi di euro. Il dato include i pagamenti con carte di credito e debito dotate di questa tecnologia, quelli effettuati con smartphone e quelli da dispositivi wearable». L’utilizzo dei dispositivi wearable, come smartwatch, anelli e portachiavi, è in forte espansione: nel 2024 il transato con questi strumenti ha raggiunto un valore di 2,5 miliardi di euro, in crescita del 57% rispetto al 2023.
Interessante il dato dello scontrino medio: se il valore complessivo del transato – come detto sopra – è cresciuto dell’8,5%, il numero di transazioni è cresciuto di più, segnando un +14%. «Significa che lo scontrino medio continua a scendere», spiega Asaro, «è arrivato a 42,5 euro, mentre a fine 2023 era 43,8. Ci sono sempre più transazioni micro».
Quanto all’effetto Gen Z, con i giovani nativi digitali che iniziano a spendere (e hanno più automatismi nell’utilizzo del digitale), l’effetto è solo parziale. «È vero che cominciano a spendere, ma non hanno ancora la capacità di spesa per essere autonomi. Spesso hanno in mano del contante che arriva da mance o passaggio di denaro in famiglia. Però il loro essere “nativi digitali” certamente incide in positivo. Per quanto riguarda i consumatori di età più avanzata, la capacità di spesa non è in discussione, ma l’attitudine al digitale è varia. Un divario più importante si nota, piuttosto, tra città o metropoli e piccoli paesi di provincia».
Torniamo dal lato dell’esercente. Cambia in modo significativo il panorama dei terminali di accettazione dei pagamenti: a fine 2024 il numero di Pos in Italia ha raggiunto i 3,5 milioni. «I dispositivi tradizionali sono il 54%, ma perdono terreno, anche se in assoluto sono comunque cresciuti», spiega Ivano Asaro. «I mobile Pos (quelli che l’esercente connette allo smartphone) sono abbastanza costanti, il 28%. Gli smart Pos sono il 14% e in crescita, i software Pos (il cellulare che diventa direttamente il Pos, ndr) sono anch’essi in crescita, ma sono solo il 4%».
Teniamo presente che dal 2026 il tema dei pagamenti digitali diventerà ancora più d’attualità. La legge di bilancio 2025 ha imposto il vincolo di collegamento tecnico tra il Pos e il registratore telematico, che dovrà permettere di memorizzare automaticamente le informazioni relative alle transazioni elettroniche. In pratica, l’esercizio dovrà inviare all’Agenzia delle entrate unitamente il totale degli scontrini emessi e quello dei pagamenti ricevuti tramite strumenti elettronici. Entro fine anno, quindi, i gestori dovranno provvedere (a spese loro) a modificare hardware e software per adeguarsi alle nuove regole.
L’Osservatorio Innovative Payments, in collaborazione con Ipsos, ha anche studiato le preferenze e le attitudini degli esercenti italiani, conducendo una indagine sul tema dei pagamenti. C’è un crescente interesse verso i pagamenti digitali: il 53,5% degli esercenti ha dichiarato di preferire le carte rispetto ad altri strumenti di pagamento, mentre il 43,5% continua a privilegiare il contante. Tuttavia, ci sono differenze tra i settori: commercianti al dettaglio, ristoratori e fornitori di servizi alla persona sono i più propensi ad adottare i pagamenti digitali, mentre il contante rimane predominante nei bar, nei mercati ambulanti e nelle tabaccherie.
A fronte dell’evoluzione delle abitudini dei clienti, abbiamo chiesto al direttore dell’Osservatorio di darci tre consigli per i gestori di bar che vogliono sfruttare l’obbligo di legge di accettare pagamenti digitali per migliorare la loro gestione e risultare più attraenti agli occhi dei clienti.
L’articolo Pagamenti digitali, tre consigli ai gestori di bar è un contenuto originale di bargiornale.
Dopo il successo di Firenze, tappa che ha inaugurato l’edizione 2025 di Baritalia, adesso è il turno di Salerno! Il laboratorio itinerante di miscelazione per il suo secondo appuntamento si sposta al Sud, approdando per la sua prima volta nella città campana. L’appuntamento per i professionisti del bancone è per lunedì 12 maggio, a partire dalle ore 9.00, in uno dei luoghi più iconici della città: la Stazione Marittima, capolavoro firmato dall’architetto Zaha Hadid, presso il Molo Manfredi, in collaborazione con Bahr – il Salotto del Mare.
