Locali: la dimensione domestica guida il cambiamento dei consumi
L’edizione 2022 di Shopping Map ha evidenziato come la dimensione domestica negli ultimi anni abbia assunto un ruolo centrale nel definire i nuovi trend sociali di consumo. Una realtà con la quale il mondo del fuoricasa deve fare i conti per progettare nuove esperienze in linea con le esigenze dei consumatori

Quali le principali direttrici che guidano il cambiamento delle abitudini di consumo? E quali le ripercussioni di tale trasformazione sul comparto del fuoricasa? Questi i grandi temi al centro dell’edizione 2022 di Shopping Map, il convegno organizzato da Marketing & Trade (M&T), laboratorio milanese di idee strategiche e di soluzioni operative per retailer, brand e start up, in collaborazione con il Master in Design strategico del Politecnico di Milano e con Bargiornale, con l’obiettivo di disegnare un quadro aggiornato della nuova shopping experience e offrire agli operatori del settore, dai gestori dei locali al mondo del food retail, dalle aziende produttrici ai progettisti, gli strumenti per “leggere” la realtà che ci circonda.

A riflettere su tali questioni un parterre di esperti moderati da Rossella De Stefano, direttrice di Bargiornale: Cabirio Cautela, ceo POLI.design, Daniela Ostidich, ceo di Marketing&Trade, e Francesco Zurlo, preside della Scuola di Design Politecnico di Milano. Ad arricchire il dibattito hanno contribuito poi le testimonianze di figure di primo piano del mondo dei locali e delle aziende, quali  Chiara Bergonzi, ambassador Alpro, Donato Turba, titolare dell’Antica Macelleria Turba, Nicolò Fanzago, head of product & design di Arper, Giulio Bertolo, ceo di Elite, Gabriele e Davide Adriano, fondatori di Adriano Design, Elisabetta Salvadori, marketing director ventures di KellyDeli, Marco Pedron, pastry chef del Ristorante Cracco di Milano.

La dimensione domestica motore del cambiamento

A Daniela Ostidich abbiamo chiesto di riassumere i principali elementi emersi dalla discussione. «L’aspetto, confermato da tutti gli indicatori, è il ruolo centrale assunto dalla dimensione domestica nel dettare le nuove tendenze di consumo e dell’esperienzialità. Complice la pandemia, che ha cambiato le abitudini di vita e di lavoro, le persone hanno scoperto il valore della casa come spazio dove poter fare esperienze di consumo gratificanti, prima possibili solo in un locale, in più con tutto il plus che l’ambiente domestico garantisce, in termini di comfort, benessere, assenza di stress, aspetti che hanno assunto un valore prioritario per le persone».

A tale cambiamento ha dato un forte contributo la disponibilità di nuovi prodotti e servizi, che hanno decisamente elevato la qualità di ciò che è possibile concedersi tra le mura domestiche. Basti pensare alla diffusione di servizi come il delivery e l’asporto o alla facilità con la quale è possibile acquistare materie prime pregiate da preparare a casa con attrezzature semiprofessionali o professionali ora in vendita anche per il consumatore domestico. «A sottolinearlo anche una recente indagine di mercato che ha evidenziato come circa un italiano su cinque abbia nella propria cucina qualcosa che può essere definito come coffee station, che può essere una classica macchina per caffè in cialde o in capsule o anche una macchina professionale monobraccio – racconta Ostidich –. Aspetti che in definitiva aumentano il livello qualitativo dell’esperienza food & beverage che si può avere a casa, che non è più un’esperienza di “serie B”». Del resto, anche l’emergere di una proposta sempre più ricca e interessante di cocktail ready to drink va in questa direzione, portando dentro le case l’esperienza della miscelazione che fino a qualche tempo fa era possibile vivere solo nei cocktail bar.

Le contaminazioni tra i due mondi

Un tale mutamento di prospettiva negli occhi del consumatore va a ripercuotersi anche sul mercato del fuoricasa. «Sarebbe però un errore considerare il domestico e il fuoricasa come mondi contrapposti – precisa Ostidich. Certo il mercato sta penalizzando quei locali che non riescono a esprimere un particolare valore differenziante, ma tra i due mondi c’è un legame stretto fatto di scambi continui e di contaminazioni. Per esempio, proprio nel corso del congresso Marco Pedron, pastry chef del Ristorante Cracco di Milano, ha raccontato come nell’ultimo periodo circa il 20% delle vendite di brioche del Caffè Cracco siano da asporto. Di contro, nel menu per la colazione del Marchesi 1824, sempre in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, è stato inserito un superclassico della colazione casalinga: pane, burro e marmellata. Questo significa che i locali su questo scambio devono lavorare, e su più piani, per modulare esperienze vincenti».

