È Alberto Gnocchi il vincitore della Monin Cup Italia 2024
Il ventisettenne di Busto Arsizio stacca il biglietto per la finale mondiale di Bourges con il cocktail intitolato Mela Verde

Una sfida a colpi di cocktail low alcol per un gruppo di giovani bartender under 27: è questa la sintesi della Monin Cup Italia, che si è svolta a Modena, nello spazio dell’Ex Spaccio delle Carceri. Vincitore della competition: Alberto Gnocchi, 27 anni, bartender del Bar Is The Name di Busto Arsizio (Varese), che ha partecipato con il cocktail Mela Verde, un drink sodato apprezzato all’unanimità dai giudici per la creatività, il gusto, la facilità di bevuta, nonché di esposizione dell’idea da parte del vincitore, perfettamente in linea con il tema della competizione, “Low is More”.

Fondamentale per Monin, leader mondiale degli aromi, e per Velier che distribuisce i prodotti a marchio Monin in Italia, il tema del no/low alcol è sempre più sensibile nel mondo della miscelazione. Giudici della competition sono stati Sacha Mecocci del The Fusion Bar & Restaurant di Firenze, Lorenzo Burrone, Ambassador di William Grant & Sons, Claudio Lopes, Beverage Expert Mediterranean Area di Monin, e Francesco Bruno Fadda.
Il premio per il vincitore Alberto Gnocchi è un biglietto per Bourges, dove si svolgerà la finale mondiale nel mese di dicembre.

Cocktail Mela Verde
di Alberto Gnocchi

La ricetta

30 ml di Monin sciroppo di orzata
120 ml di soda alla mela verde home made

Soda alla mela verde:

200 ml di Monin Pure Mela Verde
100 ml di Monin Paragon Vetiver
100 ml di Sake
300 ml di tonica esausta

Procedimento:
Introdurre gli ingredienti in un Twiste&Sparkle e caricare con anidride carbonica, quindi servire in un tumbler alto colmo di ghiaccio.

 

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Parte il contest Spirit of Savoia: c’è tempo fino al 21 dicembre per mandare le ricette
I partecipanti dovranno inviare la ricetta di un cocktail con Savoia Americano o Savoia Orancio e l’aggiunta di un solo mixer o di un ingrediente special

Sono aperte dal 21 settembre, giorno del terzo anniversario del lancio di Savoia, la linea di vini aperitivi fondata da Giuseppe Gallo, le candidature per Spirit of Savoia, l’iniziativa rivolta ai cocktail bar per creare drink originali con uno dei due vini aperitivi certificati vegani di Casa Savoia. Parliamo di Savoia Americano Rosso, che combina Vermouth e Bitter bilanciando perfettamente amaro e dolce, e Savoia Orancio, un vino infuso con agrumi e botaniche, arricchito dalle note esotiche dello zafferano e del melograno.

Un’iniziativa volta a stimolare l’inventiva dei bartender, che potranno iscriversi al contest fino al 21 dicembre: la piattaforma è aperta ai drink bar di tutta Italia (oltre che di Grecia, Gran Bretagna, Hong Kong, Spagna, Stati Uniti e altri nel corso del programma) che potranno ispirarsi ai drink creativi di Marc Alvarez, co-proprietario del Sips di Barcellona – eletto miglior bar al mondo nella classifica World 50 Best Bars del 2023 – proponendo un cocktail con Savoia Americano o Savoia Orancio e l’aggiunta di un solo mixer o di un ingrediente special. Il cuore del programma è, infatti, il concetto di +1, plus one: una strategia che valorizza la semplicità e la versatilità di Savoia. In altre parole, l’obiettivo è creare cocktail classici ma rinnovati con pochi passaggi, esaltando i sapori distintivi di questi vini aperitivi. Pur essendo un vino aperitivo ready to serve, Savoia è comunque un prodotto versatile, che come dice il fondatore Giuseppe Gallo, «celebra i principali valori di vita in Italia, rappresentando al meglio la cultura dell’aperitivo italiano, ormai famoso e diffuso in tutto il mondo».

Il cocktail dovrà poi essere inserito nella drink list dedicata all’iniziativa insieme ai signature cocktail: Savoia Negroni, Americano, Spritz o Garibaldi. I bar partecipanti avranno l’onore di vedere inserita la loro ricetta nella guida internazionale Difford’s Guide, una grande occasione per condividere le proprie creazioni con gli amanti dei drink a livello globale.

 

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Alice Michela Musso conquista The Maestro Challenge 2024
Andata in scena a Maiori, la cocktail competition ideata da The Maestro, Salvatore Calabrese, ha messo alla prova le abilità dei concorrenti in un percorso di 5 challenge, più la sfida finale a base dei loro signature. A spuntarla è stata la barlady del Drink Kong di Roma

Vincitrice della sesta edizione di The Maestro Challenge (23 e 24 settembre), la celebre cocktail competition ideata da The Maestro, Salvatore Calabrese, nella sua terra di origine, Maiori (Salerno), è stata Alice Michela Musso, 29 anni, bartender del Drink Kong di Roma, con il signature cocktail Prisma.

«Per il mio cocktail mi sono ispirata all’arcobaleno, un fenomeno della natura visibile in tutto il mondo allo stesso modo – ha spiegato Musso durante la finale -. Per realizzarlo ho riprodotto la stessa tavolozza di colori in forma liquida. Ho, quindi, utilizzato dei prodotti che hanno un bouquet di flavours importanti. Sono partita da Hoxton Tropical Gin, che ha un sapore di cocco e di pompelmo, elementi associati, quindi, al bianco e all’arancione che richiamano le spiagge tropicali. Poi il profumo e le sfumature del bergamotto di Italicus Rosolio di Bergamotto, che ricordano le tonalità del Mar Mediterraneo e il giallo degli agrumi Igp, Americano Cocchi che dona una nota erbacea e speziata e riconduce alle nuances dei nostri boschi, infine, ho utilizzato il Kong Cordial, che è un cordiale istintivo, zero waste, e inclusivo, poiché rappresenta tutti i colori del mondo. Il cocktail viene servito in un bicchiere colorato con pittura edibile, quindi senza sapore, all’interno del quale ho inserito un prisma ottico che alla luce riproduce tutte le tonalità dell’arcobaleno».

