Offrire aria pulita conviene. Alla salute e al business del locale
Iscriviti al webinar gratuito “La qualità dell’aria in hotel, ristoranti e bar” in programma lunedì 20 giugno alle 15.30. Gli esperti di Initial spiegheranno come offrire aria pulita a te, ai tuoi dipendenti e ai clienti. E quali sono le scelte giuste da fare

Offri aria pulita nel tuo locale? La qualità dell’aria è un aspetto spesso sottovalutato negli ambienti ad alta frequentazione, come i bar e i ristoranti. Pochi sanno che – spesso – gli ambienti chiusi hanno livelli di inquinamento dell’aria superiori a quelli esterni, anche nelle grandi città. E che questo incide sulle condizioni di salute di chi lavora in quegli ambienti: il titolare e i suoi dipendenti.

Ma curare la qualità dell’aria sta diventando un importante elemento distintivo, dal momento che i clienti sono sempre più attenti ad aspetti come igiene, qualità dell’aria e benessere: secondo la ricerca “The Global Hygiene Reset” svolta da Rentokil Initial intervistando 20mila persone di 20 Paesi, Italia inclusa, il 79% delle persone, quando si reca in un luogo pubblico, considera la qualità dell’aria interna importante per la salute.

Per orientare nelle scelte i gestori di bar, ristoranti e hotel gli esperti di Initial, azienda specializzata nella fornitura di servizi per l’igiene professionale, daranno vita a un webinar gratuito (su registrazione) che racconterà più nel dettaglio perché investire nella purificazione dell’aria è un investimento redditizio e quali valutazioni fare nella scelta della soluzione migliore.

L’appuntamento è per lunedì 20 giugno alle 15,30 con il webinar
“La qualità dell’aria in hotel, ristoranti e bar.
Come tutelare salute e benessere dei clienti per garantire
un’esperienza piacevole e positiva”

(durata: 1 ora)

ISCRIVITI AL WEBINAR 

Durante il webinar, moderato da Andrea Mongilardi, caporedattore di Bargiornale e Ristoranti, l’ing. Luca Peretti, QSHE & Technical Director di Initial ci farà scoprire nel dettaglio quanto siano sottostimati i danni dell’inquinamento indoor e quanto sia importante, per sé e per i dipendenti, curare la qualità dell’aria.

Fabio Mercolini, National Air Care Expert, aiuterà a mettere a fuoco i criteri da utilizzare e le scelte da fare per chi vuole dotarsi di un sistema per la purificazione dell’aria.

Chi fosse interessato ad approfondire anche gli aspetti normativi e tecnici, può seguire il webinar La qualità dell’aria negli ambienti indoor. Dalla normativa alle soluzioni tecniche in programma mercoledì 15 giugno alle 11.

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Il manifesto dell’Espressionismo Liquido di Simone Mina
Presentato alla Biennale di Venezia, il manifesto dell’Espressioismo Liquido punta a riconoscere il cocktail e il lavoro del bartender come espressione di un movimento artistico performativo

Un’impresa non sempre segue una strada tracciata e lineare. Talvolta ha bisogno di un piccolo aiuto del destino, di una mistica impalpabile che guida le cose verso la giusta direzione. Simone Mina è uno di quei professionisti che non lasciano nulla al caso: si interroga, studia, sviluppa un proprio pensiero, mette in discussione. Per inquadrarlo basta descrivere la sua professione principale: bartender all’interno del ristorante di famiglia. Il CH 18 87 è un cocktail bar al primo piano di Checchino 1887, uno dei punti di riferimento per la cucina capitolina (lì la sua trisavola ha inventato la coda alla vaccinara).

Il cocktail: un’opera d’arte che viene consumata e vissuta

Un’istituzione culinaria che Simone riesce a rispettare con i suoi cocktail, spesso abbinati ai piatti, spesso frutto di un lavoro concettuale che tocca gastrofisica, scienza sociale e arte. Per fare un esempio, il nuovo menu scent è interamente basato sul mondo della profumeria. Mina già da tempo si interrogava su come dare una connotazione al “bar” differente da quella canonica, su come presentarlo per quello che – di fatto – è: l’espressione di un movimento artistico performativo, composto da una serie di elementi che sono presi da diversi ambiti artistici, e che si traducono infine in un drink (o un piatto). Che in concreto è un’opera d’arte effimera, poiché viene “consumata” nel vero senso della parola. Ma viene anche vissuta, non solo come fine a sé stessa, ma come elemento all’interno di un contesto (il luogo, il modo, il momento in cui viene usufruita).

L’occasione: la Biennale di Venezia

L’occasione di dare voce a questo pensiero, di trovare finalmente il filo rosso che collega il bar all’arte, gli arriva grazie alla Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia. Quest’anno per la prima volta è stato dedicato un padigione all’arte del Guatemala, la cui opera principale è una tela di 7 metri creata da Chris Papita. In quanto ambassador del rum guatemalteco Botran, Simone è stato contattato per supportare l’inaugurazione del padiglione. L’idea è di presentare un cocktail che si ispiri al Guatemala.

Un aiuto inaspettato arriva da un profumo, trovato casualmente in un negozio di Parigi, che ha all’interno alcune delle materie prime più caratteristiche del Paese centroamericano: il caffè, il pepe, il cardamomo. Nasce da qui il cocktail Mistica e cresce da qui l’idea di presentare in occasione della Biennale un vero e proprio manifesto, cent’anni dopo quello Futurista di Marinetti (e i vari manifesti del futurismo che seguiranno).

Espressionismo Liquido: arte, creatività e comunità

L’Espressionismo Liquido è un movimento che ha molteplici intenti: da un lato il riconoscimento di un cocktail o un piatto alla stregua di un quadro «che si guarda con lo stomaco e si capisce con il fegato. Un’opera d’arte effimera che sparisce cosi! Bevendola! Influenzando l’animo di chi la consuma, come un virus benevolo».