Il benessere al centro dell’esperienza

L’aspetto dal quale partire è avere ben presente l’importanza che la domanda di benessere individuale ha assunto per i consumatori e che deve essere anche al centro delle preoccupazioni di chi progetta e gestisce il locale. «Benessere individuale fatto di spazi confortevoli, di tempi rilassati, di scelte personalizzate, quindi tutto ciò che è standardizzato, stressante, complicato non funziona più – spiega la ceo di Marketing&Trade -. I locali che non rispondono a queste domande sono fuori mercato. Domande che coinvolgono tutta una serie di aspetti, come la facilità di prenotare, la comodità dei tavoli, la tranquillità dell’ambiente, la cortesia nei riguardi dell’ospite».

Il discorso del benessere, dello stare bene, dal piano dell’ambiente si declina anche su quello dell’offerta di prodotti. «L’effetto Wow non è più vincente, perché i consumatori sono sempre più attenti alla sostanza della proposta, all’autenticità di gusti e sapori e alle cose fatte bene. Anche in questo caso ciò che si chiede è un’esperienza vera».

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Arabia ed Emirati Arabi trainano la crescita in Medio Oriente
La ricerca Project Café Middle East 2023 di Allegra mostra un mercato in crescita e un aumento di appassionati di caffè di qualità tra i consumatori

Il report East Asia del del World Coffee Portal’s di Allegra lo scorso anno ha registrato un rallentamento del mercato che è stato rapidamente superato, come emerge dalla nuova ricerca Project Café Middle East 2023 che fa il punto su 21 Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa: Algeria, Iran, Kuwait, Oman, Siria, Bahrain, Iraq, Libano, Stato Palestinese, Tunisia, Gibuti, Israele, Libia, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania , Marocco, Arabia Saudita, Yemen.

Nella sua globalità il mercato è cresciuto del 10,5% negli ultimi 12 mesi per raggiungere 8.874 punti vendita; tra i Paesi considerati, 12 hanno visto aumentare il numero dei punti vendita – ai primi posti si posizionano Marocco (20,8%), Arabia Saudita (18,5), e Iraq (16,7) -, dove i primi 20 operatori del mondo rappresentano il 60% del mercato totale delle caffetterie a marchio.

Queste ultime sono in crescita in tutto il Medio Oriente e soprattutto nell’Arabia Saudita e negli Emirati Arabi, diventati centri chiave per la crescita e l’innovazione grazie a numerosi operatori premium che contribuiscono ad alzare il livello di qualità del prodotto e del servizio.

Soprattutto i giovani, più inclini ad utilizzare le nuove tecnologie, si rivolgono al take away con apposite app e al drive-thru, con il 30% degli operatori che identifica in ciò una tendenza chiave per il futuro.

«Il Medio Oriente è diventato un vero e proprio punto caldo di attività per l’industria globale delle caffetterie, in particolare in Arabia Saudita, dove un’economia forte sostenuta da alti prezzi petrolchimici e riforme sociali sta consentendo all’industria del caffè di crescere. Prevediamo questo trend continuerà nei prossimi tre-cinque anni, poiché i consumatori del Medio Oriente si basano su una cultura del consumo di caffè intrinsecamente forte per abbracciare un vivace mercato di marchi internazionali e di operatori nazionali emergenti», ha affermato il fondatore e Ceo di Allegra Group Jeffrey Young.

In effetti, i forti investimenti del governo, la liberalizzazione economica e le riforme sociali stanno generando enormi opportunità per le catene di caffè nazionali e internazionali in Arabia Saudita. Spinto da una delle economie sviluppate in più rapida crescita al mondo, il mercato delle caffetterie di marca è cresciuto del 18,5% negli ultimi 12 mesi per raggiungere 3.556 punti vendita, di gran lunga il più grande del Medio Oriente. Le catene internazionali di caffè, tra cui Starbucks, Dunkin’, Costa Coffee e Tim Hortons, continuano a sfruttare la forte domanda di esperienze nei coffee shop.

Specialty alla ribalta. Gli operatori indipendenti e di medie dimensioni traggono impulso dal momento positivo per gli specialty coffee: in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi il 76% degli intervistati ha consumato un caffè indipendente negli ultimi 12 mesi e il 74% afferma che la propria esperienza di caffetteria è migliorata negli ultimi 12 mesi. Quasi un quarto dei leader di settore in Medio Oriente identifica nell’appassionato e nell’intenditore di caffè una tendenza chiave per i prossimi anni.

