Nespresso Professional amplia la gamma Origins con Brazil Organic
Frutto dell’impegno nella sostenibilità della filiera del caffè, il nuovo arrivato è una miscela Arabica bio che celebra gli aromi del Brasile

Un profilo aromatico equilibrato, elegante, delicato è il biglietto da visita di Brazil Organic, il caffè monorigine brasiliano certificato biologico, new entry della gamma Origins della Linea Professional di Nespresso.

Il nuovo arrivato è una miscela di caffè Arabica proveniente da tre diverse regioni e altitudini del Brasile: la regione di Cerrado Mineiro, la pianura di São Paulo e le pendici del Minas Gerais. Tutti i chicchi che lo compongono sono coltivati da agricoltrici ed agricoltori con pratiche di agricoltura biologica finalizzate a mantenere l’equilibrio naturale del suolo e a promuovere la salute delle piante attraverso metodi sostenibili e rispettosi dell’ambiente.

Piacere sostenibile

La coltivazione di questi caffè avviene infatti nell’ambito del programma globale AAA Sustainability Quality di Nespresso, lanciato nel 2003 con Rainforest Alliance e volto a proteggere gli ecosistemi naturali dei terroir del caffè, migliorando allo stesso tempo le condizioni di vita delle e dei produttori nei Paesi di origine. Programma che ha un ruolo centrale nella politica di sostenibilità dell’azienda, che ha un suo perno proprio nella promozione dell’agricoltura rigenerativa, un sistema agricolo che mira a migliorare la salute e la fertilità del suolo, ridurre il biossido di carbonio dall’atmosfera e le emissioni di gas serra, proteggere la biodiversità ed aumentare la resilienza economica delle comunità (leggi L’impegno di Nespresso per una gestione responsabile della filiera del caffè).

Una celebrazione degli aromi del Brasile

Proposto in box da 50 capsule, Brazil Organic racchiude l’essenza delle ricchezze naturali del Brasile, celebrando i diversi ecosistemi, le persone e gli aromi di questa terra. I chicchi Arabica provenienti dalle pendici del Minas Gerais esaltano l’acidità di Brazil Organic, conferendogli un tocco piacevolmente fruttato, mentre quelli provenienti da Cerrado Mineiro e São Paulo esaltano i sentori di frutta secca e cioccolato, dando vita così a una miscela dal carattere equilibrato ed elegante, con note di cereali tostati e biscotto. Caratteristiche che lo rendono ideale, oltre che da proporre come espresso (40 ml) o ristretto (25 ml), anche come cappuccino, dove le sue note di vaniglia e pane tostato si sposano a meraviglia con gli aromi dolci del latte.

Brazil Organic amplia così la gamma Origins di Nespresso Professional, che comprende miscele monorigine ciascuna con un profilo aromatico che richiama il Paese di provenienza raccontando le caratteristiche del suo terroir. Una gamma che conta in totale 6 referenze, delle quali 4 certificate bio: oltre al nuovo arrivato, Peru Organic, Colombia Organic e Congo Organic.   

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La nuova era di Tassoni punta sulla mixology
Senza perdere d’occhio il suo passato, lo storico marchio italiano guarda al futuro con una linea di soft drink, un gin e un bitter dedicati alla miscelazione. E il Gin&Tonic Tassoni è protagonista del format Gin & Pasta al ristorante Daniel Canzian di Milano

Non solo cedrata. Tassoni, simbolo del made in Italy con 230 anni di storia alle spalle, punta sempre più sulla mixology. Mettendo in campo una linea di soft drink per i cocktail, un gin all’essenza di cedro Diamante creato con la consulenza del campione dello shaker Bruno Vanzan e un bitter. Così l’azienda, che ha sede sul lago di Garda e fa parte del Gruppo Lunelli, guarda al futuro e al mondo dei bar senza perdere d’occhio il suo passato.

Ottenuto da nove botaniche (oltre al cedro simbolo di Tassoni, ginepro, foglie di fico, alloro, semi di coriandolo, scorze di bergamotto, boccioli di rosa centifolia, radici di angelica e rizomi di iris), il Distilled Dry Gin Superfine Tassoni viene distillato in alambicchi in rame del 1872 che ancora oggi sono in uso in azienda. È un gin fresco e con una decisa nota agrumata, di cui lo scorso anno sono state riviste ricetta e bottiglia in occasione dei 230 anni di Tassoni e del lancio della sua «nuova era» (leggi Un francobollo celebrativo per le 230 candeline di Tassoni). Un’operazione di restyling, ispirata al concept «il lusso di osare» e all’immaginario Liberty, che ha toccato anche altri prodotti (ma non la ricetta della mitica Cedrata Tassoni).

Specialità per la miscelazione

La linea Mixability, invece, comprende Tonica Superfine, l’acqua tonica premium di casa Tassoni, Soda Water La Classica, Ginger Ale la Biologica e Ginger Beer la Biologica. Ma nulla vieta di usare in miscelazione la Cedrata, per esempio per creare l’Apertass: 5 cl di Bitter Tassoni e 10 cl di Cedrata Tassoni per un aperitivo che si propone come nuovo classico all’italiana. Mentre la tonica trova, ça va sans dire, la sua quadra ideale in abbinamento al gin. Occasione per assaggiare il Gin&Tonic di Tassoni, a base di Tonica Superfine Tassoni e Distilled Dry Gin Superfine Tassoni, sono le serate Gin & pasta ospitate dal ristorante Daniel Canzian di Milano. La prima dell’anno si è svolta il 3 aprile.

