Ritual Club, tempio dell’intrattenimento e dell’ospitalità in Costa Smeralda
Il club che ha fatto la storia dell’intrattenimento notturno in Costa Smeralda è da 50 anni sulla cresta dell’onda, grazie alla capacità di innovarsi. Un locale dalle tre anime, che punta forte sulla ristorazione e la mixology

Da oltre 50 anni sempre sulla cresta dell’onda. Parliamo del Ritual Club, locale incastonato tra le rocce granitiche di Baja Sardinia e icona dell’intrattenimento e dell’hospitality della Costa Smeralda. Passano le mode, ma il Club concepito dall’architetto parmense Andres Fiore nel 1970, e già meta del jet set internazionale, le sue piste erano frequentate da Margaret d’Inghilterra, la sorella della regina Elisabetta, dall’armatore Stavros Niarchos, uno degli uomini più ricchi del mondo, da Aristotele Onassis e Jacqueline Kennedy, da Carolina di Monaco, continua a essere uno dei locali della Sardegna più apprezzati dal pubblico italiano e internazionale.

Merito di un insieme di fattori unici, a partire dall’incanto delle location, la cui architettura dalle forme sinuose e fluide, ispirata alla civiltà nuragiche, sembra sorgere spontaneamente dalla roccia e dalla vegetazione circostante, intrecciandosi e amalgamandosi con l’ambiente. Per continuare con il format: tra le prime discoteche d’Italia,il Rutual è stato anche tra i primi a proporre nei suoi tre diversi ambienti un giardino, la grotta e le terrazze, musica proposta da dj non più confinati all’interno di guardiole isolate, ma veri showman alla consolle, al centro delle piste a diretto contatto con gli ospiti.

Le tre anime del locale

Un format che ha saputo evolversi sotto la guida di Francesca Fiore, che nel 2024, appena ventiduenne, ha raccolto l’eredità del padre Andres, scomparso l’anno prima, non limitandosi a valorizzare la storia del luogo, ma interpretando le nuove tendenze e promuovendo un nuovo concept che coniuga intrattenimento, mixology e ristorazione, le tre anime che oggi contraddistinguono il locale.

L’intrattenimento notturno è, ovviamente, l’anima più antica e originaria del Club, anche questa profondamente innovata. Per la programmazione artistica delle due piste, il Temple, una grotta naturale che ospita un’artistica combinazione di ferro e granito, e il Garden, un suggestivo spazio all’aperto, si è puntato su una scelta musicale personalizzata: ad animare le serate è infatti un mix musicale esclusivo e unico, perché prodotto in casa dai Dj del club con un alternarsi di brani e musica studiati per divenire una trasfigurazione sonora della meraviglia visiva suscitata dalla location.

Si punta sulla mixology

Da sempre tempi dell’intrattenimento, il locale lo è diventato anche nel campo dell’ospitalità, puntando forte anche sulla miscelazione. Nel 2019 è stato inaugurato Le Terrazze del Ritual, rooftop restaurant e mixology bar, voluto da Francesca e che sorge proprio in cima alla struttura del club, dove il padre aveva realizzato un avveniristico giardino pensile: un’altra location suggestiva immersa nel paesaggio, adornata da una miriade di tasselli colorati, con i pavimenti artistici che ricordano nel risultato finale il Parque Güell, il “parco artistico”, con giardini ed elementi architettonici, progettato da Antoni Gaudí a Barcellona.

Con il mixology bar, che si aggiunge ai tre bar presenti nel club, l’offerta di miscelazione del locale, da sempre presente, ha fatto un ulteriore salto di qualità. Più ricercata, con largo uso di ingredienti homemade e tecniche di lavorazione all’avanguardia, la proposta de Le Terrazze, curata dal food & beverage manager Marco Pisellini, in coordinamento con il direttore Tiziano Rossi, comprende cocktail per l’aperitivo e l’after dinner.

La drink list è ispirata dall’idea del viaggio e della contaminazione tra culture, in un mix tra racconto del territorio e internazionalità. L’ampia offerta, con oltre 25 diversi drink, pensata per cercare di accontentare ogni tipologia di palato, si caratterizza per la spinta innovativa che, pur senza abbandonare la tradizione, guarda a proposte audaci e d’autore. Un esempio è Pink is Punk, drink a base di Tequila Patrón Silver, con una parte sour bilanciata di agave, lime e la freschezza estiva data dalla soda al cocomero e guarnito con borchie di gel di sale nero, o come Chupacapra, dove la nota vanigliata di tequila Casamico Blanco si sposa con la complessità aromatica del rosoluo di bergamotto Italicus, completato da uno spicy cordial fatto con jalapeño verde, succo e zest di lime e pompelmo rosa. E ancora, T-elery che nasce da una combinazione di sapori freschi e prorompenti, portati dal cordiale al sedano abbinato al succo di mela acidificato, che si aggiungono alla base di Tanqueray Ten e alla nota di dolcezza di Italicus.