Per quanto riguarda le catene, World Coffee Portal prevede che il mercato raggiungerà 11.840 punti vendita nel 2027, rappresentando una crescita quinquennale del 5,9% CAGR .Il segmento incentrato sul caffè crescerà del 6,5% CAGR nei prossimi cinque anni per superare i 9.190 punti vendita, mentre quello incentrato sul cibo dovrebbe crescere al 4,2% CAGR per superare i 2.640 punti vendita.

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Luca Bruni vince la Do it Dry! The Pierre Ferrand Dry Curaçao Competition con il Mai Tai di sintesi
Il bartender del Tukana di Rieti vince la cocktail competition firmata Pierre Ferrand Dry Curaçao, per questa seconda edizione giocata sul tema il classico del futuro

Si è svolta ieri al Velluto Botanique Eclectique di Bologna la finale della seconda edizione di Do it Dry! The Pierre Ferrand Dry Curaçao Competition, il cocktail contest organizzato da Compagnia dei Caraibi in collaborazione con Maison Ferrand. Dietro il banco del famoso locale bolognese, diretto da Enrico Scarzella, si sono alternati 6 finalisti: Giovanni Maffeo (Quanto Basta, Lecce), Dario Baturi (Ronin, Milano), Luca Bruni (Tukana, Rieti), Nicolas Di Maria (Caffè Concerto Paszkowski, Firenze), Marco Favretto (Il Mercante, Venezia) e Mattia Lotti (Freestyle Cocktail Bar, Scandiano).

Al termine di una sfida di altissimo profilo ha trionfato Luca Bruni con Synth Mai Tai. Bruni vince un viaggio alla scoperta della distilleria di Maison Ferrand nel suggestivo Château de Bonbonnet, nella regione del Cognac, in Francia.
A decretare la vittoria del bartender del Tukana, una giuria composta da Francesco Pirineo, advocacy manager di Compagnia dei Caraibi, Enrico Scarzella, bar manager di Velluto, Stefano Nincevich di BargiornaleVito Nicotra, bar manager del Truffle Pig di Berlino.

Quattro i criteri di giudizio: bilanciamento degli ingredienti, originalità, presentazione, attinenza con il tema della gara “il classico nel futuro”. Tema che si è prestato a due tipi di declinazioni da parte dei bartender. C’è chi ha ideato cocktail originali pensati per assumere lo status di classico nei prossimi anni, e chi, partendo da un classico della miscelazione, ha creato un twist on classic con l’ambizione di ottenere la stessa gloria dell’originale.

Il futuro del Tiki secondo Bruni

Quelle che seguono nel prossimo paragrafo sono state le parole del vincitore, capace col suo Synth Mai Tai di creare un varco spazio-temporale. Un passaggio tra l’immaginario dei pionieri e il futuro prossimo del genere Tiki. Tra l’universo che fu di Trader Vic e Don The Beachcomber e la generazione Z. Si dice che il primo senso con cui si apprezza un drink o un piatto sia la vista. Ma la “vista” oggi non è più (o non è solo) quella degli occhi, ma è anche quella dell’occhio della camera che immortala il drink e lo fa surfare nel mare di Instagram.
Apriamo il microfono a Luca Bruni: «Ogni classico segna un’epoca, ma se non sa evolversi rischia l’estinzione. Un classico che ha invece il coraggio di mutare e di plasmarsi diventa eterno e rimane cristallizzato nel tempo come i ghiacciai millenari. In un mondo sempre più frenetico e caotico, il Classico del Futuro per me è un drink semplice, facile e veloce da replicare, ma che al tempo stesso riesce a preservare la propria identità. Per esaltare al meglio il profilo aromatico di Pierre Ferrand Dry Curaçao, sono partito dall’idea di un Mai Tai. L’ho scomposto e ne ho sintetizzato (da qui “synth”) le caratteristiche fondamentali, mantenendo un design pulito ed essenziale. Per farlo ho eliminato tutte le parti organiche e quindi fermentescibili, riducendo sia i costi sia gli sprechi, rendendo il drink potenzialmente pre-assemblabile e con una “shelf life eterna”.