Come sempre ad attendere i partecipanti alla tappa una ricca giornata di sfide e di masterclass, possibilità di confronto, incontro e networking.
Pezzo forte della giornata le challenge del Baritalia Lab, la sfida di miscelazione anche per questa edizione incentrata sul tema Back to Basics: la semplicità nella miscelazione unita all’arte dell’ospitalità. Un invito a riscoprire le fondamenta della miscelazione, a concentrarsi sugli elementi essenziali che rendono grande il mestiere del bartender e che fanno di questa figura un maestro di ospitalità. In palio altri 14 posti per la finalissima che si terrà il 24 novembre a Venezia.
Altro pezzo forte dell’evento il ricco programma di masterclass, ben 12, dedicate alle tecniche di miscelazione. A salire in cattedra saranno esperti di fama nazionale e internazionale. Le lezioni saranno aperte e gratuite per tutti i professionisti che si saranno registrati all’evento.
Inoltre, nel Signature Bar si potranno degustare potrete degustare – durante tutto il giorno – i cocktail delle aziende partner dell’evento.
Ospiti speciali della giornata, come giudici d’onore, saranno i protagonisti di alcuni dei migliori cocktail bar di Salerno e di tutta la Campania.
L’articolo Baritalia 2025 arriva a Salerno il 12 maggio. Registrati per l’ingresso gratuito è un contenuto originale di bargiornale.
È un momento positivo per la caffetteria specialty a Milano, che ha da poco accolto l’inaugurazione del quinto locale firmato Cafezal. I precedenti si trovano nel cuore della metropoli; Cafezal Bicocca è ubicato nell’omonimo quartiere posto nella periferia nord-orientale, un’area dinamica e in continua crescita. Più precisamente all’interno del Bim – Bicocca incontra Milano, interessato da un progetto di rigenerazione urbana che trasformerà lo storico edificio Pirelli 10 in un distretto verde e innovativo per oltre cinquemila persone.
Il locale si presenta caldo, pulito, elegante, con sedute accoglienti (i posti a sedere sono 46 all’interno e 40 all’esterno) e un ampio bancone a ferro di cavallo che accoglie i due ingressi.
«Da tempo desideravo un locale con un banco con questa forma – ci dice Carlo Bitencourt, fondatore e ceo della caffetteria e torrefazione specialty -: è molto funzionale a livello di flussi e il barista riesce ad avere il controllo della situazione stando alla macchina espresso, che è posta proprio al centro». In pochi giorni, le richieste sostenute della colazione e del pranzo, hanno spinto a affiancare alla Black Eagle Maverick Victoria Arduino a due gruppi, una seconda macchina a un gruppo, accanto a due macinacaffè Mythos.
Sta dando buoni riscontri anche il brunch, che vede affluire al locale la clientela del quartiere, attirata da un’offerta nuova e di alta qualità. Siamo inoltre in una zona universitaria, con giovani che apprezzano l’offerta delle caffetterie e spaziano tra più preparazioni.«Quando siamo arrivati, i locali vicini al nostro proponevano l’espresso a 1 euro o poco più; per questo, per ora, il prezzo al Cafezal Bicocca della miscela Garibaldi è di un euro e mezzo – riprende Bitencourt -, pensiamo di portarlo a 1,80, in linea con gli altri locali a settembre; a questa si uniscono poi singole origini. Piano piano cresce la richiesta anche di filtri, flat white, cold brew, che hanno altri prezzi grazie al fatto che la clientela non la calibrazione fatta sul cappuccino e l’espresso».
Sul fondo del locale, alle spalle del banco si trova la cucina, che propone un’offerta gastronomica variata e pensata per ogni momento della giornata, dalla pausa all’aperitivo (per ora l’apertura è dalle 7,30 alle 19,00 dal lunedì al venerdì; sabato e domenica dalle 9,00 elle 16,00). A pranzo piatti freschi e bilanciati, perfetti per una pausa veloce; non mancano le specialità al caffè. Alla nostra visita il menu comprende Radici del caffè (bistecca di sedano rapa, teriyaki al caffè specialty e spinaci al limone), Funky spaghetti (spaghettone con burro al caffè Funghi Monkey e Parmigiano), Midnight Risotto (risotto con mirtilli, gorgonzola e polvere di caffè specialty) infine Maialino caffeinato (filetto in crosta di caffè specialty, patate dolci e rafano). Relax e gusto sono assicurati con il brunch nel weekend, mentre l’aperitivo è un omaggio alla tradizione milanese. Completa l’esperienza la pasticceria artigianale con specialità classiche della tradizione latino-americana con el pastel de nata (pasta di sfoglia e crema cotta a base di di uova, panna e zucchero) e il quindim (dolce al forno a base di cocco, uovo e zucchero).