Cucina mediterranea con approccio cosmopolita

Una combinazione di tradizione, nazionale e regionale, e modernità, con un approccio cosmopolita, caratterizza anche il menu del ristorante Le Terrazze, da quest’anno guidato dallo chef ligure Alessandro Cabona. Una cucina lineare, fresca, estiva, dove a prevalere sono i piatti di pesce, di provenienza locale, ma dove più in generale si fa grande uso di frutta, verdura, erbe aromatiche per creare nuovi accostamenti in grado, però, di evocare sensazioni familiari.

Un esempio è Giardino di mare, rivisitazione dell’insalata di mare, dove l’avocado si sposa con pesci cotti a bassa temperatura e altri saltati più sapidi, con la nota fresca del cedro candito. Sempre tra gli antipasti, un altro esempio è l’Orata e mango, un carpaccio con leggera marmellatura che è una rivisitazione del ceviche, con una parte acida costituita dal mango e sopra un nido di finocchi e peperoncino candito. O ancora, tra i primi, il Risotto Scampi e pesca bianca.

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La rivoluzione dei belli carichi

“La pizza come la faccio io è una cosa mondiale. Nessuno me la deve insegnare”. Per intere generazioni i nostri locali sono stati il regno di quelli che “tanto non ho niente da imparare, l’espresso come lo faccio io non lo fa nessuno, la mia Margherita è un’opera d’arte, ‘sto Negroni è insuperabile”. Sottotitolo: lo faccio così da anni, come se il fatto di fare una cosa da tempo implicasse necessariamente il saperla fare bene. Poi nella stanza, anzi al bar, si sono spalancate di colpo le finestre ed è arrivata una ventata bella fresca che ha fatto saltare carte e banco. La third wave, nuova onda del caffè e degli specialty; la riscoperta dei cocktail storici, antichi, dimenticati, talvolta fossili; le operazioni a quattro mani tra chef e mixologist; gli artisti del panino; quelli dei burger devastanti e l’era delle insalatone ricercate fino all’ultima foglia e dei tramezzini golosi fino all’ultima goccia di salsa.

Questo fenomeno è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni. Lo spartiacque, manco a dirlo, è stato il periodo del lockdown che, pur con tutti i danni che ha creato alla nostra industry, qualcosa di buono l’ha prodotto. Per esempio, ha dato l’opportunità a tanti di fermarsi, riflettere, studiare, informarsi e ripartire con nuove idee.

La fonte di energia delle nuove generazioni – e in generale degli imprenditori più illuminati a prescindere da questioni anagrafiche – sta, dopo anni di immobilismo, nel sapersi mettere in discussione. Ci si libera dal giogo del passatismo, dalle paludi del “tanto non c’è niente da imparare” e si guarda agli altri. Si studia, si continua a esplorare, ci si rimette in gioco, si guarda oltre al proprio giardino, si viaggia. E in giro ci sono tanti buoni modelli da prendere, non da fotocopiare.
Nella letteratura latina si parlava di tre gemelli diversi: imitatio, aemulatio e variatio. Copiare, emulare quindi migliorare un modello già esistente o passare completamente oltre creando qualcosa mai visto prima. Il presente ci parla di nuova generazione di professionisti.

Uno lo abbiamo in copertina: si chiama Daniele Ricci, ha 27 anni, e nel 2023 è stato vice campione del mondo Baristi. Ad accumunare questi fuoriclasse della nuova generazione è la loro capacità di superare il vecchio ritornello “sole, cuore, amore” per calare un nuovo poker: testa, professionalità, competenza, cultura. Senza questi quattro fattori il rischio è quello di trasformarsi in frecce spuntate, in locali in balia della concorrenza, prede facili dei pirloni da tastiera e dei cavalieri mascherati di Tripadvisor o di qualche scheda Google.

Bargiornale è al fianco dei professionisti che non si sentono arrivati anche quando di anni ne hanno 90. È il giornale dalla parte dei curiosi, di chi si fa domande, di chi è ancora capace di interrogare e di interrogarsi. Viva la vida! E viva chi ci mette l’energia giusta. •

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TheSHESide: il 10 e 11 novembre la bar industry studia strategie al femminile
A Milano, il 10 e 11 novembre, ci sarà la prima edizione di TheSHESide, un community project che vuole allargare gli orizzonti sul tema del lavoro delle donne nella bar industry. Due giorni di talk, workshop e networking, presenti le star del bartending, da Monica Berg a Raiza Carrera

Chi l’ha detto che il bar non è un paese per donne? Chi lo dice che l’unico spazio occupabile al femminile è quello del bancone? A Milano, il 10 e 11 novembre, va in scena la prima edizione di un community project che vuole allargare gli orizzonti e indagare una visione più ampia possibile del lavoro delle donne nella bar industry.