La ricetta prevede 30 ml di Pierre Ferrand Dry Curaçao, liquore dal basso contenuto di zuccheri, che ha quel “kick” e gli spigoli tipici di un distillato. Nel drink uso anche 15 ml di Plantation Xaymaca Special Dry. Un ingrediente che uso per un doppio scopo: da una parte perché esalta i sentori speziati di arancia amara presenti in Dry Curaçao, dall’altra perché non può esistere un Mai Tai senza rum giamaicano. Il mio Synth Cordial va a sostituire i due ingredienti organici di un classico Mai Tai: lime e orzata.
L’ho realizzato sciogliendo in acqua acido citrico, malico, olio essenziale di lime, zucchero, aroma di mandorla, acqua di fiori d’arancio e gomma xantana. Il tutto allo scopo di replicare la consistenza plastica e lattiginosa di un’orzata. Per quanto riguarda la garnish, ho sostituito anche il classico ciuffettino di menta con un profumo di menta che ha ricopre la stessa funzione. L’ho creato su una base di Plantat.

La serata ha auto un epilogo di successo grazie alla special guest shift di Vito Nicotra che ha presentato alcuni pezzi forti del Tuffle Pig di Berlino (le ricette in fondo all’articolo).

Le ricette dei finalisti di Do it Dry!

Synth Mai Tai di Luca Bruni
Ingredienti:
30 ml Pierre Ferrand Dry Curação, 15 ml Plantation Xaymaca, *50 ml Synth Cordial
*Synth Cordial: acqua, aroma di lime, acido citrico, acido malico, aroma di mandorla, idrolato di fiori d’arancio, zucchero, gomma Xantana
Preparazione:
stir

E5 di Giovanni Maffeo
Ingredienti:
30 ml Dry Curacao Pierre Ferrand, 50 ml Cordiale Senza Piombo*
* Cordiale Senza Piombo. Ingredienti: 6 g spirulina, 15 ml fake lemon, 15 ml Apricot brandy, 15 ml Plantation Xamayca, 10 ml latte di mandorla
Preparazione:
shake & double strain

Leon di Dario Baturi
Ingredienti:
2 cl Pierre Ferrand Dry Curacao, 2 cl Bitter Rouge, 3 cl Citadelle Jardin d’eté, 4 cl Sake Honjoso ai fiori di hibiscus*, 1 cl distillato di lamponi homemade**, 2 dashes Bitter Chocolate 2 dashes
*Sake ai fiori di Hibiscus: infusione per 24h di sake honjozo e karkadè.
**Distillato di lamponi: distillato con girovap a 58 °C di vodka e lamponi 500 g per 500 g, frullati e ridistillati.

Tour de France di Mattia Lotti
Ingredienti:
6 cl Chablis, 2,25 cl Belle de Brillet Liqueur Poire & Cognac, 2,25 cl Pierre Ferrand Dry Curaçao, 0,75 cl miele millefiori acidificato*, 3 dashes Peychaud’s Bitter 3 dashes, Assenzio Spary (per profumare la coppa internamente)
*Miele Millefiori acidificato: soluzione di miele ed acqua 3:1 più aggiunta di acido citrico
Preparazione:
stir
Guarnizione:
zest di limone e scartare

Ace of Earth di Marco Favretto
Ingredienti:
20 ml Dry Curaçao, 40 ml Plantation Panama, 45 ml cordiale limone e carota homemade
Preparazione:
stir
Guarnizione:
sale di Cime di Carota sul bordo

Car Radio di Nicolas Di Maria
Ingredienti:
30 ml Dry Curaçao Pierre Ferrand, 60 ml Trip Cordial*,
*Trip Cordial: cordiale con bucce di lime, farina di semi di vinacce e cognac
Preparazione:
stir
Side:
Alkekengi al Sidecar e crostino di fegatini toscani

Le ricette di Vito Nicotra

Tuffle Sidecar
Ingredienti:
Pierre Ferrand Dry Curaçao, Pierre Ferrand Cognac 1840, tartufo, limone
Guarnizione:
scorzetta di limone
Preparazione:
shake & double strain
Bicchiere:
coppetta

Belle Époque
Ingredienti:
Pierre Ferrand Dry Curaçao, Pierre Ferrand Cognac 1840, Verjus, assenzio, spumante, dry tonic water
Guarnizione:
acino d’uva
Preparazione:
stir
Bicchiere:
highball

Kung-Fu Pandan
Ingredienti:
Pierre Ferrand Dry Curaçao, Plantation 3 Stars, pandan, lime, soda
Guarnizione:
scorzetta d’arancia
Preparazione:
shake & double strain
Bicchiere:
highball

