Torna Cibus! A Parma dal 3 al 6 maggio va in scena il Made in Italy
Oltre 3000 gli espositori per l’edizione 2022 della fiera dell’agroalimentare italiano, che vedrà il ritorno dei buyer esteri in presenza e un focus speciale sul fuori casa

Cibus 2022, in programma a Parma dal 3 al 6 maggio, sarà la prima grande fiera dell’agroalimentare italiano votata all’internazionalizzazione del made in Italy che vedrà il ritorno dei buyer esteri in presenza.

Per la 21a edizione della manifestazione, organizzata da Fiere di Parma e Federalimentare, sono attesi circa 60.000 visitatori operatori del settore e circa 3.000 aziende espositrici.

Uno dei temi centrali di Cibus 2022 non poteva non essere la sostenibilità intesa in tutti i suoi molteplici aspetti. Le iniziative e gli appuntamenti affronteranno inclusione e responsabilità sociale verso le comunità di riferimento; la valorizzazione delle buone pratiche ambientali dell’industria agroalimentare per innescare una reazione a catena positiva lungo tutta la filiera; il set informativo necessario a creare valore sugli scaffali; l’innovazione virtuosa attraverso un’area start up con realtà italiane ed estere.

Focus sul fuori casa

Anche per questa edizione, Cibus rafforza il focus sul canale del fuori casa attraverso progetti espositivi e convegni.

Tornano i Piccoli Birrifici Indipendenti italiani, in collaborazione con Unionbirrai, l’associazione di categoria per la tutela e la valorizzazione del settore, e Birra Nostra, brand di promozione della birra artigianale italiana. Un centinaio i birrifici partecipanti. Altrettanti quelli che concorreranno al prestigioso contest Birra dell’anno 2022, la cui premiazione sarà ospitata il primo giorno di Cibus, il 3 maggio alle ore 14. A partire dal 6 maggio torna anche il Fuori Salone di Cibus, Cibus Off Village, dove scoprire e degustare le produzioni di birra artigianale nel centro di Parma.

Spazio all’away from home con Horeca The Hub. Dopo il successo dell’edizione del 2021, a cui hanno partecipato i key players del comparto d’impulso, degli snack e del food service, Cibus rinnova il concept per l’edizione del 2022. L’area, progettata in collaborazione con Dolcitalia, sarà una lounge, dove si incontreranno grossisti e distributori del canale normal trade con aziende food and beverage, tra attività di animazione e showcooking.

Si discuterà del futuro dell’horeca il 5 maggio alle 10.30 nella Sala Pietro Barilla con il convegno: I vantaggi dell’innovazione digitale nell’out of home: personalizzazione e attenzione al food cost, con la partecipazione di Jakala Data Driven.

Il dopo fiera sarà animato da Cibus After, un’area all’aperto all’interno del quartiere fieristico con un’offerta unica di food&beverage per offrire agli espositori ulteriori spazi di incontro con i propri partner e clienti e di networking disinvolto.

www.cibus.it

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Compagnia dei Caraibi presenta Elemento Indigeno, vini speciali da tutto il mondo
Durata alcuni anni, la ricerca di vini speciali di tutto il mondo curata da Compagnia dei Caraibi si è trasformata nel progetto Elemento Indigeno, con un catalogo che conta oltre 330 specialità

Elemento Indigeno è il progetto di ricerca di Compagnia dei Caraibi interamente dedicato ad una serie di vini speciali internazionali, oltre 330 referenze suddivise in 8 macroaree, 65 regioni enologiche, 27 Paesi, 74 produttori. Un catalogo eterogeneo e strutturato, ampio nella proposta di referenze, capace di toccare tutti gli angoli del globo. Vini ancestrali e rari, antichi e moderni, rivoluzionari ed eclettici.

Il ricco catalogo di Elemento Indigeno è un vero e proprio atlante di vini, un viaggio attraverso i continenti che racconta il vino come pura espressione di un patrimonio antropologico e culturale e connettore globale. Al centro, i produttori, coloro che con passione e competenza raccontano in forme e prospettive diverse un concetto comune: l’amore per il vino. Il tutto sintetizzato nel claim del progetto: The World is Wine.