La finale si è dibattuta sul palcoscenico del Reggina Palace Hotel, presentata da Stefano Nincevich, vicedirettore di Bargiornale, e Alessandro Procoli, che, oltre a puntare i riflettori sulle nuove generazioni di bartender, ha anche, attraverso musica, parole e miscelazione d’autore, ripercorso la carriera e la vita di Calabrese.

Una super giuria

Per questa edizione la giuria formata da Salvatore Calabrese ha riunito personaggi noti del panorama internazionale del bartending, fra cui Monica Berg, Simone Caporale, Giacomo Giannotti, Peter Dorelli, Patrick Pistolesi, Alex Frezza, Edoardo Nono, Federico Pavan, Sandrae Lawrence. «The Maestro Challenge non è la classica cocktail competition, ma un vero e proprio spettacolo. E questa del 2024 è stata la prima edizione che ha messo insieme una giuria così completa – racconta Salvatore Calabrese –. Quest’anno ho imparato molto dello staff che da sempre mi supporta nell’organizzazione, ossia a credere e a fidarmi. Io, infatti, avrei organizzato la prima giornata di challenge, in maniera diversa. Invece, l’idea proposta dal team è stata vincente e ben riuscita. Inoltre, guardando i ragazzi che hanno partecipato alla competizione ho capito che i giovani di oggi sono molto più bravi di quando ho iniziato io. È stata una bellissima competizione e vediamo cosa faremo l’anno prossimo».

Le cinque sfide della competition

19 i concorrenti in gara totali, selezionati su oltre 300 candidati provenienti da tutto il mondo, che durante le due giornate della cocktail competition hanno messo alla prova le loro abilità cimentandosi in cinque sfide. La prima The Donkey Throwing, si è svolta sulla spiaggia. «Ogni anno – racconta Andrea Ferrigno bartender, titolare del Matinée Cocktail Bar & Restaurant e membro del comitato organizzativo di The Maestro Challenge, scegliamo una sfida divertente, a sorpresa, che tuttavia non ha un valore effettivo sul premio. Quest’anno abbiamo chiesto ai ragazzi di eseguire la tecnica throwing su un asino, ovviamente in movimento». Un modo per sciogliere la tensione prima di cimentarsi nel cuore pulsante della gara.

Le quattro challenge successive, quelle che hanno decretato la gara, si sono svolte sulle terrazze della Torre Normanna, e sono state suddivise in base a precise tecniche di miscelazione. La prima batteria, Aperitivo Italiano, ha avuto come giurati Monica Berg e Alex Frezza. La gara prevedeva la creazione di un aperitivo made in Italy a base di bollicine, eseguendo la tecnica stirred.

Tutte le Ore, invece, era il tema scelto per la seconda sfida. La richiesta è stata quella di creare un cocktail, adatto a qualsiasi ora della giornata, eseguendo il metodo build. Drink che è stato giudicato da Parick Pistolesi e Federico Pavan. Giacomo Giannotti ed Edoardo Pavan, invece, hanno guidato la sfida Esotica, ossia la Tiki challenge, con cocktail preparati secondo la modalità swizzle. «Per questa batteria – continua Ferrigno – gli strumenti a disposizione sono stati solamente lo swizzle stick e del ghiaccio tritato».

Infine, Circus, l’ultima challenge, una mistery box contenente tre ingredienti, una frutta, una spezia e uno spirit, che i partecipanti hanno utilizzato per realizzare il loro drink valutati da Peter Dorelli e Simone Caporale.

La giornata si è conclusa con la proclamazione di dodici concorrenti che hanno poi preso parte alla gara finale (24 settembre): la creazione di un signature cocktail in base al tema scelto dal Maestro per questa edizione, i colori.

I premi

Molti i premi in gioco fra i quali la masterclass The Art of Shaking, regalata a tutti i partecipanti che avrà come docenti Simone Caporale e Giacomo Giannotti e un asino in ceramica, simbolo della Costa d’Amalfi, donato dall’Associazione Miscellanea di Maiori, organizzatrice di The Maestro Challenge. Ai primi tre classificati, è stato consegnato uno shaker d’argento di Urban Bar voluto dal Maestro Salvatore Calabrese.

Durante la serata finale sono stati, inoltre, consegnati anche dei premi speciali, fra cui:

The Aperitivo Challenge Award (tecnica stirred): vincitore Gabriele Calce, bartender presso l’Hotel Garden, Ravello
The Tutte le Ore Challenge Award (tecnica build): vincitore Andrea Dipino, bartender presso l’Hotel Miramalfi, Amalfi
The Esosica Challenge Award (tecnica swizzle): vincitore Giovanni Maffeo, bartender del Quanto Basta, Lecce
The Circus Award (mistery box): vincitore Michael Collovigh, bartender del Gucci Giardino 25 Firenze
The best signature cocktail: vincitore Michael Collovigh, bartender del Gucci Giardino 25 Firenze
Vincitore della prima giornata (23 settembre): Alice Michela Musso, bartender presso il Drink Kong, Roma
The Entertainment Challenge Award: vincitore Emmanuele Marano, bartender presso L’Antiquario, Napoli.