 

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Da Mumac tre borse di studio per gli operatori del service
Corsi dedicati a sostenibilità, superautomatiche e tostatura promossi da Gruppo Cimbali nell’Ambito del Coffee Technicians Guild Summit

Il technical service è sempre più un tassello fondamentale nella definizione degli standard di qualità di numerose aziende e dei loro prodotti, e svolge un ruolo cruciale nel post vendita. Consapevole di ciò, Gruppo Cimbali ha ospitato nel maggio 2019 il Coffee Technician Guild Summit. In occasione del ritorno di questo importante incontro in Italia, il 29 e 30 novembre presso Accademia del Caffè Espresso, Gruppo Cimbali lancia un’iniziativa dedicata al futuro e alla cultura del caffè, promuovendo tre borse di studio dedicate agli operatori del settore che lavorano nell’ambito del service e della manutenzione.

Gli interessati (le modalità saranno rese note a breve) possono iscriversi fino al 31 dicembre; i vincitori saranno annunciati durante il World of Coffee di Dubai (11-13 gennaio 2023) e riceveranno un contributo finanziario per coprire le spese e i costi di viaggio.

I tre tecnici potranno partecipare gratuitamente a un corso di tre giorni in cui verranno affrontati temi sulla sostenibilità, sulle macchine superautomatiche e sulla macinatura presso Mumac Academy, l’hub dedicato alla formazione di Binasco, alle porte di Milano.

Chi produce macchine da caffè e macinacaffè ha un ruolo ben preciso nella parte finale della lunga filiera del caffè: «Rappresentiamo l’ultimo ma fondamentale passaggio: il nostro compito è macinare i chicchi tostati e trasformarli in bevanda – afferma Edgardo Ferrero, group service director di Gruppo Cimbali -. Il nostro ruolo è quello di produrre le migliori macchine e garantire una bevanda di altissima qualità in grado di valorizzare le caratteristiche organolettiche e di tostatura del caffè. Sentiamo la responsabilità di proteggere e tutelare il lavoro che ha portato questi chicchi fino a noi e da noi al cliente. Diffondere la cultura della sostenibilità e del caffè fa parte di un percorso che coinvolge tutti gli attori di questa lunga filiera; i tecnici che si occupano dell’installazione e della manutenzione delle macchine sono estremamente importanti e hanno la responsabilità di contribuire alla tutela e alla valorizzazione del caffè e della sua filiera».

Il corso Sca Coffee Sustainability sarà tenuto da Angelo Sportelli, coffee specialist di Mumac Academy e primo trainer in Italia certificato da Sca per svolgere questa formazione.  Il programma di formazione si basa su un principio preciso: tutti gli operatori di settore devono adottare un approccio sostenibile per consentire al mercato del caffè specialty di sopravvivere ed espandersi.

Ed è importante che questa sensibilità sia fatta propria dai tecnici, che sempre più devono unire alle competenze elettrotecniche, idrauliche e meccaniche, conoscenze del settore che ne fanno un consulente a tutto tondo che dialoga con il barista e collabora con lui al fine di ottenere il migliore risultato in tazza, spaziando dalle classiche miscele alle singole origini, fino agli specialty coffee.

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Santo Trastevere: entro Natale la nuova release di gin Spirito Santo
Oltre 100 gin nella carta della gintoneria romana di Daniele Fadda. Tra questi due etichette signature realizzate dai bartender del locale e ribattezzate Spirito Santo

Puntare tutto sul gin. È questo che hanno fatto i ragazzi di Santo Trastevere, indirizzo romano collocato in una zona meno turistica del quartiere, che si è accreditato come gintoneria. La prima di Roma, dicono, anche se non dimentichiamo che i veri apripista erano stati quelli del The Gin Corner (che si spera torni sulla scena entro il prossimo anno). Intanto di sicuro i gin lover romani non sono stati all’asciutto, visto che Daniele Fadda, patron di Santo Trastevere, ha messo su una bella collezione di distillati di ginepro.

Mood da street bar, ottima cucina e tanto gin

Oltre cento le etichette in bottigliera, in bella vista all’entrata a dominare il bancone. Una ex carrozzeria con una vetrata che fa cambiare completamente l’atmosfera in base all’ora in cui ci si trova. Incastonato in una piazzetta giustamente defilata dalla movida trasteverina, Santo vanta una zona giardino (un unicum a Trastevere), mentre all’interno il mood è da street bar con neon alle pareti e grande attenzione alla parte visual. Impossibile non fare qualche foto per Instagram, mentre intanto si sceglie il proprio Gin Tonic (o altro drink, naturalmente, ma qui come si è detto i gin lover trovano cocktail per i loro palati).