 “Il mondo è un libro, e chi non viaggia ne conosce solo una pagina” diceva Sant’Agostino.
The World is Wine quindi non è solo il payoff di un progetto, ma una vera e propria dichiarazione d’intenti.

La presentazione dell’iniziativa è stata tenuta di recente presso The Doping Bar di Milano all’interno dell’Aethos Hotel con una degustazione alla cieca di 8 etichette, un esempio delle migliori espressioni del percorso tematico del progetto.

Azienda leader nell’importazione e distribuzione di spirits, vini e soft drinks provenienti da ogni parte del mondo di fascia premium e superpremium, Compagnia dei Caraibi ha fatto proprio questo approccio inedito, esplorando il complesso universo enologico con una prospettiva del tutto originale.

Una selezione basata non solo sulla continua ricerca della qualità, ma anche su un impegno etico nei confronti del lavoro, della terra e della valorizzazione delle sue risorse nelle loro componenti più naturali, valori che vengono trasferiti in un catalogo popolato da molti vini biologici, naturali e biodinamici.

Al centro della ricerca, c’è tutto quello che si cela dietro all’etichetta: l’uomo con il suo territorio, la tradizione e cultura enologica che rende unica la sua storia.

Individuare e tramandare storie particolari

La missione del brand Elemento Indigeno è quella di individuare vini provenienti da Paesi lontani e vicini, per creare un dialogo capace di superare confini e convenzioni, verso un orizzonte inclusivo fatto di popoli e culture diverse, accomunate dalla stessa passione che porta a coltivare la terra e a pigiare l’uva.

In questo senso, il vino è lo strumento di scoperta, il mezzo primordiale, capace di oltrepassare confini temporali, geografici, sociali, per portare alla luce il genius loci.

«Con Elemento Indigeno vogliamo raccontare il vino da una nuova prospettiva – precisa Alessandro Salvano, giovane e cosmopolita enologo, oltre che Sales Wine Manager di Compagnia dei Caraibi –  Il focus della nostra ricerca non è solo interpretare un punto di incontro fra domanda e offerta, ma condividere la nostra idea di vino. La selezione del catalogo, infatti, non vuole essere un insieme di categorie e di trend, ma un racconto di storie dove il vino è il risultato del lavoro di persone appassionate, di custodi di cultura e pensatori rivoluzionari.  Siamo partiti dall’idea che i nostri vini devono, come prima cosa, essere piacevoli nel momento della degustazione, portare emozioni e stimolare pensieri e convivialità. Il nostro catalogo abbatte i confini – fisici e di pensiero – raccontando il vino come connettore globale di una ricerca sempre in divenire».

Il progetto si configura come un viaggio virtuale attraverso i sapori e i saperi delle culture autentiche dei territori, per disegnare la miglior cartina enografica possibile, tutta da degustare. Tanto da poter essere concentrata in un’apposita Ruota dei Vini.

Ogni vino è il racconto di una storia fatta di passione e filosofia che Elemento Indigeno scopre e indaga nella veste di Wine Explorer, un trend setter & wine hunter, abile nell’intercettare le tendenze e le novità del momento nell’universo vino, per offrire al pubblico un’esperienza non convenzionale, di alto livello, e accessibile a tutti.

Elemento Indigeno è anche un servizio qualificato rivolto al trade – ristoratori e rivenditori al dettaglio – cui affidarsi nella definizione della propria proposta enologica. Un partner di fiducia in grado sia di affiancare i ristoratori che per praticità preferiscono fare riferimento a un consulente qualificato, sia di accompagnare gli operatori del settore, più attenti all’attualità, ai nuovi trend e alla natura, nella costruzione della propria cantina.