Al di là dei dettami del suo manifesto, il messaggio che Mina (e tutti coloro che lo seguiranno, anche solo con l’hashtag #espressionismoliquido sui propri drink) vuole trasmettere è quello di esortare i professionisti italiani del bar e della cucina ad abbracciare una visione più creativa del bar, perché ci troviamo in un contesto dove molto è visto e rivisto, dove i vari famosi a giro per il mondo, poi in fondo, presentano drink che sono simili tra loro, sia nelle tecniche sia nelle presentazioni, dove le “parole chiave” sono sempre le stesse e le regole sembrano essere già state scritte da altri. L’Espressionismo Liquido è un invito a slegare la creatività, ma anche a legare sempre più la comunità dei barman italiani, che – come ricorda Mina – rappresentano la scuola di bar più importante al mondo. Solo che a volte se lo dimenticano.

Ebbene, proclamiamo anche noi oggi la nascita dell’Espressionismo Liquido!

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La lezione di Ibiza: esclusività e collaborazione
Intervista a Oreste Carpi, imprenditore italiano da oltre 30 anni ad Ibiza e titolare di una serie di locali. I suoi consigli per rilanciare il sistema delle discoteche (e non solo)

Dopo due estati di sostanziale fermo a causa dell’emergenza sanitaria, quest’estate Ibiza è pronta a tornare quello che è sempre stata, ovvero l’isola dance per antonomasia, dove per cinque mesi abbondanti si concentrano le migliori discoteche, i migliori party, i migliori dj. Se ne è avuto un corposo assaggio a fine aprile, quando si è svolto l’International Music Summit, uno dei raduni mondiali più importanti per gli addetti ai lavori legati all’industria della musica elettronica; negli stessi giorni i locali ibizenchi hanno organizzato le prime serate stagionali, per poi partire con una programmazione intensissima già da maggio.

Per capire meglio quale sia la magia di Ibiza e se il suo modello di business relativo all’intrattenimento serale e notturno sia applicabile o possa fornire spunti e suggerimenti agli imprenditori italiani del settore, niente di meglio che un’intervista ad un capitano di lungo, lunghissimo corso, l’emiliano Oreste Carpi, da oltre 30 anni sulla isla. Carpi ha iniziando il suo percorso lavorativo balearico occupandosi delle prevendite per le discoteche; adesso è titolare e socio di una serie di locali quali Zoo, Tango, Chupito, Divino Café, America, Tantra e Rio. Attraverso una fitta rete vendita ed il suo portale Ibiza Disco Ticket gestisce tutt’ora le prevendite per i locali e con i siti Ibiza My Property e My Villa si occupa anche di immobiliare, dalle locazioni alle vendite. Difficile trovare una persona più adatta e più competente per farsi raccontare Ibiza.

 

Oreste Carpi

Che cosa ha Ibiza di così speciale?

Un mix tra marketing, strategie e contenuti. Chi detiene e gestisce i locali è riuscito a renderla esclusiva, con la clientela da tutto il mondo – dagli Stati Uniti all’Australia – che fa gara a chi spende di più tra jet privati, ville, auto fuoriserie, cene e tavoli nelle discoteche con conti a quattro zeri. Più un prodotto o un servizio diventa esclusivo e più si alza il prezzo: la classica applicazione della legge della domanda e dell’offerta, esasperata ai massimi livelli. Non è un caso che i calciatori più importanti d’estate vengano tutti a Ibiza”.

Ibiza quindi è molto costosa.

“Per un cliente Ibiza è una vacanza che ha il suo prezzo, tra biglietto aereo, albergo o appartamento, andare al ristorante e in discoteca. Anche per un imprenditore è un mercato che ha i suoi costi. Ad esempio sappiamo già dai fornitori che le scorte di champagne di pregio potrebbero già essere finite a luglio, così come anche la fornitura di carne e pesce per i ristoranti potrebbe essere contingentata, con inevitabile aumento dei costi per gli imprenditori e dei prezzi per la clientela”.

Come funziona il meccanismo delle prevendite che avete allestito ed affinato in oltre 25 anni di attività?

Abbiamo creato un network che ci consente di collaborare con tutte le discoteche di Ibiza: capiamo quando aiutare a spingere una serata meno forte delle altre, così come ci ‘accontentiamo’ di pochi biglietti quando invece il party va già di suo. In base ai nostri accordi non anticipiamo il prezzo del biglietto ma paghiamo quando abbiamo incassato dal cliente. Siamo in quattro persone a gestire l’operatività, tra i trenta e i quaranta i venditori tra punti e vendita e quelli che vanno in giro per l’isola”.

 Come utilizzate internet per il vostro lavoro?

“Abbiamo un sito dove si può pagare una parte o meglio prenotare la prevendita al prezzo di cinque euro. Poi si viene nei locali del nostro circuito – bar e ristoranti – a pagare la differenza: esistono prezzi diversi anche in base all’orario di entrata in discoteca, in media 40 euro se si va entro l’1, 60 se si va dopo, così come le nostre sono prevendite in un certo senso open, ovvero se si decide di cambiare serata o locale per usufruirne, per noi nessun problema, idem se per qualsiasi motivo il cliente non è riuscito ad entrare in discoteca. Internet ha la sua importanza, ma il nostro tipo di lavoro si basa in gran parte sul cosiddetto contatto umano, anche perché per le vendite dei biglietti via web ogni discoteca ha già i suoi canali, noi offriamo qualcosa che va oltre la semplice prevendita. Un meccanismo che abbiamo affinato con gli anni”.

 Vi occupate esclusivamente di prevendite?

“Per i nostri locali Tantra e Rio offriamo anche un pacchetto completo: serata, drink e trasporto per chi magari alloggia o alberga in strutture distanti. Anche in questi casi conviene a tutti: il locale acquisisce clienti, i clienti a loro volta pagano l’ingresso ed hanno diritto ad un servizio in più. Un’altra forma di fidelizzazione”.