I finalisti, il podio e le ricette dei signature cocktail

Alice Michela Musso, Drink Kong, Roma, prima classificata de The Maestro Challenge 2024 (punteggio 781) e vincitrice della prima giornata di gara
Prisma
Ingredienti:
2 cl Italicus Rosolio di Bergamotto, 3 cl Hoxton Tropical Gin, 2 cl Americano Cocchi, 4,5 cl Kong Cordial (300 gr di Gusci di Pompelmo, 300 gr di Gusci di Lime, 300 gr di Gusci di Limone, 900 gr di Zucchero, 150 ml di Succo di Pompelmo, 900 ml di acqua)

Andrea Dipino, Hotel Miramalfi, Amalfi, 2° classificato (punteggio 758) e vincitore della sfida Tutte le Ore
Calavera Cosmica
Ingredienti:
4,5 cl Espolon Reposado, 2 cl Cordiale Jalapeno, agave e bergamotto, 1,5 cl Citrus Mix Juice (sfusato amalfitano, lime, bergamotto), 1,5 cl Italicus Rosolio di Bergamotto, top London Essence Roasted Pineapple Soda

Michael Collovigh, Gucci Giardino 25, Firenze, 3° classificato, vincitore della Mistery Box Challenge e del miglior signature cocktail
Painted by a mad man
Ingredienti:
4,5 cl Bareksten Botanical gin, 1,5 cl Acqua Bianca, 5 cl “pink or blue?” Cordial (mela, kiwi e rosmarino), 2,25 cl succo di limone, 3 cl polline e basilico, 10 dash bitter al tarassaco

Vincenzo Crisconio, Dry Milano
Deeds not Words
Ingredienti: 2 cl vodka Altamura infusa al lemon grass (30 cl vodka e 3 lemon grass), 3 cl Vermouth Bianco del Professore, 2,5 cl cordiale fiori di ibisco e palosanto (500 gr zucchero, 50 cl acqua, 7,5 gr fiori di ibisco, 18 gr palosanto, 8,7 cl soluzione citrica di cui 30 gr acido citrico per 18 cl acqua), 1 cl amaro Santoni

Carmine Lamberti, Caruso Belmond Hotel Ravello
Kyodai Ai
Ingredienti:
3 cl London n.3 Pallini, 3 cl Cocchi Americano, 2 cl Campari Bitter, 2 cl Homemade, 0,1 cl Foamer

Christian Lani, Rita & Cocktail, Milano
Pink Me Up
Ingredienti:
3 cl Hoxton Dry Gin, 1 cl Italicus Rosolio di Bergamotto, 3 cl Lavander Cordial (12 gr Dry Lavander, 140 gr White Caster Sugar, 280 gr acqua, 5 gr Citric Acid, Sous vide cocking for 1h, 50 gradi), 3 cl Cranberry Juice, top Coconut Foam (20 cl Real Coconut Foam, 20 cl Coconut Milk, 10 ml acqua, 2 cl Sugar Syrup 3:2, 2 pz NO2 Charger)

Alessio Lupo, Hotel Le Sireneuse, Positano
Boutique Martini
Ingredienti:
5 cl Vodka Altamura all’olio di oliva alle foglie di limone, 1,5 cl Acqua Bianca, 0,1 cl soluzione salina al 10%, Pitture alimentari, Rossa Al Patchouli, Blu Alga spirulina, Gialla al Limone

Giovanni Maffeo, Quanto Basta, Lecce, vincitore dell’Esotica Challenge Award
Pimpa my drink
Ingredienti:
4,5 ml Seatrus gin, 4,5 ml cordiale pepato agli agrumi gialli e foglie di fico

Emmanuele Marano, L’Antiquario, Napoli, vincitore dell’Entertainment Challenge Award
Genesi
Ingredienti:
4,5 cl Bareksten Old Tom Gin, 4,5 cl cordial soul, 3 drop brush oil

Giosué Pastore, Rooftop Bar Hotel Sole, Maiori,
Ultimate Caarot
Ingredienti:
3,5 cl Hoxton tropical gin, 1 cl Campari Bitter, 1,5 cl Liquore Juzu, 3 cl succo di limone, 4,5 cl Shrab carota e shichimi togarashi (misto spezie giapponesi), tot velluto di zenzero

Christopher Russo, Freni e Frizioni, Roma
Dolce Vita
Ingredienti:
3,5 cl Wild Turkey 101, 10 cl Tropical Soda (De Kuyper Blue Curacao, acqua di cocco, chutney di Ananas e succo di lime), vernice rossa alla ciliegia acida

Daniele Savastano, Voce ‘e Notte Sunset Bar, Praiano, vincitore della Donkey Throwing Challenge
Hakuna Matata
Ingredienti:
5 cl Hoxton Dry Gin all’alga nori e spirulina blu, 3 cl succo di lime, 1 cl Liquore Acqua Bianca De Kuyper, 1 cl sciroppo di lemongrass, 1,5 cl acqua di mare distillata blu, crusta di pomodoro, cocco e peperoncino (1,5 gr, 1,5 gr, un pizzico di peperoncino)

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Addio a Claudio Bonomi, “capitano” di Bargiornale

Stava progettando una nuova vita, ancora legata a Bargiornale, ma senza quella presenza quotidiana che l’ha visto per tanti anni in mezzo a noi. Invece una malattia fulminante e imprevista l’ha strappato ai suoi cari e a tutti noi. Claudio Bonomi, classe ‘61, caporedattore di Bargiornale di lungo corso, se ne è andato questa mattina, in punta di piedi, lasciando un grande vuoto in redazione, e soprattutto nella sua famiglia: la moglie Federica e i figli Edoardo e Silvia.

Era legatissimo a Bargiornale, che è stata la sua casa professionale per tantissimi anni, più di 20. Lo curava come una creatura che merita un’attenzione speciale, come un direttore d’orchestra nell’ombra, sempre attento al fatto che tutte le componenti andassero a tempo. Per fare in modo che la sinfonia andasse in scena esattamente quando doveva.

Era per tutti “il re delle ciano”, attentissimo nel verificare sino all’ultimo che tutto, nel giornale, fosse come doveva essere. Perché lo sentiva davvero il “suo” giornale. Tanto da prenderne le difese ogni volta che ne sentiva in pericolo la reputazione, la credibilità, la serietà. Non per niente ci ha sempre tenuto ad avere anche una presenza fissa, in forma di rubrica, per dare spazio alle storie che meritavano di essere raccontate e alla sua spinta a scrivere, spesso frenata dall’impegno a far funzionare la “macchina del giornale”.

L’altra sua grande passione giornalistica è sempre stata la musica: ha collaborato a Musica Jazz, Ultrasuoni/ilManifesto, All About Jazz Italia, Quaderni d’Altri Tempi.  E con Gennaro Fucile ha scritto il cd book Elastic Jazz – Sketches of Britain pubblicato nel 2005 da Auditorium Edizioni. Tanti i colleghi e gli ex colleghi, anche di altre redazioni, con cui ha stretto legami di amicizia al di là del lavoro e a cui teneva in modo particolare. Mancherà in modo speciale anche a tutti loro, oltre che alle tantissime persone che ha incrociato sul suo cammino.