Ma è anche un progetto che parla a tutte le persone curiose e appassionate di vino che trovano nel confronto con altri stili un momento di arricchimento. Attenti esploratori di nuovi orizzonti e di quell’innovazione che Elemento Indigeno porta nei migliori ristoranti, così come a casa propria. Si rivolge a tutti coloro che fanno proprio il concetto di bere senza pregiudizio che non manifestano timore nell’intraprendere un viaggio, tra gusto ancestrale e innovazione, senza conoscerne la meta, ma potendo contare sulla selezione di un mentore d’eccellenza come Elemento Indigeno.

Un’avventura che non poteva che partire dalla Georgia, dove 9.000 anni fa, tra il Caucaso e il Mar Nero, è nata la viticoltura, per scoprire che oggi, il vino georgiano di qualità, realizzato nelle tradizionali anfore di terracotta interrate, protagonista di un prepotente ritorno.
 Una prima tappa che si completa passando dai territori armeni e azeri, per arrivare a conoscere le storie e i sapori dei vini turchi, libanesi e marocchini, lungo la traiettoria in cui la cultura del vino si è diffusa: il Mediterraneo.

Fanno parte di questo viaggio anche il Tropico del Capricorno, agli estremi dell’Africa e l’Emisfero Australe, grazie ai vini eroici di Argentina, Cile e Perù, per ritrovarsi dall’altra parte del mondo, lungo la Rotta Pacifica e poi su, nell’Impero del Sole, dove scoprire i vini di Katsunuma, la cantina simbolo della identità vitivinicola giapponese più profonda.

Ogni viaggio ha un suo diario di bordo ed Elemento Indigeno ha il suo Diario di Atlante, un compendio in continuo aggiornamento, un catalogo dai fogli mobili per una lista di vini e storie destinata ad ampliarsi e modificarsi continuamente. Perché ogni vino rappresenta un microcosmo culturale e i vini evolvono come evolvono i popoli che li producono.

Un concetto che ritroviamo racchiuso anche nell’immaginifico logo del progetto. Una sfera, idealizzazione del chicco d’uva, una piramide, elemento energetico e di scambio, una lingua, che rappresenta l’animale e il suo istinto e che assapora ciò che è nuovo. Infine, l’elemento umano, che gode dell’uva, dell’energia e della scoperta.

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Mercato Centrale Milano, 29 artigiani e l’aroma di 1895 Coffee Designers
Filippo La Mantia – Oste&Cuoco è il locale da poco aperto dal cuoco palermitano al secondo piano del Mercato, crocevia di esperienze multisensoriali

Vive, cresce e si fa sempre più goloso il Mercato Centrale Milano aperto lo scorso settembre in uno spazio riqualificato sul lato ovest della Stagione Centrale: un successo, come già quelli di Firenze, Roma e Torino. Sono tante le novità e le storie che si trovano dietro i volti dei 29 artigiani distribuiti su due piani in uno spazio di oltre 4500 mq, oltre a 200 mq di dehors, con ingressi dalla stazione e da via Sammartini – piazza IV Novembre, aperto tutti i giorni dalle sette del mattino a mezzanotte.

Al primo piano è stato da poco inaugurato il nuovo ristorante Filippo La Mantia – Oste&Cuoco: 140 metri quadrati con circa 80 coperti in cui la tradizione regna sovrana, con un utilizzo di materie prime provenienti principalmente dalla Sicilia. Il menu cambia seguendo la stagionalità, anche se tra gli ingredienti preferiti dal cuoco spiccano quelli estivi, che ricordano il sole della sua terra: pomodoro, melanzane, basilico e – più di tutti – gli agrumi, il tratto distintivo della sua cucina.  Il ristorante si sviluppa con la formula buffet servito a pranzo e menu alla carta a cena; a entrambi si unisce il piacere di una coffee experience firmata 1895 Coffee Designers, partner dello chef. I caffè selezionati sono Cocoa Reloaded, miscela di caffè di specie arabica (Brasile e Colombia) e Robusta (India), con un aroma intenso di cioccolato e note di cannella e scorza di arancia. Quindi lo specialty coffee Calima Monorigine, coltivato in Colombia nella regione montuosa della Cauca a 1800-200 metri e lavorato con doppia fermentazione anaerobica e seguente termal shock. In tazza si presenta con un aroma intenso di frutta, un corpo medio, un gusto dolce e piacevolmente acidulo con sentori di frutta tropicale, lichee e papaya. A breve si potranno gustare anche estratti con la moka Carmencita Pro di Lavazza.

