Un vermouth premium segna il ritorno di Ballor
Con il nuovo Vermouth di Paul torna alla luce Ballor, storico marchio italiano di spirit di qualità nato a Torino a metà Ottocento. Artefice del rilancio Bonollo di Padova

Dopo decenni di fasti ai quali è seguito un lungo oblio, torna a vivere uno dei brand storici del bere bene italiano. Si tratta di Ballor, o meglio della Freund, Ballor & C.IA. fondata a Torino nel 1856, da Paul Ballor, Henry Freund ed Emilie Roussette, che ora torna a proposti con nuovi prodotti, dei quali il primo che viene lanciato è un vermouth, il Vermouth di Paul Ballor. Artefice dell’operazione rilancio è la famiglia Bonollo di Padova proprietaria delle Distillerie Bonollo Umberto, di recente diventata proprietaria del marchio del quale vuole rinverdire gli antichi fasti.

Quella fondata dai tre amici torinesi a metà Ottocento era infatti un’azienda all’avanguardia, la cui fama travalicò ben presto i confini italiani, per l’alta qualità dei suoi prodotti. La sua produzione era varia e tutta di alto livello e includeva vermouth, ma anche amaro, gin, cognac e vino chinato. Prodotti che tra la seconda metà del XIX e l’inizio del XX parteciparono a numerose esposizioni universali in Italia e all’estero, facendo il carico di riconoscimenti.

Dal 1920 il marchiò ha fatto diversi passaggi di mano per arrivare ora in quelle di Bonollo che in linea con la propria filosofia votata all’eccellenza e al glorioso passato del marchio, punta a riportarne in auge il “fascino edonistico” dei suoi raffinati prodotti, ma con un’esperienza di gusto in linea con i nuovi tempi.

La cura di ogni dettaglio

Il brand ridebutta così sul mercato con Vermouth di Paul Ballor (alc 18%in vol): un omaggio a Paul Ballor che per il suo vermouth ricevette 13 medaglie d’oro e 12 diplomi d’onore, oltre al titolo di Provveditori di S.M. Il Re d’Italia. Il nuovo prodotto premium si caratterizza per le note speziate prevalenti di chiodi di garofano, cannella, e sentori fruttati di dattero, arancia candita, fino alle note marsalate conferite dal vino. Caratteristiche che ne fanno un’ottima base per la miscelazione, a partire da grandi aperitivi italiani e non solo, ma che lo rendono perfetto anche da servire liscio, alla moda piemontese dell’Ottocento.

Alla base delle proprietà del nuovo vermouth un laborioso processo di lavorazione, curato nel minimo dettaglio, a partire dalla raccolta delle botaniche, ben 30, che avviene nel momento esatto in cui le erbe raggiungono il loro picco aromatico. La loro essiccazione è poi effettuata all’aria per assicurare qualità, purezza e prevenire l’umidità, mentre la macinatura è effettuata facendo in modo che le erbe abbiano la giusta grana per consentire all’alcol e all’acqua di entrare nelle fibre e assicurare così la più corretta estrazione aromatica.

Questa è fatta tramite infusione a freddo della durata di circa 30 giorni e che si svolge in due fasi: la prima più alcolica per estrarre le componenti aromatiche, in particolare quelle volatili, la seconda meno alcolica per estrarre il gusto amaro dalle erbe. A questa segue la torchiatura soffice della durata di due settimane, il tempo necessario per decantare e separare cere, olii, fondi. L’ultimo passaggio è la creazione del blend, che viene fatto poi riposare per un mese per sviluppare il suo fine e ampio bouquet.