Gli abbinamento dello chef Canzian

Tre le declinazioni di pasta proposte dallo chef Canzian per accompagnare, in mini porzioni stile tapas, il Gin Tonic Tassoni. Esplosive pappardelle cacio e pepe con un twist agrumato al mandarino, bottoni ripieni di ortiche e mandorle in cui prevalgono le note amare, un maxi gnocco con il cuore di ragù di vitello (preparato con lo zenzero nel soffritto). «Mi piace l’idea di proporre per l’aperitivo, accanto al cocktail, piccoli assaggi di pasta invece dei soliti snack», racconta Canzian. «E nutrizionalmente è un altro livello». È il secondo anno che il ristorante dello chef nel cuore di Brera propone le serate Gin & pasta. Per il 2024 ce ne sono in programma quattro, in collaborazione con Tassoni.

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Donne al bancone: normalizzazione, non celebrazione

Il problema non è parlarne troppo o troppo poco: di donne al bancone di un bar si parla in modo sbagliato. I tentativi più ovvi e ormai meno brillanti (da parte di brand e professionisti stessi) sono quelli celebrativi: una spettacolarizzazione estrema, quasi, della presenza femminile nel settore, fatta di incontri densi di domande che iniziano con “tu in quanto donna”, si concentrano sulle differenze strutturali e non su quelle di trattamento, ancora evidenti e guarda caso portate avanti da “imprenditori” di vecchia generazione: bella presenza allora lavoro in sala, un mantra ancora ridicolmente difficile da estirpare.

Si isola, non si normalizza. Si separa e non si accomuna, non si include, quando a dover rilevare dovrebbe sempre essere, solo, il valore di un o una professionista. Al netto, va detto, di distinzioni che è opportuno fare, perché come si dice, “è vero che siamo tutti uguali, ma giudicare un pesce rosso dalla sua abilità di scalare un albero potrebbe non essere saggio”.

Figure storiche

Chissà se avrebbero mai parlato di “ricetta dal gusto femminile” a Marìa Dolores Boadas (1935-2017), la reìna de coctèles, protagonista di quel Boadas, il bar più antico di Spagna, oggi guidato dal genio di Simone Caporale a Barcellona. Figlia d’arte (suo padre Miguel aveva lavorato a La Floridita di Cuba al fianco di Costantino Ribalaigua), miscelatrice, autrice, oste. Di lei ha scritto lo storico francese del bar François Monti: «Da bambina, dicono, faceva i compiti al piano di sopra del locale, mentre il padre, al piano di sotto, si esibiva nell’originalissima e spettacolare tecnica di miscelazione chiamata throwing. Dopo aver lasciato la scuola, Maria si unì a lui. Dietro il bancone incontrò suo marito, e tutti e tre celebravano un rito profano per i loro parroquianos (i clienti abituali, ma anche i “parrocchiani”) di quella che chiamavano La Catedral. (…) Chiunque poteva entrare in Boadas, purché indossasse una camicia e dei pantaloni. Questo piccolo locale con pannelli in legno era e rimane un tempio del bere elegante».

Chissà se avrebbero mai chiesto di raccontare “come fa a bilanciare lavoro notturno e vita privata” ad Ada Coleman, leggendaria e longeva head bartender del Savoy Hotel di Londra, la Mecca della miscelazione classica oggi destinazione di autentici pellegrinaggi. Non è soltanto per aver posto la firma sulla ricetta dell’Hanky Panky, che “Coley” ha meritato l’ingresso nell’Olimpo dell’ospitalità, né per il suo primato di permanenza (“in quanto donna”, appunto), quanto piuttosto per la perfezione con cui guidava la squadra al bar, l’apprezzatissimo garbo a tratti salace, la cultura che condivideva con ospiti e colleghi. Improbabile abbiano mai chiesto che intenzioni avesse in merito a gravidanze future a Betsy Flanagan, personaggio tra realtà e leggenda: la locandiera statunitense che avrebbe rubato dei polli dalla fattoria accanto al suo locale, li avrebbe cucinati per i suoi ospiti e servito loro dei drink, decorati con le piume più variopinte della coda. Da lì il termine “cock’s tail”, coda di gallo.

Dare voce alla normalità

Si puntano i riflettori sulle donne al bar (magari una sola volta l’anno) per enfatizzare quanto difficile sia per loro “competere” (termine orrendo) con i colleghi uomini, finendo paradossalmente per non permettere mai un vero e proprio livellamento delle condizioni. Dare voce alla normalità è la vera sfida che nessuno sembra però coltivare. Ne hanno parlato, anzi, non ne hanno parlato egregiamente Marella Batkovic, Alice Musso e Monica Noni (assente Elisa Spinoni, comunque coinvolta nel progetto) con la moderazione di Roberta Abate, durante la terza edizione de Le Bartender, sostenuto da Campari Academy e Mr Dee Still. Enfasi sulla discriminazione serpeggiante che ancora è in voga (differenze salariali, di posizione, di visibilità, di stimolo), racconti di esperienze personali e velate denunce al sistema: ma anche discussioni sulle politiche zero waste, sulla sostenibilità, sulla rete di bartender (assente o meno?) italiana, sulla miscelazione analcolica o a bassa gradazione, sulle prospettive future del settore. Come è giusto che sia, perché è permettendo alle bartender (e non barlady!) di sentirsi parte integrante di un meccanismo, e non elementi particolari, che si potrà muovere un altro passo verso la giusta uguaglianza.

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