Visitando il nuovo Mercato Centrale milanese colpiscono poi la bottega del maestro pasticcere Vincenzo Santoro della Pasticceria Martesana: un’istituzione in città, con i suoi undici premi vinti nelle principali competizioni di settore a livello nazionale e internazionale. Ci sono anche le specialità campane della bottega La Sfogliatella Napoletana di Sabato Sessa, che porta avanti i valori di famiglia, sempre legati al territorio, alla ricerca e alla passione per il saper fare. In bottega non mancano babà e altre bontà rappresentative della tradizione dolciaria napoletana, insieme alla piccola rosticceria. Il gelato e il cioccolato portano le firme e il tocco artistico di Riccardo Ronchi e Edoardo Patrone di Mara dei Boschi di Torino, sempre alla ricerca del gusto perfetto, che sia capace di creare stupore, e sempre in sintonia con il meglio della stagione.

Se l’offerta food è vasta e articolata, quella beverage è altrettanto interessante. Per cominciare, nella Birreria Moretti la Birra Moretti Baffo d’Oro è fatta appositamente per il Mercato. Prodotta nel vicino birrificio di Comun Nuovo senza essere sottoposta al processo di pastorizzazione, arriva freschissima in due grandi tank che ne preservano le caratteristiche. Quanto al vino ci pensa l’Enoteca firmata Tannico: la sua carta dei vini cambia ogni settimana per offrire – in bottiglia o alla mescita – una scelta di grandi etichette italiane e internazionali, Champagne, vini rari, piccoli artigiani e vini naturali. E l’offerta è ancora vasta, in grado di soddisfare ogni palato.

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Rincari e tattiche da difesa, è iniziata la guerra dell’energia
L’aumento vertiginoso dei prezzi di gas e luce si è ribaltato, come previsto, anche sul conto economico delle nostre imprese. il governo si è mosso per mitigare i rincari, ma molto può essere fatto “in casa”. I consigli un esperto di energia

Nelle prime settimane del 2022, le cronache riportavano la notizia di gestori e titolari alle prese con bollette salatissime. Emblematica, la storia del titolare del bar Ci.Risiamo di Empoli che, lo scorso gennaio, si è visto recapitare una bolletta della luce di 12.911 euro e 74 centesimi. «Quando l’ho vista non ci ho creduto – ha rivelato il titolare Luigi Di Dio Faranna a RepubblicaTV – pensavo fosse uno scherzo. Sapevo che erano previsti degli aumenti, ma non mi aspettavo di pagare quasi tre volte in più. Se non si hanno le spalle coperte, una bolletta di questo importo può metterti davvero in ginocchio». Il caso dell’imprenditore empolese è solo uno dei tanti. All’inizio dell’anno, sui profili social di molti gestori di bar e ristoranti sono apparse le foto delle ultime bollette con rincari anche fino al 100%. Una vera e propria stangata certificata da uno studio di Confcommercio – Nomisma Energia che lo scorso febbraio ha messo nero su bianco i costi per le imprese. In particolare, per quelle del fuori casa.

Gli aumenti dei costi di energia e gas

Con le nuove tariffe in vigore dal 1° gennaio, lo studio stima un aumento della bolletta elettrica da 7,4 miliardi di euro nel 2021 a 13,9 nel 2022. Per non parlare di quella del gas che, con un consumo complessivo di 5 miliardi di metri cubi, cresce da 3,9 miliardi di euro nel 2021 a 6 miliardi nel 2022. Per un bar la bolletta elettrica dovrebbe passare in media da 4 mila a 7 mila euro all’anno, per salire, con il costo del gas, da 5 mila a 10 mila euro in totale. Costi medi in quanto, i consumi energetici di un locale possono oscillare sensibilmente, andando dai 17.000 KWh dei piccoli caffè ai 45.000 KWh nel caso dei bar pasticceria, per arrivare a toccare i 142.000 KWh delle attività di self service.