Si chiama TheSHESide ed è un progetto di Chiara Buzzi – imprenditrice del settore, esperta di comunicazione e socia di Edoardo Nono al Rita Cocktails e al Rita’s Tiki Room – con l’aiuto, nel ruolo di project manager, di Daniela Garcea, un passato da brand ambassador e un presente da consulente con la sua Bold Spirits.

«Le tante opportunità che nascono nella bar industry»

Ci spiega Chiara Buzzi: «Abbiamo progettato un evento che potesse far re-innamorare le nuove generazioni del nostro mestiere e di questo settore. Anzi, userei il plurale: mestieri. Perché quando si parla della bar industry si pensa subito – e quasi esclusivamente – ai ruoli del/della bartender e al personale di sala. Invece ci sono tanti altri ruoli, nel mondo bar, che corrispondono ad altrettante opportunità di impiego e di crescita della propria professionalità. Brand owner, brand ambassador, imprenditori, esperte di comunicazione – per i brand e per i locali – buyer, responsabili di progetti educational verso il consumatore. Vogliamo parlare di tutto questo con una formula che rilasci concretamente contenuti, relazioni e stimoli verso i giovani partecipanti».

TheSHESide: i talk, i tavoli di discussione, i laboratori e le guest

Il tema della prima edizione sarà “Community over Competition”. L’evento si svolgerà nell’arco di due giorni, domenica 10 e lunedì 11 novembre, presso lo spazio JOULE di Cariplo Factory, all’interno di BASE Milano. «Non sarà una fiera e non ci saranno tasting di prodotto», spiega Buzzi.

La giornata di domenica sarà dedicata a un programma di interventi “stile TED”, con speech e testimonianze di carattere ispirazionale di 15 minuti ciascuno, con relatori sul palco da soli o in coppia. Previsti una fase di q&a e poi un aperitivo di networking.

Il lunedì, invece, una sessione densa di contenuti sul settore con una prima parte che vedrà i partecipanti suddivisi in tavoli di confronto, da 10-15 persone ciascuno, e chiamati a discutere su un argomento assegnato. Alcuni esempi: qual è il giusto prezzo di un drink e come lo di fa capire al cliente? Come si può rafforzare un team di lavoro, con quali strumenti davvero efficaci? I contenuti emersi diventeranno materiale che verrà condiviso nei mesi successivi, come elemento di continuo contatto e costruzione di una community interessata alle tematiche sviluppate da TheSHESide. Dopo pranzo, spazio ai workshop: dei laboratori pratici, focalizzati ciascuno su un tema specifico, tenuti da esperti e rappresentanti di aziende del settore, su temi che spaziano dal design del bar alla gestione delle relazioni con la stampa, fino alle possibilità di accesso a fondi specifici per l’imprenditoria femminile.

La sera, sia di domenica che lunedì, andrà in scena la sessione di guest con il coinvolgimento dei più rappresentativi cocktail bar della zona dei Navigli milanesi: Rita, Mag, Iter, Cactus Joe, The Doping, Carico tra i confermati mentre scriviamo. Le guest saranno concepite sempre con la logica del dialogo generazionale: una bar lady esperta affiancata da una figura junior.

E per il 2025?

«Mi è capitato di partecipare a molti eventi dedicati alla professionalità femminile», ci spiega l’ideatrice del progetto Chiara Buzzi, «ho spesso pensato che fossero troppo auto referenziali e che finissero col coinvolgere solo bartender. Ai ragazzi 20enni che si affacciano a questo mestiere deve “restare” qualcosa in termini di contenuti e contatti, per questo ho pensato a un evento di media misura che potesse coinvolgere professionisti a più ampio spettro». A bordo è salita anche Monica Berg, con un ruolo di supporto nel lavoro con gli sponsor e nella creazione di un format efficace. Tra gli altri nomi coinvolti, anche come speaker: Raiza Carrera, FlaviAndradeGeorgia Georgakopoulou e la community The Ada Coleman Project. Intanto TheSHESide si è garantito un atterraggio alla prossima edizione di Roma Bar Show, nel 2025.

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I 25 anni dell’Università del Caffè di illy
In un quarto di secolo l’attività formativa ha coinvolto 350mila persone tra produttori di caffè, operatori dell’horeca e appassionati

La formazione è un fattore fondamentale in qualsiasi settore. In quello del caffè un suo riferimento importante è l’Università del Caffè, il centro di eccellenza aziendale creato 25 anni fa da illycaffè per promuovere, supportare e divulgare nel mondo la cultura del caffè di qualità.