 Che cosa si potrebbe applicare in Italia del modello Ibiza?

Puntare sull’esclusività e giocare sempre al rialzo – mai al ribasso – con i prezzi. Tener duro quando il cliente vuole un trattamento troppo di favore per un tavolo nel privé, per fare un esempio. Un discorso che forse in Italia si potrebbe applicare soltanto in Sardegna e a Forte dei Marmi”.

Un suggerimento per i mercati italiani meno esclusivi e meno costosi, che siano un punto di riferimento per i cosiddetti clubber. Lignano, Jesolo, la Romagna tutta e il Salento, giusto per fare qualche esempio.

Io e il mio gruppo di lavoro abbiamo iniziato ad occuparsi di prevendite per le discoteche di Ibiza tantissimi anni fa: così si creava una base sia al bar che le vendeva sia per le discoteche stesse. E siamo arrivati a vendere 200mila prevendite in una stagione. Un sistema sinergico che in Italia potrebbe anzi dovrebbe diffondersi di più, al netto delle prevendite on line che ovviamente hanno radicalmente modificato questo mercato: non lo si inventa dall’oggi al domani ma lo si può creare anche in Italia, sia d’estate sia d’inverno”.

In concreto come si dovrebbe agire?

“Si deve creare una sorta di circolo virtuoso, ovvero inserire negozi, bar e ristoranti un meccanismo nel quale si abbina la vendita di un capo d’abbigliamento, un cocktail o una cena all’ingresso in discoteca: così la clientela viene fidelizzata ed aumenta per tutti, salvaguardando sempre il rapporto con le persone. Il cameriere che vende la prevendita è utile poi raggiunga i clienti in discoteca per accertarsi di aver proposto un buon servizio: così fa felice tutta la filiera. Su questo i titolari e i gestori dei locali italiani possono e devono investire: serve davvero fare sistema e come sempre sono i dettagli a fare la differenza”.

Le più importanti discoteche di Ibiza

Akasha
Amnesia
Dc10
Eden
Es Paradis

Lio
Octan
Pacha
Tox
Ushuaïa

 

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DOuMIX? e Marco Dongi firmano i cocktail più “unexpected” di Roma Bar Show
Alla kermesse romana il bar manager del Siddharta Lounge by Buddha Bar di Dubai darà vita a esperienze gustative inaspettate create con le cinque linee di prodotto DOuMIX?

Dopo il successo riscosso a Mixology Experience, il fantastico duo formato da DOuMIX? by Mec3 e il bartender Marco Dongi è pronto a stupire il pubblico di Roma Bar Show (30 – 31 maggio) con cocktail inaspettati e assolutamente innovativi!

Un evento dedicato all’industria del beverage e al mondo della mixology organizzato nella storica cornice del Palazzo dei Congressi di Roma, che unisce migliaia di brand e di operatori, rivolgendosi a tutto il mondo dell’hospitality e dei consumatori consapevoli.

Marco Dongi, bar manager del Siddharta Lounge by Buddha Bar di Dubai e brand ambassador DOuMIX?

Allo stand T05, sulla esclusiva terrazza del palazzo, la fantasia e la grande professionalità di Marco Dongi, bar manager del Siddharta Lounge by Buddha Bar di Dubai e brand ambassador DOuMIX?, daranno vita a esperienze gustative inaspettate create con le 5 linee di prodotti DOuMIX?: Cream, Fruit Elixir, Syrup, Squeeze e Base. Soluzioni che vanno oltre quello che il mercato già propone e destinate a chi desidera stupire i propri clienti e dare un twist al proprio estro creativo con bevande straordinarie.

Un’ampia gamma composta da referenze innovative, perfette per coprire tutti i momenti di consumo della giornata, dai caffè gourmet del mattino fino ai cocktails della notte, con packaging attraenti, ergonomici, easy to use!

Inoltre, in occasione dell’evento romano, nella serata di lunedì 30 maggio DOuMIX? e il suo ambassador saranno ospiti di un inedito “after show” presso il White Rabbit di via Spalato 35, con una cocktail list di quattro proposte create appositamente per l’occasione, che conquisteranno tutti al primo assaggio: Toki, Flower Spritz, Funky Colada e Golden Hour.

If you have to Mix, Mix the Unexpected!

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Brujas, il cocktail bar tutto al femminile di Città del Messico
Con il suo team di 6 barlady, il locale del gruppo di Walter Meyenberg è portabandiera della miscelazione messicana contemporanea e della valorizzazione del lavoro delle donne dietro il bancone

Dal nome di antiche figure indigene al futuro delle donne del bar in Messico. Il primo bar tutto al femminile di Città del Messico si ispira alle leggendarie curanderas, erboriste che ancora oggi pare vivano nelle regioni montuose della nazione: Brujas è l’insegna dove gli equilibri professionali delle barlady messicane si stanno finalmente scuotendo. Sei donne e un inno alla semplicità, «per mostrare come il lato femminile del lavoro al bar possa essere trasmesso attraverso l’ospitalità, e non l’aspetto», racconta la bar manager Georgina “Gina” Barbachano.

Interni in marmo e legno, la sensazione di essere in una vecchia libreria, dove inutile dirlo, per giudicare bisogna andare ben oltre la copertina: «È sbagliato descrivere un cocktail o un gusto come femminile. È uno degli stereotipi che qui cerchiamo di smontare e lo facciamo attraverso creatività e competenza». La drink list di Brujas, di cui Gina è responsabile, parla di toni diretti e improntati al classico, con prodotti che in Messico sono tutt’altro che la normalità, come amari e liquori europei.