Tutto questo succedeva prima dell’invasione dell’Ucraina, lo scorso 24 febbraio. Da allora, i prezzi dell’energia sono letteralmente volati alle stelle. Cosa fare dunque per calmierare in autonomia il caro bolletta? Lo abbiamo chiesto a Dario Di Santo, direttore di Fire, associazione tecnico-scientifica no-profit che promuove l’efficienza energetica e, su incarico del Mse, gestisce la rete degli energy manager.

I consigli per ridurre gli sprechi

«Nella maggior parte dei casi sprechiamo energia – esordisce l’esperto – senza rendercene conto. Suggerisco di provare a verificare se le luci e l’impianto di climatizzazione rimangono accesi quando non servono. In questo caso il rimedio è semplice. Un’altra opzione a basso costo è quella della regolazione degli impianti, spesso non ottimizzata (troppo caldo in inverno e freddo in estate, luci senza sensori di presenza nei bagni, banchi frigo non ottimizzati o non manutenuti). In generale, inoltre, la manutenzione non va trascurata. La pulizia degli scambiatori di calore, ad esempio e il ripristino della coibentazione dei tubi possono aiutare».

Tutte operazioni che non richiedono grandi investimenti, ma se un gestore avesse delle risorse da spendere? «In questo caso, le principali opzioni riguardano l’illuminazione (lampade a led, sensori di illuminazione e presenza, corpi illuminanti efficienti), la climatizzazione (pompe di calore, sistemi di regolazione automatica collegati a temperatura, umidità e concentrazione CO2 interne, recuperi di calore da cucine e forni e free cooling, coibentazione nel caso di chioschi), dispositivi più efficienti (forni, cucine, banchi frigo, etc.), le fonti rinnovabili (solare fotovoltaico e solare termico). Posso consigliare alcuni suggerimenti redatti nell’ambito di un progetto in cui eravamo stati coinvolti alcuni anni fa, ancora validi e disponibili in nel manualetto, scricabile gratuitamente, “20 misure per aiutare la tua impresa a risparmiare energia (e denaro)”. Diciamo che i risultati migliori si possono conseguire con soluzioni su misura, da individuare insieme ad un esperto di settore, come un EGE – esperto in gestione dell’energia. C’è infine la possibilità di lavorare sulla filiera per ottimizzare i consumi nel bar: ad esempio confrontando bevande alla spina e bevande in lattina o bottiglia, gestione dei prodotti dolciari e salati ecc.».

Attenzione ai contratti

Tra le misure che un bar può prendere c’è anche quella di una revisione dei contratti di fornitura. «Si tratta più che altro di non stipulare contratti poco convenienti e di ricordarsi di ridiscuterli annualmente. Come con la telefonia rimanere fissi con un fornitore e un contratto difficilmente paga. Va però detto che le imprese piccole non hanno grande potere di acquisto. Una scelta è quella fra contratti a prezzo fisso e a prezzo indicizzato. In entrambi i casi si può guadagnare o perdere in funzione dell’andamento dei mercati. Pensiamo  – aggiunge Di Santo – alla pandemia: chi aveva un contratto a prezzo variabile ha guadagnato nella prima fase, quando i prezzi sono calati notevolmente. Viceversa, quando dopo la scorsa estate sono aumentati fino ad arrivare dove sappiamo, chi aveva il contratto a prezzo fisso ne ha beneficiato. In generale i contratti a prezzo fisso hanno quantomeno il vantaggio di garantire la spesa per il periodo di validità delle condizioni».