Oggi come ieri è «un esempio di come si possa trasmettere una cultura di qualità e di sostenibilità attraverso una didattica innovativa e coinvolgente – ha dichiarato Cristina Scocchia, amministratore delegato -. La formazione è una leva strategica per il successo di un’azienda, di una filiera e per lo sviluppo delle persone. Significa anche passione, curiosità, voglia di scoprire e approfondire le proprie conoscenze». 

Compresa la sede centrale di Trieste, è presente in 23 paesi nel mondo e ha formato negli anni 350mila persone tra coltivatori, operatori dell’ospitalità e appassionati del caffè, con un’attività didattica pensata per offrire a tutti i professionisti coinvolti nella filiera produttiva la possibilità di comprendere la bellezza e il fascino del mondo del caffè, crescere e migliorare. Sono cinquanta gli insegnanti che compongono il corpo docenti; tutti hanno ottenuto la certificazione Acs Italia, organismo di certificazione delle competenze che attesta il livello di conoscenza e di abilità nella formazione.

L’apertura di sedi dell’Università del Caffè nei diversi continenti permette di essere presenti sul territorio con docenti specializzati da un punto di vista tecnico e didattico, soddisfacendo anche le specifiche esigenze locali. 

I corsi si articolano su diverse proposte didattiche, calibrate sulle esigenze della filiera. 

Ai coltivatori i corsi permettono di condividere le migliori tecniche agronomiche da applicare localmente nelle diverse aree di produzione. 

Ai professionisti che lavorano nei bar, nella ristorazione e nell’ospitalità, l’Università del Caffè offre una formazione specifica con un aggiornamento permanente sulle diverse preparazioni del caffè e sulla gestione e promozione dell’attività commerciale. 

Per gli appassionati organizza sessioni di degustazione e corsi divulgativi per imparare ad apprezzare e riconoscere il gusto e gli aromi dei diversi caffè nel mondo. 

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House of Angostura presenta l’edizione limitata Tribute Distiller’s Cut
La nuova edizione limitata di House of Angostura è un omaggio al Master Distiller, John Georges, che da 40 anni fa la storia del rum di Trinidad e Tobago

La Private Cask Collection di House of Angostura si arricchisce di una nuova edizione limitata, il Tribute Distiller’s Cut, un rum pregiato, prodotto in onore del suo Master Distiller, John Georges, che per oltre 40 anni ha messo a disposizione del brand la sua creatività, conoscenze e procedure meticolose nella creazione di prodotti unici che catturano l’essenza del lusso e della raffinatezza.

Vero e proprio simbolo di Trinidad e Tobago (ce lo aveva raccontato il suo brand ambassador internazionale, Danyiel Jones), la House of Angostura è famosa per suoi bitter aromatici Angostura conosciuti in tutto il mondo, ed è tra i principali produttori di rum del Trinidad e Tobago. In Italia la distribuzione è affidata a D&C, nel cui portfolio ci sono sia l’Angostura che i rum della collezione.

L’ultimo nato, il Tribute Distiller’s Cut, è un blend che miscela rum invecchiati anche di 25 anni con blend prestigiosi, attingendo dal vasto inventario della casa di Trinidad e Tobago. Georges avrebbe originariamente concepito questo rum dandogli carattere grazie a note affumicate, accompagnate da sentori di vaniglia e frutta secca. Il tempo trascorso nella botte conferisce al rum un carattere deciso e una grande complessità, destinato al mercato dei collezionisti.

«La House of Angostura – spiega il ceo del gruppo Laurent Shun – ha sempre celebrato coloro che rendono i nostri prodotti così eccezionali. Tribute Distiller’s Cut è la nostra più recente edizione limitata dalla nostra Private Cask Collection, e con questo rum vogliamo onorare il nostro Master Distiller John Georges. Vogliamo rendergli omaggio con un rum caraibico autentico, ultra-premium, miscelato appositamente per il suo palato, con note profonde e dolci di vaniglia ed un tocco deciso. Questo è un rum autentico e che gratifica chi, come Georges, ne apprezza la complessità e vuole assaporarne ogni sfumatura». Setoso e profondo, va servito liscio, per poter assaporare a pieno ogni sorso: al primo assaggio si possono percepire aromi di cannella e altre spezie, con cacao e frutta tropicale, per poi passare a note più complesse di menta verde e frutti rossi.