Nota di merito anche per la cucina, che propone piatti non banali e ben coordinati con l’atmosfera. Inoltre c’è la possibilità di richiedere un percorso di pairing cibo-cocktail, nonché delle degustazioni di più Gin Tonic in formato mini. Last but not least, l’ampia varietà di etichette del distillato di ginepro ha attirato il favore di Schweppes che ha scelto Santo Trastevere come locale partner.

Due nuove etichette signature

Particolarmente interessante la grafica del menù dei gin, strutturato in maniera chiara e immediata: le etichette sono suddivise per nazione (Italia, Inghilterra, Spagna, Francia, Scozia, Germania, Olanda, Belgio, America e Giappone) e i gin sono classificati con dei simboli, che ne definiscono il profilo, distinguendo fra balsamico, fruttato, agrumato, floreale e secco.

Novità più recente, due etichette signature realizzate dai bartender del locale, provocatoriamente ribattezzate Spirito Santo. La seconda release è prevista in tempo per il prossimo Natale e già si preannuncia come ottimo regalo per le festività. Prodotto in Umbria da Italiana Liquori, un liquorificio con oltre 40 anni d’esperienza, il gin di Santo è un compound, base neutra su cui si è potuta scatenare la fantasia dei bartender, che hanno elaborato e bilanciato le ricette.

Tra omaggi alla romanità e sapori natalizi

Nella prima release, un omaggio alla romanità con rosmarino e mentuccia romana, botanical più balsamici e mediterranei che vanno a unirsi al ginepro, riequilibrati da una parte fruttata più esotica, data dal mango. La seconda versione, oltre all’immancabile ginepro, vede una spinta agrumata data da pompelmo e limone, con una parte speziata di coriandolo e cannella, a dare la componente “natalizia”. E se è vero che un’etichetta accattivante fa la metà del successo di una bottiglia, quelle di Santo Trastevere sicuramente vanno nella direzione giusta, con un nome divertente e una grafica spiritosa.

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Daniele Dalla Pola fa il bis a Miami con il Kaona Room, metà speakeasy, metà tiki lounge
Dopo il successo di Esotico Miami, la cintura nera del Tiki, mette la sua firma sul raffinato Kaona Room. Con lui il brillante bar manager Elis Carriero. Il menu è un omaggio ai grandi classici della Tiki Old School, ma comprende anche qualche jolly come il Mai Tai affinato artificialmente col sonicatore e lo Zombie chiarificato e fantasma

Nel cuore dell’Arts & Entertainment District di Miami apre Kaona Room. Potremmo definirlo un locale col teletrasporto. Perché, nelle sue intenzioni, c’è quella di prendere per mano il suo pubblico e portarlo in fuga, almeno per un paio d’ore, verso paradisi esotici. Si tratta di un bel concentrato di escapismo e creatività̀ dietro il quale c’è lo zampino di Daniele Dalla Pola, in arte DDP, alfiere da oltre un decennio della cultura Tiki. Dopo il successo dell’Esotico Miami, il noto bartender italiano dà vita a un nuovo progetto, nato in collaborazione con Graspa Group, che mescola negli stili d’arredo l’atmosfera calda degli speak-easy con il gusto eccentrico dei faux-polynesian. Il design è stato curato dallo stesso Dalla Pola che ha inserito all’interno degli spazi alcuni pezzi rari della sua collezione Tiki. Con lui ha collaborato un gruppo di artisti. In particolare Paul “Tiki” Campese, maestro italiano di sculture Tiki in legno. Campese ha intagliato il fronte del banco del locale, oltre a realizzare alcune bellissime maschere ispirate alle divinità polinesiane.

Un viaggio nel tempo e nello spazio

Kaona, che in hawaiiano equivale a “qualcosa di nascosto”, permette di far viaggiare nel tempo e nello spazio solo 45 passeggeri alla volta. Nel locale si intrecciano elementi polinesiani tradizionali e musica jazz. «La nostra idea – racconta Dalla Pola – è quella di far risuonare nel locale le stesse note e vibrazioni che furono dei tempi dei pionieri e dei primi Tiki restaurant. Mi riferisco a personaggi come Don the Beachcomber o Trader Vic, che costruirono il loro impero tra gli anni Trenta e Quaranta. Esattamente nello stesso periodo in cui il pubblico ballava e impazziva sulle note dello swing, del lindy hop e delle big band di Duke Ellington e Count Basie». Praticamente un twist (o meglio un jazz) on classic.

