The World’s 50 Best Hotels: a settembre la prima classifica
Dopo i bar e i ristoranti gli Oscar della 50 Best abbracciano anche il mondo alberghiero, con la prima classifica dei migliori 50 hotel del mondo che sarà svelata il prossimo settembre

Dopo i bar e i ristoranti gli Oscar dei World’s 50 Best si estendono anche agli hotel. 50 Best, l’organizzazione che stila le classifiche annuali The World’s 50 Best Bars (leggi L’Italia e gli italiani fanno fiesta ai World’s 50 Best Bars 2022) e The World’s 50 Best Restaurants (leggi The World’s 50 Best: Riccardo Camanini all’8° posto, Alajmo al 10°) amplia il suo raggio d’azione agli alberghi, puntando i riflettori sulle realtà che offrono le migliori esperienze in tutto il mondo: il primo elenco di The World’s 50 Best Hotels sarà avelato, come già avviene per i cocktail bar e i ristoranti, durante una cerimonia di gala che si terrà il prossimo settembre.

Un’operazione con la quale mira a diventare punto di riferimento globale per l’intero ecosistema dell’ospitalità. «Negli ultimi 20 anni siamo diventati leader del mercato degli elenchi più affidabili di ristoranti e bar di massimo livello del pianeta selezionati da esperti del settore – ha spiegato Tim Brooke-Webb, managing director di 50 Best, nella nota che annuncia la nascita della nuova iniziativa -. La creazione dell’insieme di ristoranti, bar e hotel è per noi la soluzione naturale che va a chiudere il cerchio. Vogliamo creare una piattaforma per i migliori hotel al mondo e i professionisti che vi sono coinvolti, ma anche per i consumatori, aiutandoli a scegliere i luoghi migliori dove soggiornare».

L’Academy

Anche per gli hotel la classifica sarà redatta da un’apposita giuria, quella dell’Academy dei World’s 50 Best Hotels, composta da un panel di 580 esperti del settore, con un background di esperienza di almento 10 anni, tra albergatori, giornalisti e viaggiatori esperti guidati da un gruppo di Academy Chair in nove regioni del mondo: Europa; America Latina e Caraibi; Giappone e Corea del Sud; Medio Oriente e Africa; Sud-est asiatico; Cina, Hong Kong, Taiwan e Macao; Oceania; Stati Uniti e Canada; Asia meridionale.

Le votazioni

Ogni membro dell’Academy esprime 7 voti: in pratica al momento della votazione elenca i sette migliori hotel dove ha soggiornato negli ultimi 24 mesi (deve avervi passato almeno una notte) in ordine di preferenza. I giudici devono restare anonimi, in modo da ricevere lo stesso servizio che riceverebbero se fossero degli ospiti comuni, e possono votare qualsiasi tipo di struttura ritengano degna, dai grandi resort più famosi del mondo ai piccoli hotel boutique, ma non possono per alberghi verso i quali hanno qualche forma di interesse, a garanzia dell’imparzialità delle loro scelte. Inoltre, ogni anno, il 25% del panel dei grandi elettori viene rinnovato.

Ogni struttura che finirà nella classifica delle migliori 50 sarà raccontata in tutti i particolari, dai dettagli su bar e ristoranti presenti ai prezzi e al periodo ideale per visitarli per ottenere il miglior rapporto qualità-prezzo. L’obiettivo è infatti stilare un elenco autentico delle esperienze più memorabili, dare il giusto riconoscimento all’eccellenza nel settore, alle persone che vi lavorano e aiutare i consumatori a scegliere i posti migliori per soggiornare nei loro viaggi.

A questo punto non resta che aspettare settembre, quando la prima classifica dei migliori hotel del mondo 2017 sarà svelata.

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La gastrofisica spiegata dall’esperto Charles Spence
La Gastrofisica è una scienza che unisce gastronomia e psicofisica, studiando i fattori che influenzano la nostra percezione multisensoriale mentre assaggiamo cibi e bevande. Ne parliamo con l’esperto Charles Spence, professore a Oxford

 

Perché la musica classica è importante come sottofondo di una cena importante? Come mai diamo più valore a un drink se è servito in un bicchiere pesante? Perché un dolce è più goloso se di colore rosso? Quanto influisce la “rotondità” di un ambiente nel consumo di pietanze o bevande? Questi sono solo alcuni dei mille quesiti che si pone una scienza specifica, della quale il professor Charles Spence è uno dei massimi esponenti da oltre vent’anni: la gastrofisica. Le sue ricerche hanno influito nelle scelte strategiche di grandi multinazionali, sul successo dei più famosi chef e barman sperimentali e sulle esperienze di ognuno di noi, in quei locali che sono “speciali” per motivi che non sempre sappiamo spiegarci.