Energy manager, incentivi e premi per chi risparmia

Cosa attende, dunque, le pmi italiane nel medio termine e le misure che il governo vuole mettere in campo contribuiranno a calmierare il mercato? «Fare previsioni in questa situazione è impossibile. Speriamo che la ragionevolezza prevalga nella guerra in Ucraina e che si possa tornare ad una situazione meno rischiosa e dunque meno volatile in merito ai prezzi. Dobbiamo comunque attenderci un sistema di mercato diverso da quello degli ultimi anni, in quanto le relazioni commerciali sono state messe a dura prova prima dalle politiche dei dazi, poi dalla pandemia e ora dalle conseguenze della guerra. Questo significa che investire in efficienza energetica e fonti rinnovabili, nonché nell’innovazione di prodotti e servizi, porta con sé dei rischi, ma anche la possibilità di ricadere in piedi nel futuro».

In base alla vostra esperienza, avere notato anche da parte delle microimprese una maggiore sensibilità riguardo i temi del risparmio energetico (ad esempio, l’utilizzo di attrezzature a basso consumo o la sostituzione delle luci a incandescenza o neon con quelle a led)? «In generale la situazione negli ultimi venti anni è migliorata, ma siamo ancora ben lontani da un uso razionale dell’energia. Le micro e le piccole imprese difficilmente possono nominare un energy manager fra i propri dipendenti, ma è sempre possibile indirizzarsi su un EGE (nel sito del nostro organismo di certificazione, si possono trovare gli esperti per area geografica). Si può anche pensare di lavorare con le associazioni territoriali per dotarsi di un energy manager che possa seguire le strutture in una certa area. I bar appartenenti alle catene potrebbero, infine, considerare la possibilità di prevedere premi per i dipendenti nel caso ottengano riduzioni dei consumi. Per i chioschi, con le giuste tecnologie e le fonti rinnovabili, unite a interventi di efficientamento energetico, si possono fare salti avanti notevoli in termini di consumi».

«Nel caso dei bar che si trovano all’interno dei condomini il discorso può essere un po’ più complesso. Ritengo si possa comunque ragionare con il proprietario delle mura per eventualmente condividere le spese di intervento. Per alcune soluzioni sono tra l’altro disponibili incentivi nazionali, come il conto termico e le detrazioni fiscali, o locali. Per le altre, con i prezzi attuali i tempi di ritorno possono comunque essere brevi. È infine fondamentale  – conclude Di Santo – rivolgersi ai fornitori di prodotti tecnici, come i banchi frigo o le cucine, per comprendere le molteplici opportunità legate all’uso di nuove soluzioni. I migliori risultati, per chi ha la capacità di investire, si possono ottenere mettendo insieme il rinnovamento del core business con l’uso efficiente dell’energia e delle altre risorse».

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La partita dei prezzi ancora tutta da giocare
L’editoriale del numero di aprile 2022 di Bargiornale a firma del direttore Rossella De Stefano. Dedicato al caro bollette e alle misure per contrastare i rincari

Il nuovo anno (ahinoi!) si è aperto con una pesante ipoteca sulla crescita. Colpa della pressione inflattiva, come se già non bastassero la recrudescenza dei contagi e i problemi connessi all’occupazione. Lo rivela il Rapporto Ristorazione 2021 Fipe-Confcommercio. Numeri alla mano, oltre l’87% dei pubblici esercizi dichiara di aver subito aumenti della bolletta energetica: uno su tre lamenta rincari tra il 25% e il 50% e quasi il 20% denuncia rincari superiori al 50%. Di più: il 76,2% prevede nell’anno in corso un ulteriore aumento dei costi della bolletta energetica.

La copertina di aprile 2022 di Bargiornale

Una percentuale simile (72,5%) si aspetta anche un rincaro dei prodotti alimentari.  In questo scenario ancora in chiaro/scuro si è inserito l’avvio del conflitto in Ucraina. “Dinanzi a un aumento dei costi e a una valutazione non incoraggiante sulla propensione al consumo – si legge nel Rapporto – fa riflettere che meno di un’impresa su due stia pianificando misure per contrastare i rincari”. Queste misure si concretizzano principalmente nel rialzo dei prezzi di vendita (33,6%) e nella scelta di fornitori più competitivi (28%). Si può fare qualcos’altro?