Menu Tiki “old school” con qualche sorpresa

Oltre all’intrattenimento notturno, Kaona Room è caratterizzato dalla grande specialità della casa: i cocktail. Al banco troviamo il bar manager Elis Carriero, compagno d’avventura da anni di DDP. Con lui aveva iniziato al Nu Lounge di Bologna per poi viaggiare, questa volta non in senso figurato, verso la Florida. Il menu del Kaona Room è quello che ci aspetta da un locale del genere. Al suo interno raccoglie un’ampia selezione di etichette di rum, piccoli assaggi di cucina teletrasportata dai Mari del Sud e una galleria di drink classici. La descrizione del menu la lasciamo al dynamic duo Carriero-Dalla Pola: «A differenza di Esotico che ha una cocktail list tropicale con qualche influenza Tiki, per Kaona abbiamo pensato a un menu Tiki che definiremmo “old school”, fedele alla tradizione. Ci sono i classici Tiki come il Mai Tai, il Suffering Bastard o il Lychee-Nut Daiquiri. Ovviamente abbiamo inserito anche qualche sorpresa. Come lo Zombie Ghost (Zombie preparato con 4 rum e chiarificato) o il Mai Tai affinato tramite metodo di sonicazione. Il processo di sonicazione consente, in pratica, di accelerare artificialmente, grazie alle onde acustiche, il processo di invecchiamento. Tradotto il Mai Tai può essere fatto maturare in tempi ultrasonici dai 15 anni ai 30 minuti». In bottigliera tanto, tanto rum: per l’esattezza 489 etichette. Ma non manca una bella proposta agave-based. In casa ci sono una ventina di Tequila oltre a 12 mezcal. E che l’orchestra inizi a suonare!

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Le bevande all’avena Oatly arrivano in Italia
Il brand svedese propone una serie di prodotti, tra cui una bevanda cremosa e adatta ad essere montata, pensata per i baristi.

I prodotti a base vegetale sono sempre più ricercati nel mondo e in Italia, trainati da chi segue una dieta vegetariana o vegana, o la nuova tendenza dei flexitariani, ovvero di chi, pur mangiando di tutto, predilige un’alimentazione plant based.

Dati Iri 2022 mostrano che il consumo di questi prodotti è in continua crescita e lo scorso anno ha registrato un +9,9%, trend confermato anche nei primi sei mesi del 2022 (+0,7%) e ha raggiunto circa 22 milioni di consumatori. All’interno di questo insieme di prodotti le bevande vegetali registrano un +9,6% , confermando il trend positivo già registrato lo scorso anno. In particolare, sempre secondo i dati Iri, le bevande all’avena sono quelle che stanno crescendo più rapidamente (+39,9%).

Il motivo del loro successo viene individuato principalmente nel gusto neutro, diverso dalla dolcezza del riso o dal gusto spiccato della mandorla. Il barista trova in esse un prodotto che ben si presta alla realizzazione di creme per sormontare cappuccini, realizzare latti macchiati; per questo sempre più spesso lo si trova al banco bar accanto o in alternativa al latte di soia.

Tutte queste caratteristiche si ritrovano nella gamma di prodotti Oatly, brand svedese di drink vegetali che ha fatto da poco il suo ingresso in Italia distribuito da Eurofood.

La gamma disponibile in Italia comprende

Oat Drink Barista Edition – cremoso e adatto a essere montato, è appositamente formulato per accompagnare il caffè, dunque è la scelta migliore per preparare un cappuccino d’avena da manuale;

Oat Drink, è versatile quanto il latte vaccino, e può essere utilizzato da bere fresco, oppure scaldato o ancora per cucinare gustose ricette. Ideale per l’uso quotidiano dal giusto apporto di proteine, carboidrati, fibre e grassi sani, arricchito con Vitamina D, Vitamina B12 e Calcio.

Oat Drink Organic è composto di soli acqua, avena biologica e un po’ di sale marino per insaporire: unisce gusto e semplicità.

Oat Drink Chocolate è una bevanda di avena al cioccolato che fornisce il giusto apporto di proteine, carboidrati, fibre e grassi sani.