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Maestro Reserva, la nuova etichetta di Brugal per il mercato dei rum da meditazione
Il nuovo prodotto ultra-premium della distilleria della Repubblica Dominicana, pensato dalla maestra Ronera Jassil Villanueva per i 135 anni di attività

In qualche bottigliera fra quelle più prestigiose Maestro Reserva è già comparso da qualche mese (la nuova referenza è in distribuzione con Velier dal mese di Maggio), ma l’anteprima ufficiale della nuova etichetta di Brugal questa volta è stata organizzata per il dopo estate, in una calda serata di inizio settembre sulla terrazza del ristorante Orma di Roma. Bottiglia che si svela, musica composta appositamente a simboleggiare come la creazione di un distillato così prezioso sia come una sinfonia, una cena stellata (chef Roy Caceres), pensata con cocktail in abbinamento (con base Brugal 1888, per la nuova etichetta il tasting nel dopocena) e dettagli in blu, colore che caratterizza il marchio dominicano.

A officiare la presentazione, il brand Ambassador Italia di Brugal, Matteo Melara, che spiega come si tratti di una nuova referenza ultra-premium destinata a diventare continuativa (a differenza delle più recenti etichette presentate, che erano edizioni limitate, come la Colección Visionaria) e ad essere associata a bottigliere di prestigio: bar importanti, enoteche specializzate e ristoranti fine dining (il prezzo al pubblico per la bottiglia è di circa 160 euro, la gradazione alcolica di 41,2°). Un rum da meditazione, quindi, la cui bottiglia trasparente e con base rettangola e tappo in vetro sono stati scelti per evidenziare appunto le caratteristiche di lusso di questo rum.
Maestro Reserva è per Brugal la punta di diamante che va a celebrare i 135 anni di esperienza nella distillazione del rum, caratterizzata dalla innovativa tecnica di tostatura chiamata Dark Aromatic Toasting. Ideata dalla Maestra Ronera Jassil Villanueva Quintana, esponente della quinta generazione della famiglia che ha dato vita a questa distilleria in Repubblica Dominicana, è una delicata operazione che si compie sulla seconda botte che ospita il prezioso liquido. Come spiega Melara, il Maestro Reserva è un double cask, che passa prima per botti ex Bourbon e poi per botti ex sherry. Queste ultime, però, prima di essere riempite vengono bruciate all’interno, in maniera da far caramellare lo zucchero residuo che ha impregnato il legno. «Chi ha preparato nella sua vita il creme caramel – racconta Melara – sa che quando si fa caramellare lo zucchero c’è un momento preciso in cui ci si deve fermare, per evitare di tirar fuori le note amare». Un difficile equilibrio nell’incontro fra legno, zucchero e fuoco, il cui obiettivo è quello di addolcire naturalmente il rum, con un leggerissimo sentore di tostatura grazie a queste “perle” di caramello che si ottengono e che lasciano una lievissima torbidità alla vista. Note di vaniglia, frutta secca e appunto un leggero sentore di fumo per fare del Maestro Reserva un elegante rum da degustazione, da fine pasto o, come dice la Maestra Ronera Jassil Villanueva, «un rum perfetto per il momento». Per la creatrice, la speranza è che «Maestro Reserva sia presente in tutte le più importanti celebrazioni della vita, creando momenti che dureranno per i secoli a venire».

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Con Morseria, Felice Ragosta ripensa il suo Salotto Fame a San Vitaliano (Napoli)
Un rebranding per rendere più inclusiva l’hamburgeria pensata da Felice Ragosta: fast-food popolare, improntato sulla qualità e l’artigianalità

Il 12 settembre Salotto Fame, l’hamburgeria e braceria di Felice Ragosta, a San Vitaliano, in provincia di Napoli, chiude i battenti per lasciare spazio a un nuovo progetto: Morseria, un hub del gusto dove prendere tutto a “morsi”. «Dopo dieci anni circa di attività abbiamo capito che l’idea di accogliere i clienti in un luogo esclusivo e intimo come il salotto di casa propria, proposta appunto da Salotto Fame, era pronta per una evoluzione. L’indirizzo rimarrà sempre lo stesso, ma la filosofia che verrà portata in tavola sarà completamente diversa. Da luogo più elitario e sofisticato, abbiamo deciso di rilanciare questo spazio trasformandolo in ambiente più inclusivo dove chiunque, di ogni genere ed età, è il benvenuto», racconta il patron Felice Ragosta, che ha alle spalle una lunga esperienza come maître in ristoranti sia italiani sia francesi di fine dining e stellati. La sua carriera, infatti, include Tiberio Palace a Capri, Villa Crespi di Antonio Cannavacciuolo, Carlo Cracco e La Frasca a Milano Marittima.