Ciao Claudio!

Ciao Claudio, c’è posta per te. Dalla tua redazione, dai tuoi collaboratori…

«Ci sono redattori, giornalisti, direttori che fanno il loro lavoro e ciao. Poi c’era Claudio che anteponeva la signorilità e la sua anima all’uomo. Impossibile non accorgersi della differenza. Leggevo Bargiornale da bar lover quando non immaginavo neppure che un giorno ne sarei diventato editore e già percepivo che lì dentro c’era gente piena di passione.
Schivo, rispettoso delle posizioni restava spesso in silenzio, ma quando percepiva una seppur lieve minaccia al suo “giornale” si faceva sentire con quel piglio che non lasciava spazio alle repliche. Ci stavi già mancando, ci mancherai di più».
Ivo A. Nardella

«25 anni di lavoro insieme e noi due vecchietti di Bargiornale ancora ci sopportavamo decisamente bene. Prima amico e poi collega, ci siamo ascoltati, scazzati, chiacchierato e confidati. Bevuto e mangiato (tu di più). Insomma, fatto quello che fanno i buoni amici. Ora il mio pensiero va a Federica e ai tuoi ragazzi, orgoglioso di Edoardo e innamorato, come solo un padre sa essere, di Silvia. Ti auguro di trovare un buon negozio di dischi e un buon bar. Ciao Claudio».
Roberto Barat

 «Carissimo Claudio, collega e amico da tanto tempo, ti ringrazio ancora per la tua solida amicizia e per essermi stato vicino in tante occasioni. Ti sentirò sempre ancora vicino. Un forte abbraccio».
Rodolfo Guarnieri

«È grazie a te che sono arrivato a Bargiornale; in un momento difficile del mio percorso professionale, mi hai generosamente aperto le porte di una collaborazione che poi, nel tempo, si è evoluta fino a far diventare Bargiornale anche la mia casa. Un debito di gratitudine che resta».
Andrea Mongilardi

«Ciao Penna bianca. Non fare il finto burbero, lì dove sei. Tanto non ti crede nessuno».
Ernesto Brambilla

«Che dolore forte. Era il giugno di ventidue anni fa. Mi avevi chiamato a casa dicendomi con la tua voce da leone: «Vieni in redazione che non capisco niente del tuo pezzo. Tutto da rifare». E io come un agnellino, testa bassa, sono corso da te per farmi dare una lezione da una persona speciale che di giornalismo ne sapeva a pacchi. Quante cose mi hai insegnato caro Claudio, quante te ne devo e che dolore devastante il solo pensiero di non vederti più. Siamo stati compagni di banco per secoli e per secoli ti ricorderemo tutti. Con i tuoi silenzi intervallati da battute che ci spaccavano dal ridere e il tuo amato jazz inglese di sottofondo. Quella musica mi ricordava il nostro “Zio” Franco Zingales e quella redazione testarda e un po’ bohémien di via Trentacoste a Milano. In quel posto pieno di fumo di sigarette, impaginati stropicciati e bevute colossali all’ora dell’aperitivo, si lavorava di giorno, di notte, nel weekend col sacro fuoco di chi aveva a cuore il giornalismo e il suo giornale. Nessuno staccava mai. E tu sei sempre stato l’ultimo a chiudere la porta. Eri il nostro capitano. Ora e sempre con noi Claudio. La vita è ingiusta e ti ha strappato via senza dirci niente».
Stefano Nincevich

«Quasi ogni giorno passava dalla mia scrivania e vedendomi indaffarata diceva: “Non è un po’ presto per cominciare a battere la fiacca?”. Oggi vorrei dirglielo io: Claudio, stavolta sì che è stato un po’ troppo presto per cominciare a battere la fiacca!».
Paola Melis

«I silenzi. La prima cosa che mi viene in mente delle mie telefonate con Claudio – ho sempre lavorato a distanza – sono i suoi silenzi. Mi chiamava per correggere i pezzi o per chiedermi cosa scrivere in una didascalia o per assegnarmi un articolo… E mentre parlava a un certo punto si bloccava. Quante volte gli ho domandato se fosse ancora in linea. Lui c’era, stava rimettendo in ordine le idee, forse lavorando al Pc, nel frattempo, o prendendo un appunto: in quel silenzio ho capito che c’era la sua profondità di pensiero».
Alessandra Tibollo

«All’inizio mi sembravi un gran burbero e le tue chiamate mi incutevano un certo timore. Mi dispiace di non avere avuto l’occasione di dirti grazie abbastanza per tutto quello che mi hai insegnato».
Giuseppe Stabile

«Ho conosciuto Claudio nel 2017, quando sono entrato a Bargiornale, lui allora era il caporedattore e come tutti gli altri mi ha insegnato il mestiere, ad affinare le parole e a lasciare che emergessero le notizie. A stare negli spazi e soprattutto nei tempi (le lavate di capo per il mio cronico ritardo sulle consegne di WeBar). E anche quando sono rimasto come collaboratore e, per ovvi motivi siamo stati meno assidui, ho sempre lavorato volentieri con lui quando ce ne è stata occasione. Di lui ricordo una persona pacata e spesso allegra. Tanto che durante lo stage io e la collega Martina lo avevamo soprannominato “Canarino” per la sua meravigliosa abitudine di entrare in ufficio, sempre tra i primi, canticchiando motivetti inventati in cui raccontava l’andamento della mattinata o prendeva in giro noi e gli altri colleghi… Insomma una persona positiva di quelle che ci vorrebbero in ogni redazione, ufficio, posto di lavoro. Ciao Claudio, grazie».
Mattia Marzola

«Ho avuto il privilegio di conoscerti soltanto per breve tempo. Ma i tuoi consigli, i bonari cazziatoni e il sottile umorismo con cui abbiamo discusso della nostra industria, rimarranno un bagaglio prezioso. Salute».
Carlo Carnevale

