Filiera Birra 2024, le tendenze di mercato emerse dal convegno della rivista Imbottigliamento
In attesa del salone Beer & Food Attraction di RiminiFieraIl (16-18 febbraio 2025), la rivista Imbottigliamento (gruppo Tenche Nuove) ha fatto l’annuale punto della situazione su realtà e opportunità per gli operatori del settore birra, con il tradizionale convegno annuale Filiera Birra.

Organizzato dalla rivista Imbottigliamento presso il Palazzo della Cultura dell’editore Tecniche Nuove di Milano, il recente convegno Filiera Birra 2024 (VI edizione), ha offerto una visione ragionata e critica dello scenario di mercato.
Moderati dal giornalista Maurizio Maestrelli, al centro degli interventi dei numerosi relatori professionali, sono stati temi come turismo birrario, export, normativa e sostenibilità.
L’apertura dei lavori del convegno è stata affidata al prof. Giuseppe Peretti, direttore del Cerb – Centro di Ricerca per l’Eccellenza della Birra della Università di Perugia e direttore tecnico della rivista Imbottigliamento e a Paola Pagani, caporedattore della stessa rivista.

Chi consuma birra

Uno dei temi principali è stata l’analisi del consumatore, considerato l’elemento fondamentale per il successo della filiera.
Il prof. Christian Garavaglia, Università degli Studi di Milano-Bicocca e Consigliere della Regione Lombardia, ha presentato i risultati di un’indagine condotta a luglio 2024 su un campione di 1.021 persone principalmente in Emilia-Romagna e Piemonte, rappresentative della popolazione italiana per individuare i driver delle scelte del consumatore e la sua sensibilità verso l’uso di ingredienti 100% italiani.
I risultati: il 75% degli intervistati consuma birra regolarmente, con una prevalenza per la birra industriale (60%) e un 26% che alterna industriale e artigianale. Le donne e i consumatori urbani mostrano una leggera preferenza per la birra artigianale.
Il 60% degli intervistati preferisce birra prodotta con ingredienti italiani, come il luppolo e il malto d’orzo, mentre il 46% pone grande attenzione alla sostenibilità, specie tra le persone con redditi più alti. La birra viene scelta anche in base agli abbinamenti culinari (60%) e il prezzo, sebbene rilevante, risulta essere meno importante come fattore di scelta d’acquisto rispetto alla provenienza degli ingredienti e alla sostenibilità, soprattutto tra i consumatori di birra artigianale. Il luppolo italiano è particolarmente apprezzato tra chi sceglie prodotti sostenibili. L’indagine lascia intuire che una maggiore informazione sull’utilizzo di ingredienti italiani e sostenibili potrebbe favorire una maggiore consapevolezza, soprattutto tra i giovani e rappresentare una strategia vincente per i produttori.

Prof. Christian Garavaglia, Università degli Studi Milano Bicocca

La birra italiana sul mercato estero

Brunella SacconeDirigente Ufficio Agroalimentare – Direzione centrale per i settori dell’exportITA Italian Trade Agency, ha offerto una panoramica della situazione della birra italiana sul mercato internazionale. La birra italiana fatica ad affermarsi e a competere con birre estere a causa di tanti motivi, non da ultimo la leva fiscale che pesa su di essa – la birra è infatti l’unica bevanda da pasto su cui gravano delle accise.

Brunella Saccone, Dirigente ITA – Italian Trade Agency

Un altro problema emerso è la mancanza di una strategia strutturata per promuovere la birra italiana all’estero. La disaggregazione del panorama birrario italiano rende difficile creare una massa critica di aziende che possano sostenere iniziative promozionali globali. Sono necessarie campagne di comunicazione più incisive e la presenza della birra italiana nelle grandi occasioni internazionali, come nei ristoranti all’estero. Infine, si esprime la necessità di una promozione più coesa all’estero, sfruttando la tradizione italiana e il concetto di dieta mediterranea come veicolo per valorizzare i prodotti locali, inclusa la birra.

Italia: dati di mercato

Che il mercato nazionale non vada benissimo lo sottolineano anche i dati presentati da Assobirra secondo cui export e produzione segnano numeri negativi nel primo semestre 2024, come anche nel 2023, mentre a crescere è l’import, proprio per la maggiore competitività di alcune birre straniere rispetto alle nazionali.
I consumi sono fermi praticamente da 5 anni – afferma Alfredo Pratolongo, presidente AssoBirra. Nel confronto 2023 versus 2022: -5,85% i consumi, -5,02% la produzione, -5,35% l’esportazione. Insomma, non proprio un quadro roseo.
Nonostante ciò, la birra continua a creare valore, soprattutto nel canale Horeca che genera il 65% del valore complessivo. Tuttavia, l’aumento dei costi delle materie prime e il peso delle accise rappresentano ostacoli significativi per la crescita del mercato. Nel corso del convegno, Alfredo Pratolongo è stato videointervistato dal giornalista Rodolfo Guarnieri.

Alfredo Pratolongo, presidente Assobirra

Un tema, questo, ripreso anche da Matteo Bartolini, vicepresidente nazionale CIA Agricoltori Italiani che nel suo discorso esprime la necessità di una maggiore attenzione da parte del governo italiano verso il settore della birra, evidenziando che al momento mancano politiche efficaci e tavoli di lavoro inclusivi. Si sottolinea l’importanza di promuovere una maggiore reciprocità nelle regole di commercio tra l’Italia e i paesi extra-UE, chiedendo condizioni più eque per il settore birraio italiano. Viene inoltre messa in evidenza la necessità di investire di più nella ricerca, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici, per migliorare la produzione agricola. Afferma Bartolini: «Occorre fare filiera, ovvero adottare un approccio più sistemico, integrando tutti gli attori coinvolti nella produzione, trasformazione e commercializzazione della birra». Occorre portare sul tavolo dei consumatori un territorio, una tradizione, non solo un prodotto.

Turismo della birra, un’opportunità da sfruttare

Roberta Garibaldi, presidente Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, ha sottolineato l’importanza del turismo enogastronomico, con un focus specifico sul turismo legato alla birra. I dati più recenti indicano che le esperienze enogastronomiche sono tra le più ricercate dai turisti europei. Questo interesse rappresenta un’enorme opportunità per l’Italia, che può sfruttare la storia e la tradizione della birra locale per attrarre turisti.