«La mia passione per il fine dining non è mutata – continua Ragosta -, ma aprire un mio locale che proponesse una cucina se vogliamo più semplice e veloce è sempre stato un mio sogno sin da quando avevo 25 anni e ho scelto la mia terra per realizzarlo». Il menu proposto non sarà molto diverso da quello di Salotto Fame, anche se non mancheranno alcune novità, fra cui “Bandidos”, filetti di pollo teneri rifiniti da una croccante panatura “Sweet Chili” e l’hamburger “Ricomincio da Tre”, ovvero rosetta artigianale, hamburger di Marchigiana, caciocavallo fuso, melanzane a filetti sott’olio e pancetta paesana. La lista dei cibi comprende anche alcune sfiziosità della tradizione gastronomica partenopea, fra cui Parmigiana, Frittatina, Crocchè e’ Mulignan, un hamburger con prosciutto crudo, provola “ndurat e fritt”, e mulignan’ e’ fungetielli (melanzane a funghetto) con pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop. Il prezzo dei panini si aggira attorno ai 10 euro, con qualche sfizio lo scontrino può salire fino a 20. A dispetto dei prezzi popolari, «la qualità, l’artigianalità e la scelta delle materie prime rimarranno identiche, se non migliori – garantisce Ragosta -. Verranno solo introdotti dei piatti inediti, che seguono anche i cambi di stagione. Il menu cambierà ogni tre mesi circa».

Una vera e propria operazione di rebranding, insomma, con nome e logo più accattivanti e immediati. «Ci siamo rivolti a un’agenzia per il restyling sia del nuovo brand sia per la realizzazione del logo che sarà molto più informale, diretto e rappresenterà in modo chiaro la nostra proposta. La grafica scelta è un’allegoria di panino componibile, e le nuvolette che avvolgono il nome del locale possono essere letti anche come una metafora dei denti». Ampio spazio, quindi alla leggerezza, alla convivialità e all’ironia, elementi questi ultimi resi ancora più evidenti dalla scelta degli arredi che saranno meno minimalisti caratterizzati da colori più accesi con una predilezione per le tonalità del blu e del giallo. Colori vivaci che accoglieranno i clienti in uno spazio di 130 metri quadri, che comprende un bancone bar e una grande sala, e un dehors di circa 40 metri quadri con circa 34 posti disponibili.

«Morseria è un nome molto generico che accoglierà sempre nuovi ingressi anche e soprattutto in cucina. Se con Salotto Fame la proposta culinaria era molto orientata sugli hamburger e la carne al piatto, con Morseria proporremo qualunque cosa possa essere un morso. Non sarà una offerta statica, ma in continua evoluzione. Per esempio, se in futuro ci verrà la voglia di proporre dei primi piatti lo faremo. Con questo nuovo progetto, inoltre, punteremo molto anche sugli eventi. A Ottobre, per esempio, in onore dell’October Fest stiamo pensando di creare un evento ad hoc con un menu su misura e lo stesso potrebbe accadere per il periodo natalizio. Non ci siamo imposti dei limiti, la nostra cucina sarà sempre aperta alla creatività e all’iniziativa».

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Diego Di Giannantonio ha aperto il suo Old Tom a Tagliacozzo
Diego Di Giannantonio, già vincitore della Sweet and Shake Cup, alla prima prova stagionale per l’Old Tom, il suo primo locale da solista a Tagliacozzo

Lo aveva annunciato già alla finale della Sweet and Shake Cup al Sigep di Rimini, che ha vinto, Diego Di Giannantonio era a poche settimane dall’apertura del suo primo locale da solista. Si chiama Old Tom ed è geolocalizzato a Tagliacozzo, in provincia de L’Aquila, la sua città d’origine in piena Marsica, nonché quella dove ha mosso i suoi primi passi nella miscelazione. Lo abbiamo nuovamente incontrato a Caserta, dove ha vinto la tappa di Baritalia 2024, ed è in attesa di volare sul Monte Bianco per la finalissima di Courmayeur.

Nel frattempo, l’Old Tom ha aperto, per la precisione il 26 maggio, e ha messo a segno già la sua prima felicissima estate. «Siamo in una piazzetta nascosta e avevamo paura che non sarebbe venuto nessuno, ma invece con la stagione calda, quando la popolazione di Tagliacozzo praticamente quadruplica, è stato un successo». Il locale è in una ex cantina, struttura antica in cui sono stati innestati arredi in stile industriale. Chicca del locale, che ha attirato molti clienti, è una specie di giardino segreto da scoprire all’interno.

Per il reparto beverage, il focus è tutto sui cocktail («abbiamo qualche proposta di vino o birra, ma preferiamo spingere i drink craft») e una doppia carta, una che cambia su base stagionale e una drink list dedicata alle cinque porte di Tagliacozzo che cambia ogni sei mesi. «Mi piace fare le drink list a tema e per questa stagione estiva mi sono concentrato sull’anime One Piece, la prossima ce l’ho già in mente e sarà dedicata a Dante, dal momento che Tagliacozzo è anche citata nella Divina Commedia», racconta Di Giannantonio.