Miscelazione messicana contemporanea

Brujas fa parte del gruppo di Walter Meyenberg, designer e fondatore di Hanky Panky, eletto al numero 12 dell’ultima classifica World’s 50 Best Bars, gli Oscar della miscelazione, come più alta new entry del 2021. È una delle realtà che cerca di far emergere la miscelazione messicana contemporanea, divincolandola dalle bevute tradizionali (e semplici) come Margarita e Paloma, che raccontano di ingredienti locali, esperienze fresche e complessità minima. Alla sfida merceologica («Trovare prodotti intercontinentali era praticamente impossibile fino a pochi anni fa») si aggiunge quella sociale: perché che lo si concepisca o meno, una bartender donna continua a vedersi la strada lastricata di ostacoli legati a una mentalità antiquata, che descrive il bancone come un universo tutto al maschile. A maggior ragione in alcune località: «Purtroppo il pregiudizio esiste. Il Messico è intriso di una cultura machista, le donne sono represse e faticano incredibilmente a trovare le stesse opportunità. Al bar è anche peggio, il sessismo è un fenomeno praticamente quotidiano, che si tratti di commenti inopportuni o atteggiamenti denigratori».

Barlady: professioniste non solo donne

Brujas è allora anche un megafono, che in nome della professionalità non scade però mai nello strumento promozionale: «Siamo come un’affermazione, vogliamo mostrare al mondo come le donne al bar possano avere una voce e una forza, possano dire lo stesso o anche più degli uomini. Stiamo creando delle energie interessanti, e mandiamo un messaggio forte: il consumatore medio entra pensando di ritrovarsi ne Le ragazze del Coyote Ugly e invece rimane impressionato dal livello della nostra proposta. È un fenomeno sociale, qui le donne hanno le possibilità che meritano, ma non vogliamo farne una bandiera: ci promuoviamo come cocktail bar, non come bar femminile, perché non serve sottolinearlo». È la visione a dover cambiare, la concezione della professione, in toto e a maggior ragione quando si tratta di barlady: «Si sta finalmente iniziando a capire che il lavoro al bar può trasformarsi in una carriera e non deve per forza essere una tappa, o un ripiego. Brujas è un trampolino per permettere alle ragazze che vogliono approcciarsi al bancone, di mostrare il proprio talento, e far capire a loro stesse che possono essere indipendenti».

Valorizzare il talento

Il gruppo di Meyenberg conta una dozzina di insegne e attività di successo, in tutto il mondo. Una dimensione che riconosce il talento e lo valorizza, a prescindere da genere, orientamento, credo, idee: «Walter e il team hanno creduto in me, ho iniziato come bartender e mi hanno portato ad avere più fame di imparare e crescere. Io sono un esempio, ma di certo non l’unica che lo merita: in Brujas viviamo anche della positività che ci regala il vedere donne talentuose che danno il meglio di sé: cerchiamo di trasmettere come la vera sensualità sia nella bravura e nell’impegno».

La crescita di una professionista passa quindi anche attraverso un percorso di quello che gli anglosassoni definirebbero empowerment, una assunzione di consapevolezza delle proprie possibilità e del proprio valore: Brujas si fa portavoce di un intero movimento. «È un processo che necessita di connessioni umane fondamentali, di supporto nell’ambiente di lavoro, sia economico sia personale. Non è una reale possibilità lavorativa, senza un salario equo e rapporti validi: a chi si unisce a noi mostriamo le tecniche, ma anche l’intera sfera professionale, dagli ingredienti alla gestione degli ospiti. Si tratta di conoscerle, per permettere loro di conoscere se stesse: iniziano come dipendenti, ma arrivano a essere partner della società». Non chiamatele quote rosa: Brujas si batte per la normalità.

BRUJAS
Superficie: 30 m2
Personale: 6 bartender
Posti a sedere: 45 posti
Prezzo medio: $ 190 pesos/drink (ca 9 €)

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In 12 a Roma per la finale mondiale di Art of Italicus Aperitivo Challenge
Il 29 maggio nella Capitale la finale mondiale della quarta edizione del contest firmato dal Rosolio di bergamotto. 12 i bartender da tutto il mondo a contendersi la vittoria con i loro aperitivi artistici

Verrà proclamato il prossimo 29 maggio nella Capitale il vincitore della quarta edizione di Art of Italicus Aperitivo Challenge. In quella data, in occasione dell’apertura del Roma Bar Show, si svolgerà infatti la finale mondiale del contest firmato dal Rosolio di bergamotto creato da Giuseppe Gallo.

Una gara all’insegna del binomio arte e miscelazione: la sfida che la competition ha posto ai bartender è di creare un cocktail aperitivo a base Italicus ispirandosi a una qualsiasi forma d’arte. A confrontarsi nell’ultimo atto del concorso saranno 12 bartender provenienti da tutto il mondo: i 10 vincitori delle sezioni nazionali, più i 2 concorrenti selezionati nella wild list, la sezione alla quale sono stati iscritti i bartender dei Paesi non compresi in quelli che hanno aderito al concorso.

I 12 finalisti

A rappresentare l’Italia sarà Nicolò Rossi, del Barrier di Bergamo, con il suo drink Eclisse, che ha ideato ispirandosi a una lampada del famoso designer Vico Magistretti, con il quale ha conquistato la finale italiana, svoltasi al Locale di Firenze all’inizio di maggio (leggi Svelati gli 11 finalisti italiani di Art of Italicus Aperitivo Challenge).

A contendergli il titolo di Italicus Bar Artist Of The Year 2021-2022 ci saranno: il campione di Danimarca Tarek Abdallah del Tata di Copenhagen, con il cocktail Chiara, quello di Francia Quentin Monnier del Gina Cocktail Bar di Bordeaux con Tales of Gold, quello di Grecia Alexandre Spyridon Angelis del Matsuhisa Athens Bar di Atene con Altered State, quello di Norvegia Adrian Michalcik del Pier 42 Amerikalinjen di Oslo con The Smile as Aperitivo, quella di Svezia Josephine Sondlo del Nori Bar di Stoccolma con Michi Cocktail, quello di Spagna Agustín Gómez del Bad Company 1920 di Madrid con Giambel, il campione di Svizzera Marco Colelli del Tales Bar di Zurigo con The Ensemble, il campione del Regno Unito Juan Jose Orellano del Savoy American Bar di Londra con Crescendo, e il campione Usa Korab Loga del Bella’Gio di Cheshire (in Connecticut), con Eternity.