Il suo libro “Gastrofisica: la nuova scienza del mangiare”, scritto nel 2017 e tradotto da pochi mesi in italiano, è uno di quei volumi sostanziosi, densi di concetti, con oltre 70 pagine di note finali, che rimandano alle innumerevoli pubblicazioni che negli anni Spence ha divulgato. Ma che, nonostante tutto, scorre veloce. Lasciando il lettore con un senso di grande avidità di conoscenza e di voglia di mettere in pratica quanto ha imparato.

Togliamoci subito il dente chiedendo a Spence cos’è la “patatina sonica” e cosa c’entra con la Gastrofisica? «Nel 2008 io e Max Zampini ricevemmo il premio IgNobel per la Nutrizione, per il nostro rivoluzionario studio sulla “patatina sonica”. In pratica, scoprimmo che bastava amplificare i suoni ad alta frequenza che le persone sentono quando mordono una Pringles, per far sembrare la patatina più fresca e croccante di circa il 15% rispetto a quando gli stessi suoni venivano smorzati. Questa illusione cross-modale è importante per almeno due motivi: il primo è che dimostra che ciò che ascoltiamo influenza ciò che gustiamo. Il secondo è che lo fa anche quando siamo perfettamente consapevoli di quello che sta accadendo (nello studio la patatina veniva morsa indossando cuffie che ne amplificavano il suono). È quindi un effetto multisensoriale automatico.

Questo è uno degli studi che appartengono al campo della gastrofisica. Scienza che unisce gastronomia e psicofisica, studiando i fattori che influenzano la nostra percezione multisensoriale mentre assaggiamo cibi e bevande. Posso dire che…tutto iniziò con una patatina». Quando si inizia a parlare di gastrofisica? «Non si conosce chi abbia coniato il termine, è semplicemente diventato parte del linguaggio scientifico. Le prime pubblicazioni appartengono a Nicholas Kurti, nei primi anni ’70, poi a Peter Barham, con “la scienza in cucina”, nel 2001. Oggi è un campo di ricerca che coinvolge numerosi studiosi e crescente interesse, perché le intuizioni della gastrofisica non si limitano ai grandi ristoranti stellati, ma sono utilizzate per migliorare esperienze alimentari di ogni tipo, a casa come in aereo, in ospedale come in un bar di quartiere.

Facendo un passo indietro nel tempo – anche se nel loro caso il sapore del cibo passava in secondo piano – i primi sperimentatori furono i futuristi italiani degli anni ’30, che con il “Manifesto della cucina futurista” di Marinetti e Fillìa, misero in pratica alcune delle ricerche che il mio ed altri laboratori hanno condotto più di ottanta anni dopo.

Facevano sentire il gracchiare delle rane mentre venivano servite zampe di rana, facevano mangiare a occhi chiusi accarezzando superfici con diverse texture o illuminavano la sala con colori diversi. Tutte cose che si ritrovano in alcuni ristoranti d’avanguardia di oggi». In che modo la gastrofisica può essere applicata al mondo del bar? «Sappiamo tutti che l’esperienza in un bar non si limita al mero consumo di una bevanda che ci piace. Nel tempo che trascorriamo in un locale entrano in gioco molti fattori, che influiranno su un giudizio finale più o meno positivo. Alcuni di questi sono immediati, legati per esempio ad un sottofondo musicale inappropriato, sia come scelta che come volume.

Questi rimarranno indelebili nella nostra memoria molto più di quanto sarà il cocktail che abbiamo ordinato. Altri agiscono su di noi in maniera inconscia: non ce ne rendiamo conto ma un tavolo, un bancone, un ambiente più “rotondeggiante” rispetto a uno più spigoloso, ci fornisce un maggiore senso di rilassatezza, ci porta a trascorrere più tempo all’interno del locale, e di conseguenza a consumare di più. Il colore di ciò che viene servito, anche solo dei recipienti, ha anch’esso una sua importanza sulla percezione del gusto: uno studio che ho condotto dimostra come lo stesso caffè, bevuto in tazzine di colori diversi, risultava più o meno dolce. La tazzina bianca era associata al gusto amaro, quella rosa al dolce. Pensate a come questo può aiutare a diminuire il consumo di zuccheri per persona. Il team dell’Artesian Bar, tra il 2013 e il 2014, proponeva Above and Beyond un drink sospeso in aria. La levitazione era anche uno degli esperimenti di chef Blumenthal, che ho seguito in prima persona nel suo ristorante per rilevarne le reazioni esperienziali. Ma non occorre andare a cercare tra le stelle: la stessa catena Starbucks, che ti chiede il nome quando ordini e lo scrive sulla tua tazza di cartone, non lo fa solo per motivi legati al servizio, ma anche perché quando una cosa “porta il nostro nome”, automaticamente diamo più importanza e valore all’oggetto che abbiamo in mano. E questi sono solo alcuni tra gli innumerevoli esempi».