Il best seller dell’estate è stato lo Stregatto (drink a base di gin, Cointreau, limone, zucchero, albumina, completato con un’ostia edibile a forma di Stregatto), è andato molto bene anche il Plenilunio (un concentrato di frutto della passione, con gin, liquore al Passion fruit, limone, fiori d’ibisco e una bolla edibile ripiena di un aroma al passion fruit). Sciroppi, estratti e altre preparazioni a base frutta sono rigorosamente home made e altro marchio di fabbrica di Diego è l’utilizzo di bicchieri e altri supporti scenografici. «Uno che è andato fortissimo – racconta Di Giannantonio – è l’Astronauta, che viene servito su una base a forma appunto di astronauta, che abbraccia la luna, che non è altro che il bicchiere». Fra le foto troviamo ci colpisce il Notti d’Oriente, riconoscibile dalla lampada di Aladino in accompagnamento. «All’interno della lampada – spiega il barman abruzzese – c’è un gin infuso al butterfly pea e nel bicchiere ci sono limone, zucchero, mela verde e una soda agli agrumi: mixando al tavolo i due composti il risultato è un drink dai colori che ricordano il tramonto».

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La nuova drink list del Bob Milano racconta la storia della mixology
Otto signature firmati dall’head bartender Cesar Araujo e ispirati ad altrettanti classici del pre-proibizionismo, incorniciati in una spy story by Diego Ferrari compongono il menu del cocktail bar nel cuore del quartiere Isola. L’inizio di un viaggio nella storia della mixology che proseguirà nei prossimi due anni

Cocktail classici, viaggi nel tempo, avventure, il tutto incastonato all’interno di un’avvincente spy story. È la nuova drink list del Bob Milano, locale del gruppo Chinese Box dei fratelli Luca e Michele Hu, nel cuore del quartiere Isola e tra i punti di riferimento per la mixology sotto la Madonnina.

Il nuovo menu, Volume 1/4, presenta otto signature creati dall’head bartender Cesar Araujo e incorniciati in quattro racconti originali scritti per l’occasione da un altro nome di punta del panorama bartending e della bar industry, Diego Ferrari, che con la scrittura ha una certa dimestichezza, essendo anche autore di un libro di successo sui cocktail low e no alcol.

Come fa intuire il nome, la nuova drink list è solo la prima parte di un progetto più ampio, un viaggio tra mixology, arte e culture del mondo strutturato in quattro volumi, che usciranno nell’arco di due anni, quindi uno ogni sei mesi. Un vero e proprio cocktail program ideato da Arujio per condurre gli ospiti alla scoperta della storia della miscelazione, con ogni volume che ne approfondisce e racconta una specifica era, con questo primo volume dedicato ai drink del pre-proibizionismo, toccando il periodo che va tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Un racconto liquido e scritto

Un racconto che si snoda su un doppio piano, quello liquido e quello scritto, ben intrecciati tra loro. Dove il primo è rappresentato dalle creazioni dell’head bartender, «drink ispirati a classici del periodo che trattiamo, dei quali manteniamo la struttura aromatica, ma reinterpretandoli con un tocco di contemporaneità e di sperimentazione, giocando sulla lavorazione degli ingredienti e le tecniche di preparazione», racconta Arujio a bargiornale.it.

Il secondo dai racconti scritti da Ferrari, dove fatti e personaggi reali del periodo storico di nascita dei classici si intrecciano con avventure e personaggi di fantasia, andando a creare i vari capitoli di un racconto dalla trama di una spy story che vede i bartender agire nei panni di speciali agenti segreti. A completare il tutto il supporto grafico e creativo di Cecilia De Conti e dello Studio Maigiu.

Una spy story per cornice

Leggendo la nuova drink list si scopre infatti che Araujo, Luca Hu e Ferrari sono agenti della J-TISBA (Jerry Thomas International Security Bartender Association), un’agenzia segreta internazionale, fondata addirittura dal Professore, Jerry Thomas, che da oltre un secolo arruola bartender in giro per il mondo con lo scopo di prevenire e salvaguardare la sicurezza della nostra storia temporale. Un’idea nata dalla considerazione che, grazie alla loro professione, barman, chef e camerieri sono i soli, in alcune situazioni critiche per l’umanità, a poter avvicinarsi senza destare sospetti a capi di stato o altre importanti personalità, avendo così l’opportunità di ascoltare e aiutare questi personaggi intervenendo nei momenti cruciali.