Completano la rosa dei finalisti i due bartender selezionati nella wild list: Nathalie Wenko del Die Parfuemerie Bar di Vienna (Austria) con Inferno e Jan Sporleder del Bar Seibert di Kassel (Germania) con Immortalità.

Il vincitore di Art of Italicus, oltre l’ambito titolo, si aggiudicherà un’esperienza gastronomica e di mixology unica al Sips Bar di Barcellona con Marc Alvarez, tra i bartender più creativi e innovativi, attraverso un programma di mentorship dedicato.

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Bartour, il webinar di Brita per chi vuole il meglio in tazza
Lunedì 13 giugno l’Azienda specializzata in soluzioni filtranti per bar e caffetteria, propone un percorso tra “Tappe e incontri sensoriali dell’acqua in caffetteria” con importanti esperti del settore. È il momento di iscriversi

L’esperienza di un eccellente caffè al bar prende il via da un buon bicchiere l’acqua, che ha il compito di predisporre a gustare la preparazione che seguirà. E visto che una tazza di espresso  è composta da circa il 90% di acqua (la percentuale sale al 98% nelle preparazioni a filtro), risulta evidente l’influenza che ha sul gusto. Di nuovo, l’acqua può modificare la montatura a crema del latte, dunque non permettere di realizzare un cappuccino bello ancor prima che buono.

L’acqua erogata al bar non è solo un semplice legame chimico tra idrogeno e ossigeno: può contenere un’ampia varietà di minerali disciolti, sostanze organiche, particelle e residui che si possono trovare nelle tubature e che influiscono in modo significativo sul sapore e sull’aroma del caffè, sulla percezione al palato ed anche, nel caso di un espresso, sulla qualità della crema.

A chi vuole conoscere più da vicino e utilizzare al meglio l’ingrediente-acqua, esaltare le caratteristiche dei diversi caffè e dei differenti metodi di estrazione, Brita offre un percorso tra i suoi diversi utilizzi al banco bar e le caratteristiche ottimali di ogni preparazione con il webinar

BARTOUR: Tappe e incontri sensoriali dell’acqua in caffetteria, in programma lunedì 13 giugno alle ore 15,30.

Il cammino nell’utilizzo del caffè al banco bar prende il via con

Il bicchiere d’acqua prima della bevuta al banco – Elena Scordamaglia – marketing specialist e Brita Water Sommelier
L’acqua ideale per l’espresso classico italiano – Andrea Villa –Maestro del Caffè Aicaf – Accademia Italiana Maestri del Caffè e Campione Italiano di Coffee in Good Spirit
L’espresso all’estero: lo specialty – Gian Zaniol – Italian Brewers Cup Champion e Brita Bar Ambassador
L’acqua e il cappuccio – Luca Ramoni – Maestro del caffè e coordinatore nazionale Aicaf Accademia Italiana Maestri del Caffè
L’acqua e il caffè filtro – Gianni Cocco – Maestro del Caffè Aicaf Accademia Italiana Maestri del Caffè, coffee performer TV, consulente per bar e caffetterie

Ci si può prenotare all’apposito sito.

Si potrà così verificare come trovare il giusto accordo tra caffè e acqua, i due ingredienti protagonisti di ogni tazzina, sia un’operazione complessa, che diventa semplice con Brita e i suoi sistemi filtranti in grado di rispondere a diverse esigenze sia per tipologia di acqua, sia per utilizzo nel locale.

Per molti si tratterà di un primo momento di approfondimento che spingerà a conoscere in modo più dettagliato e professionale l’acqua attraverso il modulo Specialist “Caffè” di Acquademy by Brita, il primo percorso multilivello di formazione formative dai moduli Acqua, Ghiaccio e Caffè.

Grazie a decenni di esperienza nella filtrazione, Brita è uno dei partner privilegiati della comunità dei baristi, anche specialty e tra gli Iei Approved Product, una certificazione speciale realizzate dall’Istituto Espresso Italiano. L’ampia gamma di prodotti è stata messa alla prova con successo con ogni tipo di acqua, dura o dolce, con depositi di gesso e calcare: i suoi filtri professionali permettono di ottenere sempre il prodotto ottimale. Quando si prepara un espresso, filtrando l’acqua con i sistemi Brita si ottiene una miscela bilanciata di minerali, con un grado di durezza dei carbonati basso ma sufficiente all’estrazione. Quindi, oltre a proteggere la macchina del caffè da calcare e particelle, viene esaltato il tipico gusto dell’espresso e risultano ancora più intense le caratteristiche della crema. Analogamente, nel caso di preparazioni in filtro, l’acqua filtrata è priva di quegli elementi indesiderati che potrebbero modificare o mascherare l’aroma del caffè, enfatizzando il gusto e il profumo tipici del caffè scelto e assicurando allo stesso tempo una tazza limpida.

Seguite Bartour: Tappe e incontri sensoriali dell’acqua in caffetteria, prenotatevi a questo link.

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Opificio Fred lancia la nuova linea Fred Alkemil
Federico Cremasco, fondatore di Opificio Fred, racconta al mondo l’autenticità del Friuli-Venezia Giulia e dell’Italia, lanciando la nuova linea Fred Alkemil

Una linea di liquori pensata per i professionisti e gli appassionati della mixology: è la novità lanciata da Federico Cremasco, fondatore di Opificio Fred. L’azienda, fondata nel 2014, con la sua linea di spirit artigianali composta da Gin, Vermut, Bitter Fernet e Amaro mira ad esaltare il patrimonio botanico del territorio, raccontando al mondo l’autenticità del Friuli-Venezia Giulia e dell’Italia.