«Siamo molto contenti di poter offrire la nostra gamma di bevande d’avena anche in Italia – dichiara Jens Sintéus, sales manager export -. Il nostro obiettivo è quello di creare prodotti che abbiano il massimo valore nutrizionale e il minimo impatto ambientale. Ci auguriamo che in futuro il maggior numero possibile di persone possa abbracciare la filosofia plant-based e passare dai prodotti lattiero-caseari a quelli vegetali».

Oatly ha sede a Malmö, in Svezia e da oltre 25 anni sviluppa le proprie competenze relative all’avena; i suoi prodotti sono disponibili in più di 20 Paesi nel mondo.

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Antonio Ferrara dell’Aman Venice si aggiudica 110 e Lode. Assegnati 21 Order of Merit
La sesta edizione della competition ideata da Danilo Bellucci e riservata ai bartender di grandi hotel è andata in scena a Rapallo. Preceduta, il giorno prima, dalla consegna delle onoreficienze che celebrano il merito professionale nel mondo bar

Si è svolta all’Excelsior Palace Hotel Rapallo, sulla Costa di Portofino, la sesta edizione di 110 e Lode, il concorso riservato ai bartender degli hotel 5 stelle d’Italia. Organizzata da Danilo Bellucci, che ne l’ideatore, insieme a Francesco Cione, la gara è stata preceduta, il giorno prima, dalla cerimonia di premiazione di Order of Merit, onorificenza creata sempre da Bellucci per celebrare il merito professionale nel mondo bar. 21 in totale le personalità insignite dell’onoreficenza, tra le quali Peter Dorelli, che è stato head barman e bar manager dal 1984 al 2003 dell’American Bar al Savoy di Londra, Salvatore The Maestro Calabrese (Donovan Bar e Velvet di Londra), Lucio D’Orsi (Dry Martini Sorrento), Tiziana Borreani (The Balance Savona), la barlady Erica Rossi e Paola Mencarelli, ideatrice delle Florence, Venice e Cortina Cocktail Week.

Classe e stile il tema della sfida

Tornando al concorso, 39 i bartender in gara, provenienti dai più rinomati luxury hotel della Penisola, come Mandarin Oriental, Four Seasons, St Regis, Venice Simplon Orient Express e La Perla Corvara, a sfidarsi sul tema scelto per questa edizione: Classe e Stile.

A ogni concorrente è stato chiesto di ideare una ricetta originale di cocktail intorno a un ingrediente che il drink doveva esaltare al meglio. Una sfida avvincente che ha evidenziato una volta in più perché i nostri bartender siano così richiesti a livello internazionale: per la innata e calorosa ospitalità e l’impareggiabile eleganza.

A giudicarli una giuria composta da Giorgio Fadda, presidente dell’International Bartenders Association (Iba), Rama Redzepi del Grand Hotel Fasano e campione in carica di 110 e Lode (leggi Rama Redzepi laureato a Stresa con 110 e Lode), e Ilaria Legato, brand designer per ristoranti e bar.

Vince Ferrara con il suo Count Martini

Ad aggiudicarsi la gara è stato Antonio Ferrara dell’Aman Venice con il suo Count Martini, cocktail che ha come protagonista il gin Bull Dog e le sue botaniche asiatiche. Cocktail che Ferrara ha creato miscelando 60 ml di gin con 20 ml di vermouth Cinzano 1757 Extra Dry e 15 ml di una tintura homemade di menta e finocchio, dando così vita a un’originale versione insieme semplice e sofisticata del Martini Cocktail. Ferrara ha filtrato il suo drink in un’elegante coppetta Nick and Nora guarnita con una foglia d’oro commestibile, omaggio agli ornamenti dorati che decorano Palazzo Papadopoli, dove ha sede Aman Venice.

«È stata una bella sorpresa per me vincere 110 e Lode e credo che ciò che mi ha aiutato è che il mio Count Martini è un cocktail che mi rispecchia in pieno – ha commentato Ferrara -. Ho dedicato questo cocktail al conte Giberto Arrivabene, che abita all’interno dell’albergo ed è un habitué del bar. Questo legame personale con il drink mi ha sicuramente dato un vantaggio per vincere questa prestigiosa competizione».

L’organizzatore dell’evento Francesco Cione ha condiviso i suoi pensieri sul concorso: «110 e lode riporta alle origini quel senso di stile ed eleganza che questa professione ha quasi dimenticato nel tempo, e che ora soprattutto grazie ai ragazzi che hanno preso parte alla competizione vengono tornano al centro con un taglio fresco e contemporaneo, a conferma che il futuro dei bar d’hotel in Italia è in ottime mani».

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