Anche Vittorio Ferraris, direttore generaleSimone Monetti, segretario generaleSilvio Bertero, referente regionale Piemonte di Unionbirrai vedono nel turismo un’mportante e potenziale leva per togliere il settore dallo stallo in cui si trova: creare eventi che raccontino la storia della birra italiana, coinvolgendo i visitatori in esperienze di degustazione e produzione, fare storytelling attorno alla birra, portare sempre più i consumatori nei luoghi di produzione sono alcune delle attività suggerite.

Sostenibilità sociale e ambientale nel settore birrario

La svolta green e l’attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale sono state considerate priorità sia per il turismo sia per la produzione di birra. C’è una crescente consapevolezza tra i consumatori e i produttori sulla necessità di ottimizzare i processi produttivi in un’ottica di sostenibilità. A questo proposito sono state citate esperienze di produzione di birra in ambito carcerario con, dunque, un forte impatto sociale, nell’ambito di un progetto a cui partecipa anche l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Il progetto, dal nome Be4Hopes, si propone di sviluppare nuove competenze di alto livello in ambito blockchain e metterle a disposizione di un obiettivo ad alto impatto sociale, combinando l’agricoltura sostenibile e la riabilitazione dei detenuti. Alla base vi è un modello di sostenibilità economica replicabile in altri contesti. «Tale progetto – afferma Nazarena Cela, Assegnista di Ricerca in Scienze e Tecnologie Alimentari Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – fonde tecnologia avanzata, inclusione sociale e sperimentazione nel contesto specifico della birra, mostrando che la produzione di birra non si limita solo alla qualità del prodotto ma contribuisce a un impatto sociale positivo».

Sostenibilità in termini di risparmio di risorse è invece quanto descritto da Serena Savoca, Marketing & Corporate Affairs Director Carlsberg Italia a proposito del birrificio Angelo Poretti, acquisito completamente da Carlsberg nel 2002. La strategia di sostenibilità del gruppo si basa su quattro obiettivi principali: riduzione delle emissioni di CO2, zero sprechi d’acqua, consumo responsabile e zero incidenti sul lavoro. Il birrificio ha implementato progetti di recupero energetico e riduzione del consumo idrico, ottenendo risultati significativi. Inoltre, promuove la spillatura tramite l’innovativa tecnologia DraughtMaster che contribuisce a risparmiare costi di trasporto e CO2. Infine, il birrificio sta sperimentando nuovi approcci per rendere la logistica più sostenibile, incluso il trasporto intermodale.

Il presentatore Maurizio Maestrelli con Serena Savoca, Marketing & Corporate Affairs Director Carlsberg Italia

Dalla fermentazione alla distillazione…

…il passo è breve e lo ha dimostrato il progetto Strada Ferrata che nasce dall’esperienza nel settore brassicolo dei fondatori del birrificio Railroad di Seregno in Brianza. L’obiettivo del progetto è creare una nuova tradizione di produttori di whisky in Italia, fondendo lo sviluppo del New World Whisky con la qualità del Made in Italy. Ne nasce un whisky dalle caratteristiche peculiari, diverse dalla tradizione ma che aprono nuove strade e nuove possibilità per il Made in Italy alimentare.

Promuovere la cultura birraria italiana

Come sottolineano anche Teo Musso (titolare del birrificio agricolo Baladin) e Carlo Schizzerotto – rispettivamente Presidente e Direttore del Consorzio Birra Italiana – la birra è parte del patrimonio italiano ed è fondamentale – anche da parte del governo- riconoscerla come tale, tutelarla  da politiche future che potrebbero penalizzarla, come accise o regolamentazioni contro l’alcol. Si sottolinea l’importanza di una strategia coordinata per promuovere la birra italiana, sia a livello nazionale che internazionale. Il settore ha grandi potenzialità, soprattutto in termini di sostenibilità, qualità degli ingredienti e turismo enogastronomico, ma deve affrontare sfide strutturali e promozionali per consolidarsi e crescere nel mercato globale.

Carlo Schizzerotto e Teo Musso, direttore e presidente di Consorzio Italiano Birra

In generale, durante tutto il convegno viene più volte sottolineata la necessità di uno sforzo corale e di filiera per rafforzare il settore birrario italiano, aumentando la produzione locale e promuovendo la cultura birraria come un elemento distintivo del patrimonio agroalimentare italiano.

Una panoramica del convegno è disponibile sul canale Youtube.

Tutte le relazioni degli intervenuti sono disponibili al seguente link.

Questo il senso da dare dunque a questo convegno Filiera Birra e all’altro importante appuntamento per il settore, ovvero BBTech Expo Beer & Food Attraction che si terrà a RiminiFiera dal 14 al 18 febbraio 2025. Come spiega Carmen Zeolla, Exhibition Manager di Italian Exhibition Group Spa, si tratta di una tre giorni per scoprire le innovazioni e soluzioni tecnologiche nel mondo della birra, per avere una panoramica completa su tutta la filiera e per fare incontrare produttori di birre speciali e artigianali con innovatori del settore tecnologico.

L’articolo Filiera Birra 2024, le tendenze di mercato emerse dal convegno della rivista Imbottigliamento è un contenuto originale di bargiornale.

Dug Barista: la nuova bevanda vegetale per i cappuccini
A base di patate, la nuova bevanda vegetale piace ai baristi per il suo gusto neutro, vellutato e la facilità di montatura. Scopri perché è ideale per cappuccini e altre bevande plant-based

Nel mondo del barista non esiste il cappuccino ma i cappuccini, soprattutto quando si parla di veg: di mandorla, di avena, di soia e ora anche di patata. Con l’aumento della domanda di alternative vegetali, molte bevande sono state introdotte sul mercato, perché nei cappuccini, come nei drink plant-based, la bevanda fa la differenza. Dug Barista, una bevanda innovativa a base di patate, è arrivata sul mercato italiano per proporre una nuova alternativa ai baristi.

Tra le sue caratteristiche promette un gusto neutro, un mouthfeel vellutato e proprietà organolettiche che garantiscono una schiuma stabile e uniforme.