Opificio Fred ha presentato la nuova linea di liquori Fred Alkemil. Un nome che ci riporta all’Alchemilla, pianta nota per le sue innumerevoli proprietà antinfiammatorie e disinfettanti. Realizzata artigianalmente con botaniche friulane, la nuova linea di liquori è composta oltre che dal Curaçao Imperiale e dal Rosolio di Bergamotto, da Crème de Cassis, Ratafia alla ciliegia, Maraschino, Creme Violette, Liqueur Peach e Alchermes.

Cremasco descrive il Rosolio di Bergamotto come uno spirit derivato dall’estrazione naturale di bergamotti italiani che acquisisce nella lavorazione un gusto avvolgente e ben strutturato, dove la percezione di alcool rimane delicata, come vuole l’antica tradizione. L’elisir ha un corpo caratterizzato da una morbida dolcezza e una delicata acidità, con una complessità che regala un finale rotondo e persistente. Emergono le note intense di olii essenziali estratti a freddo da buccia fresca con un’acidità delicata che richiama un retrogusto amaro, riducendo la percezione zuccherina. Il Bergamotto viene lavorato a mano e con totale assenza di additivi chimici. La gradazione alcolica è pari al 18%. 

Gli agrumi sono protagonisti anche del Dry Curacao Imperiale, realizzato per mezzo di un infuso di arance amare e spezie, dal gusto dolce ma in perfetto equilibro con i sapori amari e speziati. Il founder di Opificio Fred sostiene che si distingue per spessore, calore, rotondità e giusta spalla amaricante; il risultato è un liquore da assaggiare sia freddo, sia con ghiaccio al dessert. La sua versatilità gli consente di offrire un tocco speciale ai cocktail o di divenire la base per grandi classici come il White Lady, il Margarita o il Cosmopolitan. Al naso emergono fiori d’arancio, diversi agrumi e spezie, per un timbro elegante e pulito, presente e mai eccessivo. I fiori dell’arancio amaro Bigaride sono la componente che determina i tratti peculiari di una ricetta nata nel 1882, riproposta oggi con un tocco di modernità, senza snaturarne le origini e con l’assoluta assenza di additivi chimici. La gradazione alcolica è di 38%.

La linea Fred Jerbis: dal trittico ai nuovi spirit

Nel 2014 dopo anni di studi e sperimentazioni nel primo laboratorio di Polcenigo (Pn), Federico Cremasco, classe 1976, fonda Opificio Fred creando la linea Fred Jerbis che inizialmente vede la produzione di Gin 43, Vermut 25 e Bitter 34: il trittico liquoroso che si ispira al mix del famoso cocktail negroni.

Gin 43 ha una colorazione giallo-paglierina data dall’infusione a freddo dei fiori d’arancio e zafferano, una gradazione alcolica di 43 gradi ed è composto da 43 erbe italiane, il 50% delle quali raccolto e coltivato in regione. Vermut 25 invece, realizzato con un vino autoctono friulano di qualità, il Verduzzo, presenta una gradazione alcolica di 18 gradi ed è composto da 25 erbe, con un affinamento del prodotto di quasi 1 anno. Infine troviamo Bitter 34, dalle note agrumate e dolci che lo rendono facile da bere, con un colore distintivo che conferisce unicità e personalità perdendo la classica connotazione rossastra.

Oggi la linea Fred Jerbis, presente sul mercato italiano e in continua espansione su quello estero, si è allargata anche a nuovi spirit – Gin 7 Acacia Barrel, Fernet 25 Chestnut Barrel, Vermut 16 Cherry Barrel, – che ricalcando le caratteristiche di tutti i prodotti di Opificio Fred, si presentano equilibrati, facili da bere, ma allo stesso tempo ricchi di profumi e sfumature.

Una produzione naturale e a Km 0

Nel 2021 Opificio Fred ha trasferito la produzione, sempre a Polcenigo, da via San Giovanni a via Gorgazzo, sulle rive dell’omonima sorgente, avviando la nuova distilleria e realizzando grazie alla campagna di crowfunding JERBIS VENTÛRS, un giardino botanico e un cocktail bar dove poter degustare tutti i prodotti. In quest’area Cremasco coltiva la maggior parte delle botaniche e delle erbe utilizzate per la creazione degli spirit, mentre le restanti provengono da diverse regioni italiane grazie alla collaborazione di piccoli produttori che garantiscono all’azienda prodotti a km 0 e di prima qualità.

L’obiettivo è creare prodotti artigianali, bio, ecosostenibili, no waste ed eco-friendly.

Le botaniche vengono essiccate, macerate e distillate in corrente di vapore, senza l’aggiunta di coloranti o di altre sostanze chimiche. Le bottiglie, tutte da 700 ml, sono realizzate in vetro riciclato con il tappo in faggio naturale mentre gli imballaggi sono in cartone riciclato all’80%. L’obiettivo è rendere il packaging 100% riciclabile. L’energia utilizzata nella produzione arriva da fonti rinnovabili e non vengono utilizzati combustibili fossili.

 

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Il drink alla spina di Sips per eventi, ristoranti e hotel
Flavio Esposito lancia Sips, linea di cocktail premixati in fusto per la spillatura. Un’idea che guarda alle esigenze di ristorazione, hotellerie ed eventi, per introdurre con semplicità e meno costi un’offerta di cocktail di qualità

Saranno in distribuzione da giugno i cocktail premixati Sips, ideati e prodotti da Bespoke Distillery di Flavio Esposito e Vincenzo Russo. I due soci, il primo mixology expert con la passione per l’innovazione di prodotto, il secondo amministratore della storica distilleria campana Distillatori Russo 1899, hanno voluto osare con un progetto che offre al mondo bar un diverso modo di concepire il servizio dei cocktail.