Come in tutti i Cafezal il caffè è oggetto di particolare attenzione, selezionato e importato direttamente e tostato nella torrefazione a vista di viale Premuda; l’obiettivo è democratizzare lo specialty coffee rendendolo accessibile a tutti.
Possiamo affermare che le caffetterie specialty stanno prendendo piede anche a Milano? «Direi finalmente di sì – risponde Bitencourt -. Abbiamo aperto il primo locale di via Solferino nel 2018 e in contemporanea con noi altri, che tuttavia non hanno avuto la proposta, ma soprattutto la forza economica per mantenere il business in tempi in cui lo specialty non si offriva per fare soldi; eravamo imprenditori artigiani con tanta passione, ma la clientela non era ancora pronta. È stato soprattutto il Covid a causare tante chiusure; per fortuna avevamo cominciato da anni a esportare il nostro caffè tostato e questo ci ha salvati. Dal 2023 e soprattutto dallo scorso anno il settore è tornato a muoversi: sono stati aperti nuovi locali e la clientela ha sempre più chiare le idee sull’offerta di specialty. Negli ultimi tempi qui a Milano stanno aprendo anche realtà di bakery e di pasticceria moderna che propongono caffè di alta qualità: quella presa di consapevolezza che auspicavamo da tanti anni finalmente si è realizzata. La risposta dei clienti c’è ed è positiva. C’è inoltre da considerare che – a differenza dei caffè commerciali – lo specialty ha avuto sì aumenti, ma in misura inferiore, e questo premia il nostro settore».
Spinto anche dal momento positivo, Carlos Bitencourt non ha intenzione di fermarsi qui; già c’è un’acquisizione in fase di studio e si parla di un nuovo locale, questa volta in un’altra città.
L’articolo In Bicocca il quinto Cafezal, buon momento per le caffetterie è un contenuto originale di bargiornale.
Alla ricerca di un posto dove bere bene a Brescia? Nel pieno centro, a un passo dal celebre piazzale Arnaldo, una vecchia conoscenza della miscelazione ha aperto un nuovo locale che promette cocktail di alto livello, buon cibo e buona musica: Verso Cocktail Club. Protagonista di questa nuova avventura, che ha da poco spento la prima candelina, è il mixologist Cristian Manassi, uno con oltre 20 anni di esperienza nel settore, che ancora si diverte nel creare nuovi format. Obiettivo del Verso Cocktail Club: miscelare il fascino vintage dei bar storici italiani, con la spinta innovativa dei grandi cocktail bar internazionali, nonché un buon mix di food&beverage e un occhio di riguardo per la selezione musicale, con playlist curatissime e un palinsesto di eventi e dj set.
In carta, Manassi parte dai classici, come il famosissimo French 75, ma anche qualche chicca un po’ meno conosciuta. Il bartender aggiunge il suo tocco con una carta dei signature e dei twist on classic firmati Verso (tutti i drink sono a un prezzo che varia fra i 10 e 15 euro). Il Low Fashioned, per esempio, è una Piña Colada preparata come fosse un Old Fashioned, ma ci sono anche ricette del tutto originali come il Banana Republic, che si caratterizza per il suo sapore umami e avvolgente, con una nota piccante, grazie al mix di banana, pasta di miso, rum giamaicano e liquore al jalapeño dal sapore: obiettivo, riportare al palato gli echi di un banana bread in versione liquida. Altra creazione della casa, da assaggiare l’Amaro Di-Verso, il digestivo creato dal team di Verso, a base di infusioni di erbe aromatiche e spezie, che si distingue per la piacevole nota fresca e piccante data dal pepe del paradiso.
Fra le promesse del bar, anche quella di seguire la filosofia zero waste, sfruttando al massimo ogni parte delle materie prime utilizzate, per ridurre al minimo gli sprechi. In questo aiuta la sinergia con la cucina, dal momento che da Verso non si va solo per bere, ma anche per mangiare. La cucina di Verso propone una selezione ricercata di piatti ispirati allo street food internazionale e pensati per essere condivisi: pizze, golosi noodles e bao orientali, hamburger con battuta di fassona (da una delle migliori macellerie della provincia), gustose proposte vegetali, ma anche piatti vegan, senza glutine o lattosio. Ogni proposta food è pensata per essere abbinata a uno o più drink della lista, lasciandosi consigliare dai barman.