Un’evoluzione nelle alternative vegetali

Dug Barista è un prodotto unico nel suo genere, nato dalla volontà di proporre una soluzione nuova nel mercato delle bevande vegetali. A differenza di molte alternative, che aggiungono una nota caratteristica al gusto del cappuccino, intaccando il flavor del caffè, questa bevanda promette un profilo aromatico neutro e morbido. Inoltre, è priva di lattosio, soia, glutine e noci, allergeni molto comuni. È anche ricca di proteine, oltre a vitamina D, B12, Riboflavina in percentuali simili a quelle di una classica bevanda di avena.

Una delle caratteristiche principali di Dug Barista è la sua capacità di montare facilmente, grazie alle proprietà naturali della patata. La schiuma che si ottiene assicura di essere densa, stabile e vellutata, capace di mantenere l’emulsione anche dopo diversi minuti, senza separarsi nella tazza. Questo è un vantaggio non solo per la presentazione estetica, ma anche per l’esperienza di consumo, che resta piacevole fino all’ultimo sorso.

Performante e sostenibile

Un’altra particolarità che il barista può mettere in evidenza al consumatore che chiede di assaggiare la bevanda di patate riguarda la sostenibilità. Dug Foodtech, l’azienda che produce Dug Barista, è una startup con sede a Lund, Svezia. È un’azienda di tecnologia alimentare che mira a creare prodotti alimentari sostenibili e sani utilizzando tecnologie innovative. Attualmente è l’unica azienda che utilizza le patate per le bevande, un ingrediente che Dug afferma essere a basso impatto ambientale perché produce basse emissioni di carbonio e richiedono una minima quantità di acqua, rendendo Dug una scelta veramente sostenibile per il pianeta.

Sul territorio italiano, questa bevanda arriva con l’importazione di Gruppo Fpb di Torre d’Isola (Pv) che ha scelto Davide Cobelli, consulente e giudice internazionale, come portavoce del marchio. «È un onore collaborare con Dug», afferma Davide Cobelli, nuovo brand ambassador. «Credo fortemente nel potenziale di questi prodotti unici, che non solo rappresentano un’ottima opzione per chi ha allergie o intolleranze, ma sono anche una scelta significativa per il nostro pianeta. Sono entusiasta di condividere la mia esperienza con i baristi italiani per aiutarli a offrire un’esperienza di caffè esclusiva e memorabile».

L’arrivo di Dug Barista sul mercato italiano segna un nuovo capitolo nell’evoluzione delle alternative vegetali. Schiuma perfetta, gusto bilanciato, sensazione al palato e sostenibilità sono i capisaldi di un buon cappuccino veg e il punto di arrivo di tutte le alternative vegetali in circolazione.

L’articolo Dug Barista: la nuova bevanda vegetale per i cappuccini è un contenuto originale di bargiornale.

Celebra i personaggi che hanno fatto la storia di Firenze la drink list del Caffè Paszkowski
Giuseppe Ungaretti, Gabriel Omar Batistuta, Margherita Hack sono alcune delle grandi figure celebrate dal nuovo cocktail menu dello storico locale che sorge nel cuore della città., spaziando tra creazioni originali e reinterpretazioni dei classici

Piazza della Repubblica a Firenze è il punto di incontro tra le due strade principali della città, quello che nel gergo degli accampamenti romani veniva definito come l’incrocio tra il Cardo e il Decumano, testimoniato dalla Colonna dell’Abbondanza, che segna l’esatto centro della Città. Il Caffè Paszkowski sorge qui nel 1904, inizialmente come birreria in stile viennese, e successivamente come “Caffè Concerto”, una caratteristica che mantiene ancora oggi, con una programmazione quotidiana di musica dal vivo che aleggia dal palco che si affaccia sul grande dehor esterno.

13 twist sui classici e loro evoluzioni

In questo simbolo di eleganza nella piazza principale di Firenze, crocevia continuo di turisti e di residenti, non è facile presentare un’offerta che possa soddisfare tutti e mantenere alte le aspettative che si hanno su un eccellente team di bartender e su di un outlet che vuole mantenere ben salda la sua tradizione storica, affacciandosi però a un pubblico di amanti della miscelazione di autore.

È con questi presupposti che è stata appena presenta la nuova lista di cocktail, un vero e proprio omaggio alle figure straordinarie che hanno attraversato le porte del locale storico nel corso degli anni. Ispirata ai personaggi storici, artisti, scienziati e atleti che hanno lasciato il segno a Firenze, la drink list offre una reinterpretazione di 13 grandi classici della miscelazione e attraverso le sue “13 evoluzioni”. Ad accompagnare ogni cocktail, un disegno esclusivo e il nome del personaggio che ha ispirato la creazione, come segno tangibile del legame profondo tra il passato e il presente.

Dai versi poetici di Giuseppe Ungaretti (Golden Hills) alla passione sportiva di Gabriel Omar Batistuta (El Número Nueve), dal genio di Margherita Hack (Negroni che Passione) al carisma di Renato Zero (Martini Distratto). C’è spazio per personaggi dello sport come Bartali – ovviamente omaggiato con un twist su La Bicicletta – e per icone comiche come Francesco Nuti, personaggio di Caruso Pascoski di padre polacco.

Leggere le esigenze di una clientela trasversale

La lista, curata da Nicolas Di Maria e Davide Nasti, sotto la supervisione del corporate bar manager Luca Manni, spazia tra creazioni originali e reinterpretazioni dei classici. Manni spiega come la creazione di una drink list da 26 cocktail, in un contesto di questo tipo, non è un’operazione semplice: da un lato bisogna saper “leggere” le esigenze di una clientela internazionale, che fruisce del locale a ogni ora del giorno e che – essendo in vacanza – non ha orari. I cocktail devono essere comprensibili nella descrizione, avere un’attenzione nella selezione dei brand strizzando l’occhio a realtà locali, e soprattutto devono poter essere eseguiti agilmente da tutto lo staff, a qualsiasi ora. Partire dal linguaggio dei classici e presentare un’alternativa “della casa” è uno dei sistemi efficaci attraverso il quale si crea il giusto connubio tra comfort e curiosità nel cliente. Lo stesso vale per i clienti fiorentini, che conoscono il Caffè Paszkoski come punto di ritrovo sia diurno sia serale, e che vedono di buon grado una sperimentazione creativa tra queste quattro mura storiche.