«Collaborando a distanza dalla redazione, ho avuto poche occasioni di conoscere Claudio. Ma è stata la prima persona che mi ha accolto quando ho varcato le stanze della redazione, mettendomi a mio agio e raccontandomi la rivista dal punto di vista di uno dei suoi protagonisti. Serbo per sempre questo bel ricordo di lui. Le mie più sentite condoglianze alla famiglia».
Julian Biondi

«Che brutto scherzo, Claudio. Da quando sono entrato nel team di Bargiornale, sei stato il mio punto di riferimento in redazione. E da buon caporedattore, hai provato a correggere il mio atavico difetto di consegnare i pezzi un giorno dopo la scadenza, piuttosto che il giorno prima. Non ci sei riuscito del tutto, ma il prossimo pezzo, te lo prometto, arriverà nei tempi, e tu sarai in cc, come sempre. Ciao Claudio, per la tua bella persona, la migliore bevuta possibile».
Alessandro Ricci

«Alle parole preferiva i fatti e negli occhi portava il cielo».
Massimo Vispo

«Ogni volta che incontravo Claudio a un evento, si creava sempre una connessione speciale. Il suo sorriso, il suo sguardo, anche da lontano, irradiavano un’energia magica che resterà indelebile nei miei ricordi».
Shane Eaton

«Caro Claudio, non ho parole per esternare il dispiacere e il dolore della tua improvvisa dipartita. Gli anni in cui abbiamo condiviso la rubrica mi hanno permesso, con il continuo confronto tra noi, di crescere ed imparare moltissimo. Buon viaggio amico mio, che la terra ti sia lieve e il vento propizio».
Michele Di Carlo

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L’espresso fenomeno globale grazie ai migranti italiani
Il 1° ottobre sarà proiettato a Sydney il documentario The Rise of Espresso, realizzato da Accademia del Caffè Espresso, che esplora la diffusione della cultura dell’espresso nel mondo grazie agli italiani.

Nel corso dell’Italian Film Festival di Melbourne è andata in scena la prima mondiale del documentario The Rise of Espresso (il trailer si può vedere a questo link) realizzato dal centro culturale de La Marzocco. Dopo la mostra Coffee Migrant Migrant Coffee – Chapter 1 che esplora il legame tra il caffè e l’emigrazione italiana in Brasile (si può visitare fino a fine anno all’Accademia del Caffè Espresso), il filmato, della durata di 58 minuti, è dedicato agli emigranti italiani che, nel corso degli anni, hanno promosso la cultura dell’espresso in tutto il mondo. 

Sempre in Australia, a Sidney, il 1° ottobre ci sarà un’altra proiezione in occasione della Giornata Internazionale del Caffè. 

Ritraendo il fascino epico dell’espresso, dal suo rituale radicato nella cultura italiana e nelle esperienze conviviali, alla sua ascesa come fenomeno globale, The Rise of Espresso esplora la crescita e l’evoluzione del mercato attraverso una raccolta di storie personali rivelando sogni, sfide, aneddoti di molti migranti che hanno dedicato la vita a questa bevanda simbolo del made in Italy.

La scelta di dare il via alle proiezioni di questo documentario nel continente australiano cominciando dalle sue due metropoli, Melbourne e Sydney, è legata al suo essere una terra con una ricca storia di migranti italiani, nonché uno dei mercati del caffè più all’avanguardia nel mondo.  Successivamente il film verrà proiettato in occasione di eventi legati all’ospitalità e celebrazioni culturali e festival in tutto il mondo; presto sarà disponibile anche in Italia.

The Rise of Espresso è dunque un nuovo tassello del cammino culturale avviato da Accademia (che l’ha interamente prodotto) che vuole contribuire alla diffusione della cultura del caffè espresso.

Come accennato, questo progetto ha preso il via con la mostra dell’Accademia Coffee Migrant | Migrant Coffee – Capitolo I, attualmente in esposizione a Firenze, che racconta il significativo flusso migratorio di oltre un milione di italiani, tra il XIX e il XX secolo, verso i porti brasiliani, che li ha portati a dedicarsi alla coltivazione del caffè e ad attività commerciali legate ad esso. 

Il secondo capitolo della mostra, Coffee Migrant | Migrant Coffee – Capitolo II, sarà inaugurato nel 2025 e illustrerà il viaggio dei migranti italiani verso i Nuovi Mondi (Australia, Canada, USA), fungendo da estensione narrativa del documentario. 

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Red Bull Bar Staff Arena: Martina Morico e Alessandro Di Palo vincono la prima edizione
Tre prove per aggiudicarsi il titolo della prima competizione al mondo di Red Bull in miscelazione. Oltre 150 partecipanti e occhi già puntati al futuro

Due categorie, due vincitori e un successo generale: Martina Morico dell’Easy Drink and Food di Capriate San Gervasio (Bg), per la categoria Mocktail e Analcolici, e Alessandro Di Palo dell’Hugo HUBriacheria di Pomigliano d’Arco (Na), per la categoria Low Abv, sono i vincitori della Red Bull Bar Staff Arena, la prima competizione mai realizzata da Red Bull nel mondo con i prodotti della gamma in miscelazione, e la collaborazione di The Prince Factory di Emanuele Bruni.

Gara d’esordio dal riscontro importante per l’azienda del toro rosso, con più di centocinquanta partecipanti complessivi e un percorso di circa un anno, che dalle iscrizioni è transitato per le semifinali allo scorso Roma Bar Show fino all’ultimo atto presso l’Organics Sky Bar dell’Hilton Central di Milano.

Bartender alla prova del twist

Ai sei finalisti, tre per categoria, è stato richiesto di affrontare tre prove; si cominciava con Metti le ali al tuo cocktail, ovvero la realizzazione di un twist sul drink che i bartender avevano presentato in semifinale: Morico ha portato il Peer to Pear, in riferimento al suo trascorso in ingegneria e al più ampio concetto di condivisione (Red Bull Energy Drink, succo di limone, sherbet al pompelmo, pera cotta e balsamic leaf), mentre Di Palo ha presentato Un gradino in più, omaggio alla sua storia familiare (Falernum al cacao, cordial di carota e mandorla, Organics by Red Bull Black Orange).