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Riparte Barawards! Il premio volto a valorizzare la professionalità e l’eccellenza nei bar, ristoranti e hotel italiani, promosso da Bargiornale, Ristoranti di Bargiornale e Hotel Domani, riviste edite da Tecniche Nuove Media, apre le candidature per la sua undicesima edizione.
Barawards, anno dopo anno, ha fatto scoprire e portato sotto i riflettori decine di professionisti e di luoghi dell’ospitalità, premiando i migliori esempi, professionali e imprenditoriali: persone e aziende che con le loro doti, la loro creatività, il loro coraggio, la loro visione e capacità imprenditoriale hanno saputo rinnovarsi, trovare idee o soluzioni per continuare a fare ospitalità di eccellenza, per offrire ai propri clienti un servizio di qualità sempre più alta e un’esperienza al top.
Un premio che vuol far conoscere i tanti grandi professionisti e buoni modelli capaci di essere di ispirazione ed esempio per tutta la community.
Cocktail bar dell’anno
Locale serale che fa almeno il 50% del proprio fatturato con la miscelazione (compresi i bar d’albergo)
Bar caffetteria dell’anno
Locale specializzato nell’offerta di caffè, proposto in diverse miscele e più metodi di estrazione
Bar paninoteca dell’anno
Locale specializzato nell’offerta di panini, proposti in diverse forme e con abbondanza e qualità dell’offerta
Bar pasticceria dell’anno
Locale con produzione propria di pasticceria
Bar gelateria dell’anno
Locale con produzione propria di gelateria
Bar rivelazione dell’anno
Locale che ha aperto da giugno 2024 in avanti o che nello stesso periodo ha ristrutturato/rinnovato/modificato significativamente la propria offerta
Bar d’albergo dell’anno
Locale parte integrante di una struttura alberghiera e aperto alla clientela esterna
Birreria dell’anno
Locale serale specializzato nella proposta di birra
Ristorante rivelazione dell’anno
Locale che ha aperto da giugno 2024 in avanti o che nello stesso periodo ha ristrutturato/rinnovato/modificato significativamente la propria offerta
Ristorante d’albergo dell’anno
Locale parte integrante di una struttura alberghiera e aperto alla clientela esterna
Hotel rivelazione dell’anno
Struttura alberghiera che ha aperto da giugno 2024 in avanti o che nello stesso periodo ha ristrutturato/rinnovato/modificato significativamente la propria offerta
Locale green dell’anno
Locale che ha attuato le migliori politiche e ottenuto i più interessanti risultati sul fronte della sostenibilità
Bartender dell’anno
Professionista specializzato nella mixability con almeno 3 anni di esperienza
Bartender under 25 dell’anno
Professionista specializzato nella mixability con almeno 2 anni di esperienza
Bartender italiano all’estero dell’anno
Professionista specializzato nella mixability che lavora stabilmente all’estero da almeno un anno
Bar manager dell’anno
Titolare del locale o responsabile della gestione del locale dove presta la propria opera
Bar team dell’anno
Gruppo di professionisti che lavora all’interno di un locale
Barista dell’anno
Professionista specializzato nella caffetteria con almeno 3 anni di esperienza
Cuoco dell’anno
Professionista a capo della cucina di un ristorante con almeno 3 anni di esperienza
Pasticcere dell’anno
Professionista specializzato nella produzione di prodotti di pasticceria con almeno 3 anni di esperienza
Gelatiere dell’anno
Professionista specializzato nella produzione di gelato con almeno 3 anni di esperienza
Brand ambassador spirit&co dell’anno
Professionista con il compito di promuovere lo sviluppo di una marca nel settore horeca per conto di un’azienda di spirit o di prodotti per la miscelazione
Brand ambassador coffee&more dell’anno
Professionista con il compito di promuovere lo sviluppo di una marca nel settore horeca per conto di una torrefazione o di altra azienda del food&beverage
Bar menu dell’anno
Il più accattivante, originale ed efficace strumento di vendita
Comunicazione social dell’anno
Il profilo social più innovativo e performante
Video promo dell’anno
La clip più capace di catturare l’attenzione e farsi ricordare
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