Un fusto di drink in pre-batch per spillatore

«Una linea di ricette base e drink personalizzati»

Come funziona? «Con l’ausilio del nostro team di ricerca e sviluppo e del nostro laboratorio chimico botanico, ricreiamo e standardizziamo ricette per cocktail realizzati con ingredienti di prima scelta», spiega Esposito. «Poi li produciamo in fusti Polykeg Pro con sacca alimentare, forniti di un sistema che garantisce una corretta spillatura, evitando schiuma eccessiva e perdita di prodotto. I fusti sono disponibili nei formati 12 litri, 16, 20, 24 e 30 litri, e stiamo studiando una referenza in 5 litri per l’uso domestico. Sono compatibili con normalissimi spillatori, quindi facili da mettere in opera. Abbiamo ideato una linea base di cocktail, che include la maggior parte dei classici: Spritz, Moscow Mule, Gin tonic, Paloma, Negroni, Americano per cominciare. Poi introdurremo anche Mojito, Bellini, Margarita e tanti altri. Non c’è solo questa possibilità, per i clienti: possiamo studiare anche ricette personalizzate o riprodurre il signature drink di un locale. Il drink nel fusto ha una shelf life di 2 anni – a fusto chiuso – di circa 6 mesi dall’apertura. La conservazione è a temperatura ambiente, evitando l’esposizione diretta alla luce solare». Per dare un’idea della resa, un fusto da 20 litri contiene 165 cocktail da 12 cl.

Impianto di spillaggio in comodato d’uso

L’idea è di fornire una servizio il più possibile completo: il progetto Sips prevede anche la fornitura dell’impianto di spillaggio in comodato d’uso o di una intera station per la preparazione dei cocktail, professionista incluso. «Siamo la prima distilleria diretta che propone il concetto di cocktail in fusto e lo distribuisce affidandosi a grossisti, governando tutto il processo: produciamo, prepariamo i cocktail con il coinvolgimento di grandi esperti della bar industry e lo rendiamo disponibile al servizio», ci spiega Flavio Esposito. «Crediamo molto in questa idea perché i cocktail in pre-batch non sono solo un trend in ascesa, ma anche una soluzione e permettono al locale di razionalizzare sui costi di personale e materie prime, oltre che su tempi di preparazione e spazi». Infatti il target di Sips è il settore degli eventi – catering, mostre, concerti – e dell’hotellerie, dove può essere sensato inserire una cocktail station in spazi limitati, o della ristorazione o le pizzerie, dove l’abbinamento con i drink è in crescita.

I Sips cocktail bar con solo drink alla spina

Il progetto ha ampi margini di crescita, perché Esposito e Russo vogliono andare molto oltre la semplice fornitura di cocktail premixati. «Stiamo chiudendo un accordo per i SIPS DRAFT, locali legati al nostro brand e dove si serviranno soltanto drink alla spina. Stiamo ragionando con un gruppo importante, per fine anno puntiamo ad aprire i primi pdv e poi avvieremo un piano di espansione nazionale dal 2023 con un paio di locali per regione almeno».

L’intervista a Flavio Esposito: «Non vogliamo sostituire il bartender»

Flavio, da dove nasce la vostra convinzione che i drink in pre-batch spillati siano un campo in cui investire?
«Ce lo insegnano anche Monica Berg e Alex Kratena del Tayēr + Elementary di Londra, che offre anche uno spazio per cocktail casual alla spina. Dietro questa scelta c’è la convinzione che il drink possa essere servito anche in questa modalità meno teatrale, senza la preparazione al banco. Oggi i cocktail bar più raffinati lavorano con il pre-batch, non è un’eresia, tutto il contrario. È una nuova frontiera da esplorare guardando a quanto accade anche negli Stati Uniti».

Perché è interessante per un locale adottare questo tipo di servizio?
«Perché viviamo un periodo complesso e la carenza di personale è il problema più impattante. Con un sistema come il nostro si può introdurre un servizio in più – penso sempre a un target di locali che non siano cocktail bar puri – con esigenze di personale ridottissime. Oltre a fornire prodotto e spillatore in comodato d’uso, possiamo dare anche una formazione basilare da bartender, con una giornata di formazione in loco e un manuale d’uso semplicissimo. Questo per aiutare clienti che abbiano appena fatto entrare degli apprendisti o stagionali ancora inesperti. Insomma, semplifichiamo. Però non vogliamo sostituire il bartender, ma dare un servizio completo a chi non lo ha, per permettere al cliente di dare a sua volta un servizio di qualità al suo ospite».

Questo progetto è nato in Bespoke Distillery: come funziona la vostra distilleria-atelier?
«Mi piace pensare Bespoke non come una semplice distilleria, ma come uno studio creativo. Ci dedichiamo completamente al mondo della mixology. Analizziamo i trend di mercato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, individuiamo i progetti che valgono e ci attiviamo. Siamo in uno spazio di 5 mila mq, a 15 chilometri da Amalfi, e abbiamo attrezzature di prim’ordine per la distillazione. Trattiamo materie prime autoctone e le botaniche principali dei nostri prodotti sono raccolte nel Parco nazionale del Cilento ed essiccate naturalmente. Abbiamo, tra le altre cose, anche una camera per l’invecchiamento in barrique certificato e tre reparti di imbottigliamento per oltre 20 mila bottiglie al giorno. Con Distillatori Russo 1899 abbiamo un rapporto di cooperazione stretta: noi mettiamo in linea i prodotti più innovativi, altrimenti ci appoggiamo al loro know how per la produzione. Assieme a loro e all’Università di Salerno abbiamo in corso un progetto di ricerca sulla produzione di distillati da materie prime locali e sul riciclo della materia prima inutilizzata».

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Il giusto prezzo dell’espresso? Si riapre il dibattito
Recenti episodi saliti agli onori della cronaca hanno aperto la strada a un confronto su ampia scala sul tema. Allontanarsi dalla logica dell’euro a tazzina è sempre più un’urgenza

Bargiornale ha più volte affrontato la tematica del prezzo dell’espresso al bar, per il quale una larga platea di esperti ha osservato come il rimanere ancorato a 0,80-0,90 ed anche 1 euro non sia più sostenibile per l’intero settore. A cominciare dai coltivatori, che soffrono per le bassissime quotazioni del caffè fino ad arrivare ai baristi che, con un cassetto medio di un locale italiano di 350 euro al giorno e un guadagno del 10%, difficilmente può stare in piedi.