La giuria, composta da Francesco Bonazzi (gruppo Farmily), Carlo Carnevale (Bargiornale) e Daniele Gentili (brand ambassador Red Bull) era tenuta a valutare presentazione, gusto e bilanciamento, aroma, garnish, desiderio di bere un altro drink uguale e “sprezzatura”, ovvero la professionalità complessiva del bartender nel corso della realizzazione del drink.

Blind testing e gioco di squadra

La seconda prova consisteva in un blind tasting sulle dieci referenze complessive tra Red Bull Energy Drink e The Organics by Red Bull, con venti secondi per assaggiare ciascun prodotto e altri venti per formulare la propria risposta, senza possibilità di astenersi (un eventuale risposta in bianco avrebbe comportato una penalità).

Per la terza e ultima prova entravano in gioco alcuni degli elementi cardine della filosofia Red Bull, che nel supporto tra professionisti, nella rete e nel gioco di squadra vede alcuni dei suoi pilastri. I finalisti sono stati divisi infatti in tre coppie, ciascuna composta da un concorrente per categoria e con una mistery box con cui lavorare (all’80% simile alle altre due, per il 20% con contenuto diverso) e creare una ricetta in trenta minuti: il punteggio finale veniva poi diviso a metà tra i componenti della squadra, andandosi a sommare sui singoli totali.

Talento, tecnica, esposizione e capacità di collaborare, mescolate (a bassa gradazione) in una gara che promette di poter estendersi ed evolversi con grande margine e portare Red Bull verso nuovi scenari, sia in Italia che all’estero.

Per i vincitori, adesso, la possibilità di vivere a 360 gradi una delle esperienze targate Red Bull, organizzate a livello nazionale e internazionale, come moto GP, Cliff Diving, 64 Bars. Per il prossimo anno sono già in cantiere importanti novità.

Le ricette

Peer to Pear di Martina Morico


Ingredienti:
60 ml Red Bull Energy Drink, 5 ml succo di limone, 50 ml sherbet di pompelmo e pera cotta e balsamic leaf*
*Per lo sherbet: mettere le pere cotte in un estrattore; raccogliere il succo e aggiungervi lo zucchero in rapporto poco più di 1:1 in modo da ottenere uno sciroppo con una quantità di zucchero pari al 62% (ideale per il mantenimento del prodotto). Fare raffreddare  il composto e poi aggiungere succo di pompelmo rosa fresco in rapporto 2:1,5, e infine mescola il tutto
Preparazione:
build
Guarnizione:
chips di pera cristallizzata

Un gradino in più di Alessandro Di Palo


Ingredienti:
40 ml Falernum al cacao*, 30 ml cordial carota e mandorla**, 120 ml Organics by Red Bull Black Orange, profumo d’arancia***
*Per il Falernum al cacao: infondere fondi di caffè macinato nel Falernum per 24 ore, filtrare
**Per il cordial carota e mandorla: frullare le carote con acqua e pectinasi; filtrare il composto per ottenere un succo di carota limpido e poi aggiungere della farina di mandorle. Mettere sottovuoto ed effettuare una cottura a bassa temperatura con roner per 2 ore a 50 Cº. Infine, aggiungere zucchero per aumentare la conservazione del cordiale
***Per il profumo di arancia: aggiungere olii essenziali di arancio in alcol al 96%, lasciando in infusione al buio per 3 settimane.
Preparazione:
shake
Guarnizione:
candy di carota e mandorla*
*Per la candy di carota e mandorla: aggiungere agli scarti di preparazione del cordiale acqua e zucchero per ottenere un composto liquido. Lavorare il composto con agar agar per ottenere una gelatina alla carota e mandorla; fare una copertura di isomalto per ottenere una caramella cremosa all’interno e croccante all’esterno.

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Tequila Tequiero entra nel portfolio agavi di Compagnia dei Caraibi
Firmato l’accordo con il brand di tequila di Cosimo Fini (in arte Gué) per la distribuzione in Italia del Tequila Tequiero e del premixed Paloma

Tutti pazzi per il tequila. E per il Paloma, che è già il cocktail più bevuto dai messicani e guadagna di mese in mese posizioni anche in Italia. Sul solco di questo trend, Compagnia dei Caraibi amplia il suo portfolio agavi, annunciando la distribuzione in esclusiva per l’Italia del Tequila Tequiero, brand nato dalla collaborazione tra Cosimo Fini, in arte Gué, e l’imprenditore Driss El Faria. Due i prodotti che entrano nel portfolio di Compagnia dei Caraibi a partire da Ottobre 2024: il Tequila Reposado di Tequiero e il premixed per Paloma.

Nove i mesi di invecchiamento in botti di rovere per questo tequila di fascia alta, 100% agave blu, che nasce sugli altopiani di Jalisco in una distilleria a conduzione familiare, seguendo fedelmente tutti i processi tradizionali di coltivazione, raccolta, selezione e distillazione delle agavi per restituire un distillato d’eccellenza. Dal profilo erbaceo con aromi di vaniglia, quercia e frutta matura come la mela rossa, possiede un leggero tocco amaro, con un finale morbido con note di caramello e agave cotta. Nel portfolio, come si diceva, entra anche Tequiero Paloma Premix, un preparato in lattina di pompelmo soda, lime e sale a cui aggiungere 50ml di Tequiero Tequila Reposado per ottenere un perfetto Paloma praticamente in due mosse.

Con l’ingresso di Tequiero nel suo portfolio, Compagnia dei Caraibi si rafforza quindi all’interno del segmento agavi, un mercato in continua crescita nella fascia d’età 25-40 anni. L’identikit è quello di un consumatore giovane, sofisticato e curioso delle nuove tendenze di qualità, che non interpreta più il tequila come uno spirit da bere in “shot”, ma come un ingrediente premium da utilizzare in miscelati piacevoli e rinfrescanti, nonché low-alcol, come il Paloma.