È quanto abbiamo voluto indagare sul numero di Bargiornale di aprile 2022 per individuare possibili vie di uscita. Perché, sebbene speriamo tutti che, alla fine, la ragionevolezza prevalga sulla guerra e che si possa tornare a una situazione meno rischiosa e dunque meno volatile in merito ai prezzi, è lecito attendersi un sistema di mercato diverso da quello degli ultimi anni. E, già oggi, investire in efficienza energetica e fonti rinnovabili, avvertono gli esperti, ci permetterà di ricadere in piedi nel prossimo futuro.

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Vermouth, grappa e gin italiani protagonisti al Vinitaly
Lunedì 11 aprile alle 14.30, a VeronaFiere, i liquori e i distillati italiani saranno protagonisti del convegno promosso da Bargiornale nell’ambito di Vinitaly Mixology

Il gin è il fenomeno del momento. Tallonato da Vermouth e Aperitivi. E la Grappa è la grande scommessa del futuro. Queste le evidenze della ricerca Iri che sarà presentata in esclusiva lunedì 11 aprile in occasione della 54a edizione del Vinitaly, che si terrà dal 10 al 13 aprile a Veronafiere. L’appuntamento, promosso da Bargiornale, si inserisce all’interno del fitto calendario di appuntamenti di Vinitaly Mixology in collaborazione con Bartenders Group Italia (Area esterna Padiglione I), tra le novità più attese quest’anno.

A discutere delle prospettive e opportunità per i liquori e i distillati italiani nel contesto internazionale un parterre d’eccezione:
Samuele Ambrosi, fondatore di Cloakroom Cocktail Lab e CloakStudios, Vicepresidente Aibes
Mario Carbone, Account Director di Iri
Fulvio Piccinino, esperto di liquoristica italiana
Leonardo Pinto, fondatore della piattaforma GrappaRevolution
Modera Rossella De Stefano, direttore responsabile Bargiornale

L’accesso al convegno sarà consentito ai visitatori del salone fino a esaurimento posti (45 i posti disponibili). La registrazione è obbligatoria con acquisto del biglietto di ingresso in modalità online. Ricordiamo che non saranno aperte biglietterie fisiche onsite, nemmeno per il cambio inviti

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Nik’s&Co., nel salotto milanese di mister Nik si viaggia a suon di pairing
Nik’s & Co. è un bar e ristorante dal look in stile proibizionismo, dove il protagonista è Nik, viaggiatore immaginario che dà il nome al locale. Fra i punti di forza, la drink list tematica e un food pairing studiato a due mani, fra chef e bar manager

Con un background in ingegneria e una start-up di successo, Leo Sculli non si sarebbe mai aspettato di entrare nel settore dell’ospitalità. Ma quando ha scoperto un’allettante proprietà in vendita appena a Nord della stazione di Milano Centrale, ha deciso di correre il rischio e aprire un bar ristorante, Nik’s & Co. Il locale, ubicato in una zona in cui la concorrenza non è così agguerrita, è raggiungibile da punti nevralgici della città: ci si arriva in 15 minuti a piedi dal quartiere Isola e Piazza Gae Aulenti, solo 10 dalla Stazione Centrale.

Aperto da pranzo fino a tarda sera, Nik’s si rivolge a un vasto pubblico. Il cocktail bar con cucina di via Schiaparelli è un crocevia di sapori e fantasia: è un punto d’incontro per una clientela ampia, dai professionisti alle giovani coppie, agli appassionati di cocktail. All’interno, lo stile predominante si rifà alla New York dei ruggenti anni Venti: luci soffuse, linee pulite e arredi che giocano alternando diverse tonalità di verde e legno. Alla calda atmosfera di Nik’s si aggiungono le decorazioni retrò, che conferiscono all’ambiente un look che è un incrocio tra un cocktail lounge vintage e un salotto elegante.