Un team affiatato

Il team del bar è composto da ragazzi giovani e affiatati, che sempre più spesso si fanno riconoscere a livello nazionale nelle varie competizioni, e che trainano con energia questo “virare sulla miscelazione” che è una delle puntate più promettenti attuate dal Gruppo Valenza di Firenze, titolare di altri 3 outlet centralissimi in città (Move On, Giacosa, Caffè Gilli).

Oltre ai 13 + 13, il menu prosegue con una selezione di highball e di long drink, e con un bottled cocktail da 100 ml prodotto a marchio Paszkowski che è possibile sia consumare in loco sia portare a casa. Interessante, infine, la possibilità di ordinare direttamente bottiglie di distillati, servite insieme a vari soft drink, da consumare in compagnia al tavolo, ascoltando con piacere l’eco chantant di questo Caffè storico che – con i suoi 120 anni – dimostra di sapersi accompagnare bene al passo con la Storia.

L’articolo Celebra i personaggi che hanno fatto la storia di Firenze la drink list del Caffè Paszkowski è un contenuto originale di bargiornale.

Caveau, il nuovo cocktail bar del Giardini del Fuenti
Aperto all’interno del resort esclusivo situato nella Costiera Amalfinata, il nuovo cocktail bar propone una drink list con 13 signature, creati dal bar manager Antonio Carta con il direttore artistico Luca Perfetti, raccontati in forma di fumetto

Siamo alla fine degli anni Settanta e una banda di ladri tenta un colpo grosso: rubare la statua tutta d’oro di Paperon de’ Paperoni conservata all’interno di un Caveau. Tuttavia, una volta dentro, invece del bottino, trovano una serie di ricette segrete di cocktail originali, dal valore inestimabile di migliaia di Fuentes, la moneta locale. É la storia che ha ispirato la creazione della drink list del Caveau, il nuovo cocktail bar, inaugurato lo scorso ottobre, all’interno del Giardini del Fuenti, un resort esclusivo situato in Costiera Amalfinata, fra Vietri sul Mare e Cetara.

La cocktail list

Presentato come un fumetto, ogni drink prende il nome da uno dei personaggi che vengono narrati in questo storytelling fluido. «L’idea di raccontare la nostra proposta attraverso un fumetto è nata da un brainstorming fra me e Luca Perfetti, direttore artistico – dice Antonio Carta, bar manager, 44 anni -. Il locale è costruito all’interno di una grotta (da qui il nome Caveau, ndr) e pertanto volevamo trasmettere nel nostro menu l’atmosfera un po’ misteriosa che si respira qui, giocando anche con l’ironia».

Un colpo da collezione, come titola il menu, che raccoglie all’interno 13 signature cocktail, dei quali tre analcolici. C’è Il Perfetto (20 euro), ispirato al personaggio di Luca, il capo della banda. «Si tratta di un twist a un classic, l’Old Fashion, dove abbiamo uno sciroppo di liquirizia e cannella, un bitter di spezie, mezcal e whisky mix», spiega Carta. Incarna un po’ la sensualità femminile il cocktail Nina, «un drink in coppetta, uno shakerato con succo d’uva, un mix di rum, dello sciroppo di vino e qualche nota piccante. Il tutto sottoposto a una breve affumicatura». Pungente e viperino è, invece, il Sandra (22 euro), «la nostra interpretazione del Paloma con tequila oleo saccarum, succo di limone, qualche goccia di soluzione salina e soda al basilico e melograno». Infine, Comandante (22 euro), che prende spunto dalla personalità energica del bar manager. «Si compone di una soda alla mandorla con cognac e un’aria di orzata di nocciola, che viene finito con una spolverata di pepe. Ogni drink, rispecchia un po’ anche le varie personalità che compongono il team di bartenders – spiega Carta -. In generale ho cercato di creare un menu che potesse accontentare i gusti della nostra clientela che è molto varia».

Le appetizers boxes

Con arredi in marmo, ampie sedute e sviluppato su 240 metri quadri, oltre al menu da bere, che include anche una wine list con champagne, bollicine italiane, rossi, bianchi e rosati, sia locali sia internazionali curata da Wladimir Giordano, F&B manager, la proposta culinaria del Caveau porta la firma di Michele De Blasio, executive chef del ristorante fine-dining Volta del Fuenti, che ha appena ottenuto una stella Michelin, sempre all’interno del Giardini del Fuenti, «Si tratta di una proposta di finger food in cinque, sette e nove assaggi serviti all’interno di appetizers box che richiamano la forma della grotta», spiega Carta.

La proposta Bronze (5 pezzi, 20 euro) contiene due versioni di tacos, ovvero una con alga nori, crudo di tonno rosso e maionese cajun, e una con verdure e astice alla catalana, una frittata alla genovese, bao bun con pulled pork e maionese alle erbe, crocchetta prosciutto e mozzarella, e pane con burro e alici. La box Silver (7 pezzi, 30 euro) è un connubio fra l’offerta Bronze con l’aggiunta di hamburger bun con bacon, cetrioli in agro, cipolla fondente e cheddar e una brioche al pomodoro con burrata e patata negra. Infine, la Gold (9 pezzi, 35 euro), riunisce i contenuti della Silver a una mousse di tonno e toast alle alghe e una crostata di cacao e funghi.

«Il Caveau – continua Carta – completa il progetto legato all’ospitalità del Giardini del Fuenti, che include appunto, oltre al Volta del Fuenti, anche la Terrazza Limoneto e il Riva Beach, il ristorante sulla spiaggia. L’idea è quella di crescere nella sfera del bartending, e in particolare modo del bar industry nazionale, sviluppando in Costiera Amalfitana il concetto di American Bar».

 

 

L’articolo Caveau, il nuovo cocktail bar del Giardini del Fuenti è un contenuto originale di bargiornale.

Non c’è niente da scherzare?

«Cosa cerca il cliente quando entra al bar?». È un’ottima domanda da farsi, ma per seconda. Perché la prima deve essere: «Come faccio a farlo entrare?».
Chi imbrocca entrambe le risposte, non avrà bisogno di chiedersi «Come faccio a farlo tornare?» perché ci penserà da solo il cliente a ripresentarsi (volentieri) alla porta.