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Anteprima: Rāma, drink spirituali e menu fusion a Milano
Apre a Milano il cocktail bar con cucina Rāma, con la guida dell’f&b manager Franco Tucci Ponti e il menu food firmato da Fabrizio Cervellieri. L’anteprima della drink list, con twist on classic e mocktail agrumati

Dall’enciclopedia Treccani: “Guerriero forte e pio, nel quale la forza del braccio e l’ardimento in battaglia non vanno disgiunti da una profonda religiosità e dalla perfetta osservanza della legge morale. È ritenuto la settima incarnazione del dio Viṣṇu“. Questo è Rāma, e a leggere l’origine del nome troviamo un bel… quadretto programmatico. Per replicare tutte queste qualità nel cocktail bar con cucina omonimo che sta per aprire a Milano, servirà parecchia prana (energia/soffio vitale, ancora mutuando dalla terminologia dell’induismo).

Franco Tucci Ponti, f&b manager di Rāma (foto Giovanna Di Lisciandro)

«Un nido confortevole, ma divertente»

L’opening di Rāma è previsto a metà ottobre. Siamo in Brera, via San Marco 40 per la precisione. Ispirazione asiatica, atmosfera avvolgente (con profumi creati ad hoc) e poco seriosa a guida Franco Tucci Ponti, bar manager d’esperienza (che qui ci aveva raccontato la sua idea di ospitalità) che in Rāma assume il ruolo di Corporate food&beverage manager. È lui a raccontarci in anteprima qualche dettaglio del cocktail bar, impreziosito da arredi creati su misura e da un sottofondo musicale (con consolle in vetrina) che riporta a un club berlinese. «Lavoriamo molto sull’esperienza cliente, che qui sarà concentrata non solo sul drink o sul cibo, ma soprattutto sul clima. Niente mega bicchieri scenografici, niente piatti effetto wow: vogliamo un approccio che definirei “dolby sorround”, molto educato ma poco formale, delicatezza con luci e musica. Un po’ un nido confortevole, ma divertente. Non posso direi di più, ma faremo divertire i nostri clienti».

Tocco agrumato per la drink list d’esordio di Rāma

Tucci Ponti guida un team di sette persone (compreso lo staff di cucina, che però vede al vertice lo chef Fabrizio Cervellieri), per un cocktail bar che conta circa 55 coperti. A Roma, seconda location di Rāma che vedrà la luce più avanti, i posti saranno 100 e, tutto compreso, si conteranno 12-14 persone nel team. Torniamo a Milano. La drink list d’esordio è firmata da Riccardo Marinelli (ex Jerry Thomas) con Tucci Ponti. «Il fil rouge è il tocco agrumato: yuzu e agrumi giapponesi caratterizzano le ricette», spiega Franco Tucci Ponti. La lista è divisa in tre sezioni – Signature, Classici e Mocktail – per un viaggio in Oriente in forma liquida.

Il cocktail Araki, con Toki Whisky, succo di Yuzu e di limone, miele alla soya e zenzero, Angostura, bitter al cioccolato e vapore di sandolo (foto Giovanna Di Lisciandro)

Qualche esempio. 520 è un cocktail ispirato dall’acronimo cinese della frase “ti amo”, è un signature floreale con un un mix di yuzu, vodka, soda al pompelmo, sciroppo al lychee, Franciacorta Brut e un top di estratto alle rose vaporizzato. Naga, il cui nome richiama gli omonimi semidei thailandesi, gioca con la somiglianza di questi ultimi con le divinità Maya, mescolando Sudamerica e Asia in un cocktail in cui Tequila e mezcal fanno da base a yuzu, limone, sciroppo al pepe e frutto della passione, con una crusta al sale Maldon e paprika affumicata. L’aperitivo da Rāma ha il suo fondamento sul Negroni Sun Tzu, una rivisitazione che vede l’aggiunta, rispetto alla ricetta classica del Negroni, di poche gocce di succo allo yuzu.

Food menu di Rāma: ingredienti asiatici, trasformazioni nordiche

Sul lato food, infine, Fabrizio Cervellieri sta approntando un piccolo menu di cucina fusion che supporterà l’offerta di cocktail. Spiega ancora Franco Tucci Ponti, in veste di f&b manager: «Abbiamo voluto una persona con un importante bagaglio di esperienze in Europa (Cervellieri ha in curriculum nove anni a Berlino, poi Copenhagen, oltre al suo Friuli e all’Abruzzo, infine Roma con il suo ristorante aede, ndr). Applicherà una visione nordeuropea sulla trasformazione di ingredienti asiatici». Nell’anticipazione del menu che Bargiornale ha potuto sbirciare troviamo proposte di sushi con nigiri al salmone e al pistacchio, uramaki Burrata Mazara e Mandorla Aburi e proposte vegane come il Cetriolo Maki e il Chips Roll, dai 4 agli 8 euro.

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Bisol1542, un palmares di riconoscimenti che racconta 10 anni di lavoro
Lo storico traguardo dei Tre Bicchieri per il Bisol1542 Molera Extra Dry 2023 arricchisce il medagliere dei successi internazionali che confermano il percorso qualitativo condotto dall’acquisizione del Gruppo Lunelli

Coi Tre Bicchieri della guida Vini d’Italia 2025 del Gambero Rosso attribuiti al Bisol1542 Molera Extra Dry 2023 il palmares di riconoscimenti di Bisol1542 si fa sempre più ricco.

«Siamo orgogliosi che ai molti riconoscimenti internazionali che hanno scandito gli ultimi mesi si siano aggiunti anche i Tre Bicchieri – sottolinea Matteo Lunelli, Presidente di Bisol1542 –. Con questo storico successo Bisol1542 si conferma firma al vertice del Prosecco Superiore, ridando lustro a cinque secoli di storia grazie all’impegno profuso in questi 10 anni dall’acquisizione, in cui abbiamo fatto significativi investimenti in campagna e in cantina e abbiamo compiuto un percorso nel solco di quell’eccellenza che da sempre definisce la cifra delle aziende del Gruppo Lunelli».

Un decennio, da quando la cantina veneta è entrata a far parte del Gruppo Lunelli, caratterizzato da un intenso lavoro volto alla valorizzazione delle migliori sfumature del Prosecco Superiore che ha dato grandi frutti. Dal 2014, anno d’ingresso di Bisol1542 nel Gruppo Lunelli, infatti il brand veneto è stato protagonista di una vera e propria rivoluzione, che ha determinato, dopo un primo periodo di ascolto del territorio e di studio dell’eredità aziendale, una riqualificazione agricola, metodologica e produttiva dei vigneti, dei protocolli di vendemmia, della stilistica vinicola e dell’ospitalità.