In ogni avventura, Araujo, l’agente Bob, dovrà dunque portare a termine una missione, viaggiando nel tempo, grazie a una speciale ventiquattrore, scoprendo e assaggiando i drink che hanno fatto la storia della miscelazione e che ispirano i signature del menu del Bob.

«Un espediente che ci permette di raccontare in modo nuovo e coinvolgente per gli ospiti ma anche per il nostro staff di sala i grandi classici e la loro storia – spiega l’head bartender -. In questo modo, grazie alla sinergia tra cocktail e i racconti di Diego, si percorre un viaggio che tocca alcune delle principali tappe della cultura del bere miscelato e che in forma divertente e leggera fornisce importanti informazioni sulla sua storia».

Il primo volume

Così il primo racconto del primo volume conduce alla scoperta del Siren of The Summer, ispirato al Floradora e preparato con Ginarte, tintura di zenzero, cordial ai lamponi e tè lapsang, tonica PercentoLab, e del San Blas, un Gimlet ma a base di Espolon Tequila Blanco, con Humo (liquore al peperoncino Cipotle), cordial di guava, reso più beverino dalla tecnica di carbonatazione.

Il secondo racconto accompagna al Pisco Punch di Duncan Nicol e al Ramos Fizz di Henry Charles Ramos: del primo viene fornita un’interpretazione “speziata” con Toro Mata, a base di Pisco 1615 Quebranta, cordial mais viola, tintura di pepe Sichuan; del secondo una versione aromatica con note affumicate con Imperial, preparato con Altamura Vodka, Adriatico Bianco, orzata di cocco tostato, yogurt alla vaniglia.

Si prosegue con Ninny, versione del Negroni preparata con Bulldog Gin, Campari ridistillato, Vermouth del Professore Classico, fragole e caffè, e M&M, un Julep con Santa Teresa Solera Rum, menta, soda alla mela e CO2.

Infine, con il quarto racconto vengono presentati Jeuval, fatto con Vecchia Romagna Riserva Tre Botti, Amaro Montenegro ridistillato, Verjus, ispirato al Crusta, il primo cocktail con appunto la crusta, creato da Joseph Santini a metà Ottocento nel suo locale a new Orleans, e Gold Roger, cocktail Manhattan style con Wild Turkey 101, Vermouth del Professore, fave di cacao e cardamomo.

I prossimi volumi

Il viaggio del Bob Milano nella storia della miscelazione proseguirà con l’uscita fra sei mesi del secondo volume dedicato agli anni del Proibizionismo, per approfondire la miscelazione nelle varie aree del mondo, dalla Cuba dei Cantineros all’Europa, passando per il Messico. Con il terzo volume si passa agli anni Ottanta/Novanta con le discoteche e i cocktail contemporanei. Chiude il progetto il quarto volume che celebra un evento cruciale per la miscelazione e la bar industry contemporanea: l’apertura a New York il 31 dicembre 1999 del Milk & Honey di Sasha Petraske, locale e bartender che hanno trasformato la cultura del bere nella cultura del bere bene, mettendo al centro la qualità del prodotto e degli ingredienti, l’attenzione al servizio e il culto dell’ospitalità.

Le altre sezioni del menu

Tornando alla nuova drink list, in apertura una rosa dei venti con quattro punti cardinali (Sour, After-dinner, Bitter, Aperitivo) aiuta a orientare il gusto dell’ospite, mentre la proposta drink è completata dalle sezioni Old Fashioned e Whiskey Sour. E dalla Whisky Experience con protagoniste le referenze Triple Mash, Bonded e Single Barrel di Jack Daniel’s e il Woodford Reserve Bourbon, quest’ultima parte del progetto di ricerca e conoscenza portato avanti dal Bob Milano sul whiskey americano, altro campo nel quale il locale vuole porsi come riferimento sulla scena milanese. Non mancano, infine, i drink low e free alcol e una selezione di 10 grandi classici.

Food: un viaggio tra Oriente e Mediterraneo

Complemento ai cocktail, l’offerta food firmata dallo chef Enzo Metastasio, anche questa rinnovata con l’intento di proporre un viaggio tra Oriente e Mediterraneo. Ai classici Bao e Dumplings, interpretati in chiave moderna e con ricerca di materie prime e accostamenti inediti, si aggiunge una selezione di Consigli dello Chef che raccontano un’idea di cucina dove la tradizione asiatica si sposa con sapori più vicini alla cultura occidentale. Ne sono un esempio proposte come il Petto di anatra arrosto, rapa bianca fermentata, salsa tamarindo affumicata, i Noodles con frutti di mare, salsa yakisoba, olio di gamberi, il Tonno rosso scottato con melanzana al miso, salsa umeboshi e miele.

L’articolo La nuova drink list del Bob Milano racconta la storia della mixology è un contenuto originale di bargiornale.