 

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Storie di queste parti

9, 23, 28 settembre; 7, 12, 28 ottobre 2022

Biblioteca Gambalunga, via Gambalunga 27 – Rimini centro storico

Incontri con gli autori per bambini alla Biblioteca Gambalunga

Ritornano gli incontri e i laboratori per piccoli lettori con gli autori. Il 9 settembre prende il via la rassegna ‘Storie di queste parti’, sei appuntamenti tra settembre e ottobre rivolti a bambini e ragazzi, organizzata dalla Biblioteca Gambalunga sezione ragazzi in collaborazione con la libreria Viale dei Ciliegi 17 Rimini.
Le letture sono a cura dei lettori volontari.
Al termine di ogni incontro seguirà firma copie e sarà possibile prenotare la copia disegnata dagli illustratori al numero 0541 25357 (Libreria Viale dei Ciliegi 17).
Per partecipare agli appuntamenti è necessaria  la prenotazione al numero 0541 25357 (Libreria Viale dei Ciliegi 17)
Programma completo

Orario: 
alle 16.30

Ingresso: 
libero con prenotazione obbligatoria

Telefono: 
0541 25357 prenotazione

Il gusto unico della rarissima Coffea Eugenoides
È la specie che, insieme alla Canephora, ha creato l’Arabica; originaria dell’Africa orientale, oggi proviene per lo più dalla Colombia

Ogni finale mondiale delle competizioni del circuito Sca – Specialty Coffee Association riserva interessanti esperienze e “scoperte” per quanto riguarda i caffè proposti, che in questi giorni sono protagonisti dell’intensa preparazione dei due campioni italiani che gareggeranno tra il 27 e il 30 settembre al Mice 2022 di Melbourne (Australia). Si tratta di Matteo Pavoni, campione italiano Baristi e Giacomo Vannelli, che ha primeggiato nel Brewing.

Una protagonista di queste competizioni dello scorso anno è stata senza dubbio la Coffea Eugenioides. L’hanno utilizzata il campione mondiale baristi Diego Campos, colombiano, che l’ha definita uno dei caffè più sorprendenti e affascinanti che abbia mai assaggiato, nonché il secondo classificato, lo statunitense Andrea Allen e la polacca Natalia Kwiatkowska. È stata protagonista anche delle preparazioni di Tomas Taussig, barista della Repubblica Ceca, sesto classificato nella finale Brewers.

La Coffea Eugenioides è la specie che, insieme alla Canephora, ha creato l’Arabica; è originaria dell’Africa orientale, ma oggi proviene per lo più dalla Finca Immaculada, in Colombia.

Produce foglie e ciliegie più piccole rispetto all’arabica e ha una bassa resa. Si caratterizza per la dolcezza, alla quale contribuisce l’elevata altitudine di coltivazione, tra 1800 e 2000 metri, grazie alla quale ha un basso contenuto di caffeina, che di gusto è amara. 

«La prima volta che l’ho incontrata è stato nel 2016 a Dublino, presentata da Sarah Anderson di Intelligentsia – afferma Rubens Gardelli, campione del mondo Roasting 2017 e titolare di Gardelli Specialty Coffees, che l’ha fornita a uno dei concorrenti -: quando l’ho assaggiata mi è sembrato una sorta di bevanda di riso, con scarsa personalità. Successivamente ho provato quella prodotta da Finca Immaculada e ne sono rimasto entusiasta. Sono riuscito ad acquistarne solo 20 chili (sul sito della torrefazione forlivese, risulta esaurita, ndr), per il prossimo anno è tutta venduta; spero di poterne acquistare di nuovo il successivo. È un prodotto costoso (200 euro la confezione da 250 grammi) anche se non dei più cari sul mercato, al quale ho attribuito il punteggio più alto che abbia mai dato a un caffè, perché offre un’esperienza unica.

Ci si può domandare se sia davvero caffè, in quanto il prodotto in tazza è  caratterizzato da una dolcezza incredibile, una buona acidità, mentre l’amarezza è decisamente bassa. Colpisce la sua complessità: presenta un buon fruttato tropicale (papaya, guava) che si unisce al mirtillo e alla caratteristica unica di questa specie che io definisco “sentore di riso”. Lascia la bocca leggermente asciutta e fa venire la voglia di assaggiarne di nuovo. Ha anche una leggera nota di liquirizia».

Nonostante il successo degli ultimi mesi, non si prevede che possa aumentare la sua disponibilità nei prossimi anni a causa delle sue caratteristiche molto – forse troppo – particolari. Per estrarla con il V60 sono suggeriti 16 gr di macinato e 250 gr di acqua a 90°C.

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