Un rilancio proseguito nel 2018 con una nuova immagine di marca e continuato col rinnovo degli spazi dedicati all’accoglienza nel 2021, cui è seguita la realizzazione della nuova “Cantina dei Cru”: situata nei sotterranei dell’azienda, ospita 16 vasi vinari e 20 autoclavi per piccole produzioni taylor made, fondamentali per vinificare separatamente, dopo una accuratissima selezione, i mosti delle particelle più vocate della Denominazione e trasformarli in bollicine eleganti e fortemente distintive.

Dal 2021 questo percorso è coordinato da un Team Tecnico dedicato che ha portato a dare impulso a una viticoltura mira a salvaguardare la biodiversità e a preservare la struttura dell’autentico vigneto valdobbiadenese. La riqualificazione della vigna iniziata nel 2019, l’introduzione di tecniche di lavorazione dei mosti meno invasive e di vinificazioni su misura hanno condotto alla nascita di cinque cru di Prosecco Superiore dalla stilistica rinnovata. La raccolta in bins dei migliori grappoli –  gustativamente maturi e capaci di trasferire appieno il corredo aromatico, locale e varietale della Glera – , la pigiatura a uva intera, lo scrupoloso blending delle basi secondo uno stile enologico contemporaneo, fino all’introduzione d’innovative tecnologie di sostenibilità e di conservazione del vino in cantina sono l’insieme di azioni che hanno garantito ai vini Bisol1542 numerosi e importanti giudizi critici su tutta la gamma delle ultime annate in commercio e che riportiamo qui di seguido

 Cartizze

Italian Sparkling Trophy, 95/100, Gold Medal – International Wine Challenge (IWC)
Master (massimo risultato) – The Prosecco Masters (The Drinks Business)
93/100 – Falstaff Prosecco Trophy
93/100 – JamesSuckling.com
93/100 – Guida 1000 Vini d’Italia L’Espresso
90/100 – Wine Spectator

Molera

Tre Bicchieri – Vini d’Italia 2025 Gambero Rosso
92/100 – Falstaff Prosecco Trophy
Gold Medal – Mundus Vini Summer Tasting 2024

I Gondolieri

97/100 – Decanter World Wine Awards

 Crede

Medaglia d’Oro – The WineHunter Award 2024 (Merano Wine Festival)

 Relio

Gold Medal – The Prosecco Masters (The Drinks Business)
93/100 – Falstaff Prosecco Trophy
92/100 – JamesSuckling.com

 

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Nel 2024 +10% per Fattoria Latte Sano: un terzo dei clienti sono i bar
Cresce e punta a uscire dai confini laziali l’azienda romana che produce latte fresco: 10milioni di litri l’anno sono destinati alla linea Bar

Dalla mungitura al punto vendita meno di 48 ore. La storia di Fattoria Latte Sano, punto di riferimento nella produzione del latte fresco del centro-Italia e in particolare del Lazio, in cui si trova lo stabilimento, inizia 75 anni fa. Oggi l’azienda, che è il primo operatore di latte fresco nel Lazio e il terzo in Italia (dopo Centrale del Latte d’Italia e Parmalat), festeggia non solo il suo “anno giubilare”, ma anche degli incoraggianti dati del bilancio consolidato 2023, con ricavi per oltre 125 milioni di Euro e una stima di incremento di un +10% per il 2024.

Più di 75milioni i litri di latte lavorati a fine 2023 (di cui il 70% fresco), provenienti da una filiera corta e controllata, 130 conferitori rigorosamente locali, due stabilimenti di produzione (Roma e Rieti), quattro piattaforme logistiche, 12mila clienti serviti ogni giorno da oltre 200 mezzi isotermici refrigerati: fra questi oltre un terzo dei clienti, è costituito dai bar del Lazio, che preparano quotidianamente i loro cappuccini con il latte di Fattoria Latte Sano, la cui prima referenza in questo ambito è il Latte base Alta Qualità della linea Bar, del quale vengono prodotti 10milioni di litri all’anno.

L’obiettivo a breve termine, lo ha rivelato Marco Lorenzoni, presidente di Fattoria Latte Sanoa margine della serata di festeggiamento per i 75 anni: «Oltre ad aver consolidato la nostra leadership nella regione – anticipa Lorenzoni -, stiamo lavorando per sviluppare maggiormente la posizione anche fuori dei confini laziali. L’asset in cui crediamo da sempre? La produzione di latte fresco di qualità, in un’ottica di valorizzazione non solo della filiera ma anche di un’eccellenza del nostro territorio». Toscana, Umbria, Abruzzo, Campania, Sardegna, Sicilia e parte della Puglia: sono queste le regioni a cui l’azienda romana punta.

Qualche mese fa avevamo avuto l’occasione di visitare lo stabilimento di Roma, in via della Muratella: qui i conferitori ogni giorno arrivano e immettono il loro latte nel sistema, non prima che il laboratorio di analisi ne verifichi la carica batterica, le cellule somatiche, la presenza o meno di antibiotici e aflatossine, di acqua o altre sostanze esterne. Uno degli aspetti che vengono verificati in questa fase sono le caratteristiche come la quota proteica, il grasso, il quantitativo di acqua dispersa nel latte: in altre parole, tutti i fattori che incidono sulla capacità del latte di fare schiuma. Se supera questo test e “fa la schiuma” il latte viene instradato sulla linea latte Bar (8-10 i cappuccini che si calcola si possono preparare con un litro di questo latte), una denominazione nata negli anni Sessanta, in pieno boom economico. Secondo le stime dell’azienda, sono 2milioni i cappuccini che ogni giorno vengono serviti con latte di Fattoria Latte Sano. Fra i mercati a cui Latte Sano guarda con interesse, anche il mondo della pasticceria e della gelateria: ad oggi sono circa 1000 gli artigiani del dolce che si riforniscono dall’azienda romana per il latte e la panna fresca.

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