Un cliente che, ci dicono le ricerche di mercato, è oggi sempre più cauto e selettivo nelle scelte. Perché i soldi che ha in tasca, che sono meno di quelli che vorrebbe avere, li vuole spendere bene. Nel senso di uscire soddisfatto dall’esperienza. E per fare una buona esperienza, nel bar dove va “deve succedere qualcosa”. Qualcosa di piacevole, di coinvolgente, che lo faccia uscire meglio di come è entrato. Più sollevato, più gratificato; esagerando: più felice.

E allora il bar diventa un luogo di sostanza: dove quello che conta, oltre a offrire cibi e bevande che non lesinano sulla qualità (le scelte da “braccino corto” mai come oggi sortiscono l’effetto boomerang) è la capacità di offrire una parola antica tornata moderna: ospitalità.


Con un coté moderno che si chiama sostenibilità. Questa volta nel senso di fare meno cose, ma meglio. Non per francescanesimo, ma per realismo. Anche per la necessità di fare i conti, sempre più spesso, con meno persone dello staff di quelle che occorrono. E che devono riorientare l’attenzione da quello che stanno facendo (nel bicchiere, nel piatto) alla persona per la quale lo stanno preparando.

Non è più tempo di orpelli, di sofisticatezze estreme, di menu senza fine. Non diciamo “poco ma buono”, ma “non troppo, ma eccellente”.

Il mercato si divide in maniera sempre più netta tra chi lavora troppo poco e chi non riesce ad accontentare tutti. Questione di fortuna? «La fortuna è un dividendo del sudore. Più sudi, più diventi fortunato» è una delle frasi celebri di Ray Kroc, uno dei fondatori di McDonald’s.
Sudore, anche qui, inteso come sostanza. Quella cerebrale, che spinge a studiare come fare sempre meglio. E quella dei contenuti della relazione con il cliente.

Ma è richiesta più attenzione anche alle sostanze. Da maneggiare con cura. Nel cibo, è tempo di eliminare l’etichetta di “alternative” a tutte le scelte che sempre più persone fanno di rinunciare a questo, quello o quell’altro qualunque sia il motivo. Semplicemente, devono far parte del menu.

Nel beverage, va tenuta in seria considerazione (e adeguatamente soddisfatta) la tendenza di un numero crescente di giovani a ridurre o eliminare il tenore alcolico dai loro bicchieri. E il giro di vite dato dalla recente revisione del codice della strada contribuirà a rafforzare la tendenza.

La buona notizia è che il bar resta un luogo di riferimento per le persone di ieri e di oggi. Un luogo e un’esperienza a cui non si rinuncia a cuor leggero. Soprattutto se chi è dall’altra parte del banco è capace di trasformarlo in un “luogo del cuore”.

L’articolo Non c’è niente da scherzare? è un contenuto originale di bargiornale.

Seguire i locali anche dopo la consegna delle chiavi, con l’aiuto dell’AI: la proposta di Localiarreda
Con le partnership con TeamSystem, Foodcost in Cloud e Think Up, Localiarreda propone un servizio che va oltre la progettazione del locale

Offrire un servizio chiavi in mano, che non comporti solo la progettazione, ma anche servizi post-vendita, che seguano l’attività anche dopo la consegna del locale, con l’aiuto delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale: la cassa, la gestione dei costi, gli aspetti di comunicazione e marketing. È questa la direzione intrapresa da Localiarreda, azienda romana leader nella progettazione e restyling di locali commerciali, con un occhio in particolare al mondo dell’horeca.

Andrea Nonni, ceo e fondatore di Localiarreda

Per Andrea Nonni, ceo e fondatore di Localiarreda, è un win-win: «Per noi è importante che un locale di cui abbiamo curato il restyling funzioni, non ci interessa solo fare un bel locale, se poi non è frequentato dai consumatori. La fortuna del locale in questione, alla fine, è un buon biglietto da visita anche per noi».

In un evento di formazione e networking a Roma, Nonni e la sua squadra hanno presentato le recenti partnership messe a segno dall’azienda e che si rivolgono al settore horeca, con l’obiettivo di agevolare la gestione del lavoro, dei costi e delle risorse, attraverso software innovativi e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. La prima è la piattaforma di TeamSystem che digitalizza il registratore di cassa: Cassa in Cloud. Un software utile per gestire pagamenti come scontrini fiscali e fatturazione elettronica. Uno dei vantaggi di Cassa in Cloud è anche quello di poter dematerializzare il cartaceo, con fatture e scontrini digitali, ed è funzionale anche per servizi di delivery e asporto. Foodcost in Cloud è il secondo sistema che è stato presentato ed è un Restaurant Management Control System, che si va a integrare con le soluzioni di Cassa in Cloud. «Rappresentano un po’ un binomio – dice Vincenzo Liccardi, Ceo & Founder di Foodcost in Cloud -. I due sistemi funzionano bene uniti perché dobbiamo immaginare Cassa in Cloud un po’ come il front-end della nostra attività, lo strumento che vende e che manda tutti i dati a Foodcost in Cloud, che è il back-end». In questi sistemi sono integrate funzioni di intelligenza artificiale, capaci di “caricare” i prodotti, estraendo i dati dalle fatture. Questo aiuta per esempio a creare sistemi di etichettatura automatici, oppure alert che avvisano di un cambio prezzo o di un errore in fattura.

Terza opzione offerta da Localiarreda è quella legata alla comunicazione e al marketing, con la collaborazione con Think Up, azienda che si occupa di creare contenuti social, progetti di grafica, organizzazione di eventi, foto shooting e video. Un esempio di come si possono utilizzare queste funzioni è il format social lanciato da Localiarreda in stile Locali da incubo, con la guest dell’influencer TheMinoo. Attraverso un ciclo di “puntate” realizzate per Youtube si racconta la ristrutturazione di attività prima, durante e dopo il lavoro di Localiarreda, con un taglio giovanile.

L’articolo Seguire i locali anche dopo la consegna delle chiavi, con l’aiuto dell’AI: la proposta di Localiarreda è un contenuto originale di bargiornale.