Vogliamo un prezzo equo per l’espresso è stato il tema quantomai attuale organizzato dalla nostra rivista a Sigep 2020, coinvolgendo professionisti ed esponenti delle diverse associazioni del caffè (Aicaf, Iei e Sca Italy). Osservava allora Francesco Sanapo, il primo ad avere proposto nel 2014 nel suo locale Ditta Artigianale in via de Neri a Firenze, l’espresso a 1,50 euro: «Non è stato semplice. Mi sono trovato di fronte a situazioni difficili, in cui ho messo la faccia, spiegando il motivo del prezzo. Ditta Artigianale è formata da diversi baristi e torrefattori competenti, che hanno reso necessario un aumento del prezzo. È scandaloso pensare di pagare un euro la tazzina, persino a prescindere dalla qualità; ed è impossibile se si ha un barista che ha seguito un percorso formativo di livello». La mancata comprensione da parte di un cliente di questo valore aggiunto e l’assenza della specifica merceologia nel menu (tuttavia disponibile nella lista visibile con il Qr code), hanno portato alla denuncia del locale per un decaffeinato venduto a 2 euro e la consegna di una multa di 1000 euro da parte della Polizia municipale di Firenze. Per molti operatori del settore si è trattato di un salto nel passato (purtroppo ancora molto presente) con la logica dell’euro a tazzina.

A fronte di ciò, Sca Italy vuole aprire un tavolo di discussione con figure fondamentali del panorama del caffè italiano per portare il dibattito sul prezzo della tazzina di caffè a un livello più ampio. Lo scopo di questo progetto sarà valorizzare la qualità del caffè, l’investimento nelle attrezzature e la professionalità che oggi sono il credo di molti baristi italiani. Chi vuole partecipare raccontando la sua storia può scrivere a iinfo@scaitaly.coffee.

Hanno preso la parola sull’argomento anche due figure da sempre impegnate nella divulgazione della cultura del caffè quali Andrej Godina e Mauro Illiano, che osservano come si sia innescato un cortocircuito tra chi considera il caffè un prodotto “nazional-popolare” che non “può” staccarsi da soglie minime (0,80-1 euro) anche a costo di non vedere riconosciuto il giusto compenso a chi lo produce, lo lavora e lo trasforma nella bevanda che gli italiani amano: il primo e l’ultimo anello sono i più deboli della catena, spesso sottopagati e vincolati a una costante precarietà, per soddisfare la miopia di baristi che non sanno fare bene i conti e di consumatori che ignorano tutto ciò o, francamente, “se ne fregano”. «La risposta da dare a questo sistema è innanzitutto la differenziazione del prezzo della tazzina al pubblico, così come accade in un’enoteca con i differenti tipi di vino – afferma Andrej Godina -. Il caffè della casa deve avere un prezzo minimo di almeno 1,50-2 euro che dipende dalla qualità del prodotto e dalla qualità del servizio offerto. A seguire, una carta con  differenti tipi di caffè e diversi sistemi di estrazione (filtro, french press, cold brew, per citarne alcuni), ognuno con il proprio prezzo. Nessuno, credo, si scandalizza se un calice di vino di una particolare annata e di grande pregio costa 15 o 20 euro, la medesima cosa deve avvenire anche per caffè altrettanto pregiati». Al fine di dare più valore alla propria offerta, Mauro Illiano propone di puntare sulla carta dei caffè: «in veste di curatore della prima Guida dei Caffè e delle Torrefazioni d’Italia avverto forte la necessità di supportare e incentivare tutti i protagonisti interessati a stilare le Carte dei Caffè, che permettano finalmente di sdoganare la tazzina dalla sua costante di prezzo. Ad esempio, come si può pensare di porre sullo stesso piano economico un caffè coltivato in piantagioni intensive a cielo aperto e uno ottenuto da piantagioni site nei luoghi più angusti e impervi del pianeta? E caffè che hanno subito lavorazioni complesse? E paragonare il prezzo di tazzine composte da sola qualità Arabica con miscele a prevalenza Robusta, senza considerare l’enorme varietà qualitativa di entrambe le specie? Il discorso potrebbe continuare per ore, passando da considerazioni di tipo politico, burocratico, ambientale, industriale, questioni afferenti la diversa geografia dei Paesi produttori, il differente costo della manodopera, l’eterogeneità della legislazione vigente nel mondo, e tanto altro ancora. Ma è bene riportare l’attenzione sulla necessità di iniziare a identificare, dividere, classificare ed organizzare il caffè, anzi i caffè, realizzando delle vere e proprie carte, esattamente come avviene per il vino da diversi decenni. Solo così sarà possibile donare a ogni caffè la sua dignità e trasferire al consumatore il senso e la necessità di stabilire diversi prezzi per diversi caffè».

Il neuromarketing applicato al prezzo dell’espresso è un ulteriore interessante intervento sul tema realizzato lo scorso febbraio da Davide Cobelli, titolare di Garage Coffee Bros. e di Coffee Training Academy, che ha osservato: «Io nutro da sempre un’idea che spesso condivido con i professionisti che incontro: l’espresso è una bevanda che richiede un tempo relativamente breve di preparazione, ma soprattutto un brevissimo tempo di consumo in pochi sorsi. Questo è il suo grande problema in quanto il cliente finale, nella sua mente, da sempre attribuisce un “valore temporale” a ciò che acquista o consuma, parametrato al tempo del consumo. Questo valore attribuito è tanto inferiore quanto più è breve il tempo di consumo». Il neuromarketing offre alcuni interessanti spunti, che passano tra l’aumento della percezione di valore della bevanda, della professionalità al banco bar e della comunicazione, indispensabile per generare nei consumatori una coscienza al consumo consapevole. Dunque, al giusto prezzo.

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