 

Chi è Charles Spence

Il Professor Charles Spence nel laboratorio di Scienze Sperimentali dell’Università di Oxford. Foto di Sam Frost.

Psicologo sperimentale, professore presso l’università di Oxford. A capo del laboratorio di ricerca cross-modale, nel quale si ricercano l’integrazione delle informazioni attraverso differenti modalità sensoriali. La sua esperienza come gastrofisico lo ha portato ad essere consulente per diverse multinazionali quali Diageo, Pepsi o Unilever, oltre che di numerosi chef stellati (uno fra tutti, Heston Blumental, del Fat Duck) e barman di tutti il mondo. Ha pubblicato nel 2017 “Gastrofisica: la nuova scienza del mangiare”

Above and Beyond – Artesian Bar 2013-14

Il team dell’Artesian Bar di Londra, tra il 2013 e il 2014, proponeva Above and Beyond un drink sospeso in aria. La levitazione era anche uno degli esperimenti di chef Blumenthal, che Spence ha seguito in prima persona nel suo ristorante per rilevarne le reazioni esperienziali.

 

Starbucks

Quando una cosa “porta il nostro nome”, come una mug di Starbucks, automaticamente diamo più importanza e valore all’oggetto che abbiamo in mano

Manifesto Cucina Futurista

Dice il professore Spence: «I primi sperimentatori furono i futuristi italiani degli anni Trenta, che con il “Manifesto della cucina futurista” di Marinetti e Fillìa, misero in pratica alcune delle ricerche che il mio ed altri laboratori hanno condotto più di ottanta anni dopo»

 

Basta amplificare i suoni ad alta frequenza che le persone sentono quando mordono una Pringles per far sembrare la patatina più fresca e croccante. Lo dice la Gastrofisica di Charles Spence

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Victoria Arduino a Dubai tra competizioni e roaster
Eagle One e Mythos sono le macchine del Uae Barista Championship. La piccola professionale E1 Prima a fianco dei torrefattori.

Si è aperto per proseguire fino al 13 gennaio il World of Coffee presso il Dubai World Trade Centre. Al suo interno Victoria Arduino è sponsor ufficiale di Uae Barista Championship e del Roster Village ed è presente in vari stage per mostrare e offrire la possibilità di testare le ultime innovazioni per l’estrazione, la macinatura del caffè e la produzione di vapore di qualità, con macchine che da sempre si distinguono per il loro design.

Le apparecchiature in pedana a disposizione dei baristi in gara per rappresentare gli Emirati Arabi al World Barista Championship in programma ad Atene dal 22 al 24 giugno prossimo sono la macchina espresso Eagle One e il macinacaffè Mythos MY75. La prima si caratterizza per la nuova tecnologia Neo che garantisce alte prestazioni e consumi ridotti; Mythos assicura controllo e precisione del macinato.

Nell’area Roaster Village sono oltre 40 le macchine espresso a un gruppo E1 Prima a permettere ad altrettanti torrefattori eccellenti estrazioni ai visitatori nel corso del principale evento per il settore del caffè del Medio Oriente. Con questa piccola professionale ogni operatore può mettere a punto la ricetta che valorizza i flavour del suo caffè e condividerla tramite app con i suoi clienti per migliorare l’esperienza sensoriale nei coffee shop come a casa e in tutte le location in cui è presente un coffee corner.

L’esperienza offerta dalla competizione baristi e dall’assaggio dei caffè specialty dei diversi roaster si completa con le attività proposte nello stand Z5-F60 di Victoria Arduino.

Ogni giorno dalle 11.30 alle 12 è in programma una presentazione PureBrew Coffee e Tea con Matteo D’Ottavio, UK Brewers Cup 2020 champion.

Dalle 13.30 alle 14 un approfondimento sul montaggio di latte e bevande vegetali con la tecnologia Easycream di Eagle One con Damian Burgess di Alpro.

Dalle 15 alle 16 è il momento del PureBrew Happy Hour, con diversi cocktail a base di PureBrew preparati da Vittorio Agosti, brand ambassador Fabbri 1905.

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