Dall’orto al bancone: un’esperienza tutta senese al Castello di Casole
Oggi parte del circuito Belmond, la tenuta storica del decimo secolo sorge sulle colline senesi. Dai suoi giardini arrivano le materie prime che si trasformano nei piatti e drink del ristorante e del lounge bar dell’hotel: una celebrazione della Toscana a chilometro zero

Il Castello di Casole è una tenuta storica del decimo secolo oggi parte del circuito Belmond Hotel. Sorge sulle colline di Casole d’Elsa (Si) e con i suoi 1700 ettari è una delle proprietà più estese d’Italia. Restaurato da poco, il Castello ha un programma enogastronomico curato da Tommaso Ondeggia, già bar manager dell’Atrium Bar di Firenze. A ospitare i locali del Castello, il ristorante Tosca e il cocktail lounge Bar Visconti è il cuore stesso della struttura medievale, anch’esso ristrutturato.

La biodiversità protagonista dei giardini

Nei giardini del Castello di Casole, dal quale provengono le materie prime per i piatti e i drink dell’hotel, la biodiversità è protagonista, con centinaia di varietà di ortaggi, frutti ed erbe aromatiche che si affiancano ai prodotti di produzione propria già esistenti nella tenuta, come il vino, l’olio d’oliva e il miele. Dall’ingresso del Castello gli ospiti possono percorrere un sentiero fiancheggiato da cipressi per raggiungere gli orti, scoprirne le modalità di coltivazione e degustare gli stessi ingredienti destinati alla preparazione dei piatti del ristorante e dei cocktail del bar.

Tommaso Ondeggia, premiato come console dell’ospitalità italiana con l’Order of Merit (il riconoscimento attribuito a chi si è distinto nel mondo del bar, ideato dal decano del settore Danilo Bellucci), è arrivato al Castello di Casole lo scorso febbraio e ci ha parlato del legame tra i giardini e il programma di ristorazione della proprietà Belmond. «Stiamo lavorando per realizzare quello che possiamo considerare sia un giardino botanico sia un orto, con ingredienti freschi che possono essere utilizzati direttamente dall’executive chef Daniele Sera e dallo chef Michele Raggi al ristorante Tosca e dal bar manager Alessio Onida al Bar Visconti – racconta Ondeggia -. Ci avvaliamo della guida esperta di uno specialista che gestisce meticolosamente l’orto, assicurando un perfetto allineamento con la stagionalità dei suoi prodotti. Un’attenta ricerca permette poi di individuare le note aromatiche, tra cui quelle fresche, balsamiche, amare, dolci, salate, speziate e i profili gusto-olfattivi insoliti, ideali per valorizzare al meglio ogni creazione in cucina e al bar».

Piatti e bevande che celebrano la Toscana

“L’orto del Castello” del Belmond Hotel è un angolo dove la natura regala nutrimento, trasformandosi in piatti e bevande che celebrano la Toscana. Il Bar Visconti, con i suoi eleganti marmi e le pareti affrescate, offre un’atmosfera pensata per favorire la convivialità. Il bar manager Alessio Onida ha condiviso con noi la filosofia dietro l’offerta drink del bar, ispirata alle colline che circondano il Castello di Casole e finalizzata a esaltare le eccellenze regionali: «Il nostro approccio enfatizza la regionalità, sia in cucina sia al bar. Per questo motivo abbiamo esplorato a fondo i migliori ingredienti per cocktail che la Toscana ha da offrire».

La sezione della drink list I Classici in Toscano reinterpreta in chiave locale, e quindi con distillati regionali, i classici che hanno definito la storia della mixology italiana e internazionale. «Per esempio, l’Ameriano, di cui abbiamo volutamente omesso la “C”, ci lega alla nostra lingua locale. La toscanità della ricetta è data dal Bitter Amaranto e dal Vermouth riserva 2PR della Distilleria Elettrico & Figli di Livorno – spiega Onida -. Oltre ai distillati e ai liquori toscani, tutto ciò che utilizziamo proviene dal territorio e, in molti casi, dal nostro orto. Uso i limoni dei nostri alberi, raccogliendoli io stesso tra un drink e l’altro, e le botaniche e i prodotti del nostro giardino sono regolarmente utilizzati per sciroppi e infusi fatti in casa».

Con radici fortemente radicate nelle tradizioni agro-alimentari toscane, il Castello di Casole è un’autentica tenuta agricola che invita i suoi ospiti a vivere la terra, dando loro la possibilità di apprezzare concretamente il significato di “chilometro zero” con creazioni gastronomiche e drink freschi e originali.

La ricetta

Ameriano di Alessio Onida

Credit: Riley Harper

Ingredienti:
45 ml Vermouth riserva 2pr di Livorno, 45 ml Bitter Amaranto di Livorno, splash di soda Toscana
Tecnica:
build
Guarnizione:
fetta di arancia, scorza di limoni dell’orto del Castello, uno squeeze di essenza di cedro Toscana
Bicchiere:
tumbler basso, cubetti di ghiaccio

L’articolo Dall’orto al bancone: un’esperienza tutta senese al Castello di Casole è un contenuto originale di bargiornale.

La nuova drink list di Argot Prati, la prima del nuovo bar manager Livio Morena
Un debutto dedicato alla cultura Pop, con cocktail che fanno da sponda al food, nel locale street all day long della famiglia Argot

Il bar di oggi secondo Livio Morena, un bar Pop, ovvero popolare e diretto. Un format perfettamente rappresentato dall’Argot Prati, street bar in zona Prati a Roma, a un passo dal Palazzaccio, di cui Livio Morena è il nuovo bar manager. A volerlo al timone è stato il team di soci di Argot, capitanato da Sirio Di Francesco, che spiega come l’arrivo di Morena sia stato il culmine di un percorso di crescita per questo locale.

«Il progetto Argot Prati – racconta Di Francesco – nasce sulla base dello speakeasy di Campo dei Fiori, in una versione diurna. Il focus è sempre stato sui cocktail, ma in questo caso, avendo un’apertura all day long, non potevamo trascurare la parte food. Anche su questo abbiamo lavorato per migliorarci anno dopo anno, un percorso culminato con l’arrivo di Manuel Nardo, un ragazzo di 25 anni che ha girato parecchio, e la cui ultima esperienza è stata da Cracco in Galleria. Non potevamo non proseguire in questa direzione senza implementare il reparto cocktail, così abbiamo chiamato Livio».

Benché abbia bisogno di poche presentazioni, ricordiamo chi è Morena: classe 1979, da vent’anni dietro a un bancone, Livio nasce a Maratea ma giunge presto nella capitale, dove entra in quel dream team leggendario che è stata la squadra del fu Micca Club. Il passo successivo è il Caffè Propaganda: era lì quando nel 2016 ha rappresentato l’Italia alla finale mondiale delle Bacardi Legacy Global Competition. E ancora, sempre al fianco di Patrick Pistolesi, nel 2018 si è reso protagonista della nascita del Drink Kong, dove ha ricoperto il ruolo di bar manager. Pochi mesi fa è uscito dalla compagine del bar numero uno in Italia per la classifica World’s 50 Best Bars (n.33), prendendosi qualche mese di riflessione. «Erano più di vent’anni che non mi fermavo – racconta Morena -, avevo bisogno di una pausa e di dedicarmi un po’ a me stesso, ai progetti che mi frullano in testa, a mio figlio che non avevo ancora avuto il tempo di godermi. Dopo attenta riflessione, sono entrato con entusiasmo nella squadra di Argot Prati. È un gioiellino che è già aperto da quasi cinque anni, con un format fresco, agile, ma ricercato: questo mi ha affascinato. E aveva un bancone con uno staff già rodato ma con il bisogno di una guida, quindi sono entrato in gioco io».

Livio Morena, a destra, con Mauro Fogante e Simone D’Ingiullo

Il riferimento è a Mauro Fogante e Simone D’Ingiullo: «Due bravi barman, che mi hanno accolto con la voglia di imparare e lavorare insieme». Con loro Morena ha costruito la nuova drink list, che verrà presentata fra pochi giorni e di cui ci dà un’anteprima. «L’ho chiamata Pop non solo pensando alla Pop Art, ma a tutto ciò che significa un bar popolare, con un respiro di quartiere, ma anche internazionale. Pop è una parola palindroma e tutti i cocktail hanno nomi palindromi. Il palindromo ha un suo equilibrio, con una centralità: nel caso del drink è il punto di equilibrio fra l’ospite e chi viene ospitato».

Per Morena la nuova cocktail list vuole essere un omaggio ai suoi primi vent’anni di bar: «Miscelazione diretta, perché qui non c’è un laboratorio, seguendo la mia linea di minimalismo, ovvero drink essenziali, senza garnish e un ritorno al ghiaccio in cubetti classico. Inoltre ho rimesso in linea le coppe Martini vecchio stile per fare il Martini. Qui tutto deve essere comprensibile».

Comprensibile quindi classico? «Più che ai classici ci siamo ispirati a categorie di classici, giocando sul twistare anche qualche drink meno noto come il Corpse Reviver, il Bamboo e il Japanese Ice Tea. Molti highball e una media alcolica molto bassa, la maggior parte dei drink si attestano sugli 11 gradi Abv». Per la parte grafica la promessa è una grande esplosione di colori. Staremo a vedere.

L’articolo La nuova drink list di Argot Prati, la prima del nuovo bar manager Livio Morena è un contenuto originale di bargiornale.

“I due italiani perduti in Messico”, Cristian Bugiada e Roberto Artusio lanciano la loro docu-serie sul Messico
La prima proiezione in un cinema di Perugia della docu-serie nata dai viaggi dei due bartender de La Punta nella patria di tequila e mezcal

Dieci anni di viaggi in Messico, oltre settanta ore di video girati in loco, innumerevoli distillerie di tequila, mezcal visitate. Roberto Artusio e Cristian Bugiada, fondatori de La Punta Expendio de Agave di Roma e fra i massimi esperti italiani dei distillati di agave, il Messico non lo considerano solo una destinazione turistica, ma lo vivono come una continua scoperta, un arricchimento continuo che espande le loro conoscenze viaggio dopo viaggio. Una vera e propria storia d’amore, quella con la patria di tequila e mezcal, che comincia a portare i suoi frutti: un documentario sul Messico dal titolo “Los dos italianos perdidos en Mexico – La Punta documental”, già in parte montato, con cui i due bartender stanno per uscire sul grande schermo, in forma di docu-serie. Un viaggio documentario attraverso il Messico in cui “I due italiani perduti in Messico” esplorano il mondo del mezcal, della tequila, del pulque e della pianta dell’agave.

«Il 5 dicembre, al cinema Postmodernissimo di Perugia ci sarà la prima assoluta, con le prime tre di 6-7 puntate della nostra docu-serie – annuncia Roberto Artusio -. Sono pillole da poco più di 20 minuti, che vogliamo proporre in un format tutto nostro, aggiungendo la degustazione di distillati di agave fra una proiezione e l’altra».

L’idea della docu-serie nasce da una parte per un’esigenza, anzi un’urgenza, di comunicare e di cominciare a dare una forma al lungometraggio, suddividendolo in macro-temi. Le prime due puntate della serie sono dedicate a “Ciudad de México”, e vanno a esplorare la complessità di una città come Città del Messico, dove vivono oltre 9 milioni di abitanti e che oggi è uno dei palcoscenici della miscelazione più importanti, con punte di eccellenza come l’Handshake Speakeasy che è appena stato eletto miglior bar dell’anno dalla classifica The World’s 50 Best Bars. A Perugia sarà inoltre proiettata una terza puntata inedita della docu-serie, dal totolo “El viaje a Puebla”.

L’intervista a Roberto Artusio

Perché avete scelto questo format?

La scelta di ridurre in puntate il documentario è un modo per rendere più fruibile un lavoro più esteso, salvando dei pezzi che sarebbero andati perduti nel montaggio. Inoltre questa formula di visione e degustazione fa parte degli eventi che abbiamo messo in piedi per festeggiare i dieci anni del progetto La Punta e può essere vista come un format riproducibile in qualsiasi città. Vogliamo che il pubblico sia coinvolto anche attraverso il gusto, inoltre ci saremo noi a raccontare in prima persona, spiegare, rispondere alle domande sul Messico e sugli spirits. Iniziamo da Perugia, ma ci stiamo già muovendo in altre dimensioni, a cominciare naturalmente da Roma, dove abbiamo la nostra sede.

Il motto è: «Non si può separare il Messico dal mezcal», cosa vuol dire?

La docu-serie mescola sia l’aspetto tecnico, con una parte esplicativa di produzione dei distillati di agave, sia l’aspetto romantico, ovvero il rapporto che abbiamo instaurato con Messico. La domanda ricorrente che facciamo alle persone è “che cosa vuol dire essere messicani”, ognuno ha la sua risposta ma abbiamo notato che viene fuori un’identità ricorrente, che segue un filo comune. C’è la parte azteca, la parte magica e spirituale dei curanderos, la parte umana dei produttori di agave.

Quali sono le caratteristiche di questi ultimi?

Chi è venuto in Messico rimane completamente affascinato dall’umanità e dalla personalità di questi produttori. In Messico c’è una unbranded community, che mantiene i prodotti di qualità al giusto prezzo, senza andare né a deprezzarli né a sovrapprezzarli.

In questa linea si inseriscono le grandi aziende della bar industry, che distribuiscono le etichette messicane e che oggi stanno vivendo un momento di boom.

Siamo i creatori dell’International Paloma Day e abbiamo un po’ dato il “la” alla drink strategy di molte aziende, orientata a far emergere tequila e mezcal attraverso cocktail come questo o il Margarita. Il drink è un percorso, è il primo passo per i neofiti per avvicinarli alla purezza del distillato. Quelli fatti con agave sono distillati che non invecchiano in botte, non c’è quella fascinazione legata ai percorsi di degustazione classici, a cui i nostri palati sono stati abituati da whisky e rum. Sono distillati dalla spigolosità estrema, che passano per la terracotta e in cui il terroir fa la differenza. Il nostro lavoro, da dieci anni e più è raccontare tutto questo e anche il documentario va in questa direzione.

 

L’articolo “I due italiani perduti in Messico”, Cristian Bugiada e Roberto Artusio lanciano la loro docu-serie sul Messico è un contenuto originale di bargiornale.

Minimarket, il secret listening bar nel cuore di Palermo
Dalla porta-scaffale di un piccolo negozio di alimentari in piazza San Carlo si accede al locale ideato dai fratelli Bellavista: uno speakeasy hi-fi Listening bar con cucina, che reinventa la notte palermitana con un tocco internazionale, ma senza perdere le radici siciliane

A Palermo, la notte si reinventa con un tocco internazionale, dove passato e futuro si incontrano. Nel cuore del centro storico, in piazza San Carlo, nasce Minimarket, il primo secret listening bar del Sud Italia. Un luogo che sembra uscito dalle metropoli più audaci, ma che respira l’identità della città. Ideato dai fratelli Bellavista Daniel, Greta e Priscilla – Minimarket è una scommessa avanguardista, ma con una profonda anima territoriale e che attinge a piene mani alla tradizione nipponica dei jazz kissa anni Cinquanta, dove la musica si trasformava in esperienza grazie a impianti hi-fi di qualità straordinaria.

Dietro la porta-scaffale

Tutto è ammantato da una sottile forma di anonimato, della serie – “Da fuori non sembra”. Immaginatelo. All’esterno si vede un’insegna rossa con la scritta “minimarket”. All’interno un piccolo negozio di alimentari dove è realmente possibile acquistare generi di prima necessità, dalla pasta agli assorbenti, come da tradizione. Ecco, questa piccola bottega nasconde l’accesso a un luogo unico. Si accede da una porta-scaffale (e uno scaffale vero con tanto di prodotti) e per entrare bisogna conoscere una parola d’ordine e un prodotto da richiedere alla cassa.

Oltrepassata la porta, si entra letteralmente in un altro mondo, dove design e acustica si fondono. Tre sale all’insegna del calore e dell’intimità per un intrigante viaggio sensoriale: la cocktail room dalle superfici specchiate, la saletta relax avvolgente e, infine, la listening room, cuore pulsante del locale. Qui, un impianto poderoso, composto dai mitologici giradischi Technics SL 1200 icona del djing, amplificatori McIntosh e casse Klipsch regalano un’esperienza d’ascolto senza pari. Rosso, verde e nero dominano gli ambienti, evocando minimalismo ed eleganza.

Cucina e cocktail in dialogo con il territorio

Minimarket è anche cucina, chiaramente innovativa, grazie all’executive chef Lorenzo Muratore e al giovane Alberto Ferrara. I piatti, definiti “lista della spesa”, sono pensati per valorizzare le materie prime siciliane con tecniche di ispirazione internazionale. Le tapas, servite spaziano da fusion territoriali a ricette globali, puntando sempre sull’essenza dei sapori.

La mixology è affidata a Francesco Di Verde e Umberto Cangelosi, che firmano una drink list in continua evoluzione. Ogni cocktail porta nomi ispirati alla spesa quotidiana, come Negrhome, una reinterpretazione del Negroni con amari siciliani, e il suggestivo Botta ri Sali, che combina acqua di mare, gin e spuma turchese per omaggiare i minatori di sale. Anche il Mango pi fallo celebra la Sicilia con cachaça, lime e mango di Terrasini, rivelando una spinta creativa che continua a dialogare con il territorio.

Atmosfera futuristica e accogliente

Da Minimarket ogni dettaglio, dagli arredi alle luci, è stato curato per evocare un’atmosfera futuristica e accogliente. Il progetto mescola materiali innovativi e tradizionali, dai marmi rossi di Castellammare agli specchi e all’acciaio satinato, creando un dialogo tra passato e presente. «Volevamo che il nostro secondo progetto nascesse a Palermo – spiegano i Bellavista -. È una città con tanto potenziale, pronta per accogliere una nightlife più audace e raffinata». Il concept riflette un’idea di ospitalità moderna, dove la convivialità si intreccia con il piacere di ascoltare musica. Con Minimarket, Palermo si inserisce in una rete di locali che non sono solo luoghi di ritrovo, ma veri e propri simboli di una cultura urbana globale. Mentre in città emergono nuove mode, il progetto dei Bellavista punta a durare nel tempo, regalando agli ospiti un’esperienza che li trasporta a Londra, Parigi o New York, senza mai perdere il legame con le radici siciliane. Minimarket sembra essere una delle grandi novità del 2025 perché, come dicono loro, non tutto quello che cerchi è sugli scaffali.

L’articolo Minimarket, il secret listening bar nel cuore di Palermo è un contenuto originale di bargiornale.