Il concept del locale è costruito attorno a Nik, un personaggio immaginario inventato da Leo Sculli: un gentiluomo del jet set d’altri tempi, che ama conoscere nuove culture, spezie e botaniche durante i suoi viaggi in giro per l’Italia e il mondo. La cocktail list è dunque ispirata a Nik e a un suo viaggio retrò attraverso i sapori. I primi due menu del locale coprivano rispettivamente gli anni ’20 e ’30; il terzo menu, il più ambizioso, è stato lanciato lo scorso autunno ed è ispirato da un immaginario giro d’Italia di Nik negli anni ’40, con un focus sui prodotti tipici regionali e riferimenti alle figure iconiche italiane dell’epoca. Ciò che lo distingue dai menu precedenti (e da quelli di altri cocktail bar nel mondo) è un abbinamento rischioso, ma ben eseguito, di cocktail d’autore e piatti originali.

L’Italia in pairing

Qualche esempio? Il pairing dedicato alle Marche, ovvero Cozze e patate accompagnato da un cocktail a base di Gin Mare Capri, cordiale di acqua di pomodoro e capperi e top di Perrier. Poi c’è l’Emilia Romagna con un Risotto alla barbabietola con “caviale” di Negroni e frutti rossi fermentati, sposato con un drink a base di gin di prugnole, cordiale all’aceto balsamico ed estratto di barbabietola. Le eccellenze non mancano nel menu degustazione. I viaggi di Mr. Nik in Lombardia, per esempio, hanno ispirato un piatto di carne impreziosito da un grande vino lombardo (Valtellina Superiore), nello specifico il Filetto di cervo alla brace con bietole, vin brulé e uvetta, proposto con C’era una volta il West, cocktail a base di whiskey Bourbon, shrub home made al carciofo, Vermouth Baldoria Bianco e whisky Talisker.  Qui, le dolci note affumicate di Talisker Skye e l’aroma del carciofo ricordano la terra e il sottobosco, e quindi sono un ottimo complemento al filetto di cervo. Inoltre, il pairing funziona molto bene per via dei contrasti tra dolcezza e acidità che caratterizzano il piatto.

Il tocco da maestro del menu è l’abbinamento dei dessert con drink studiati ad hoc. La mousse al cioccolato bianco con riduzione di mirto e polline, per esempio, è già squisita da sola, ma raggiunge ben più alti livelli se abbinata a Sa Seada, un cocktail con Ketel One Vodka, colatura di Pecorino e miele. I team del bar e della cucina si sono ispirati a prodotti tipici sardi come seadas e mirto, stravolgendo la classica esperienza di consumo. Durante il primo brainstorming, lo staff ha descritto l’abbinamento come segue: «Abbiamo fatto del dolce una bevanda, del mirto un piatto». Da qui l’idea di creare un drink che avesse il Pecorino fra gli ingredienti e un dolce che invece contenesse una riduzione di mirto. Le materie prime di partenza sono i sapori predominanti, che si fondono in modo perfettamente equilibrato, con il miele a fare da comune denominatore. Con le più recenti scelte di food pairing, Nik’s & Co si è rapidamente posizionato molto in alto fra i ristoranti con cocktail bar della metropoli lombarda, tanto che, sebbene sia un format molto particolare se non unico nella zona a Nord della Stazione Centrale, il locale – con la sua proposta gastronomica curata e l’atmosfera intima – sta attirando come una calamita clienti di ogni ceto sociale.

Attualmente lo staff del bar e lo chef Paolo Bertin stanno lavorando in stretta collaborazione per sviluppare la prossima carta con inediti abbinamenti fra proposte food e cocktail. Sarà pronta a breve e presenterà un nuovo “viaggio”: per la quarta tappa del suo percorso il globetrotter Nik si trasferirà in America, alla scoperta delle atmosfere degli anni ’50 e ’60. *

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Modello Luini: cinque parole chiave (e un panzerotto) per entrare nella storia
Sandro Castaldo, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso il Dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi a Milano, spiega cosa Luini può insegnare agli imprenditori del bar

Dici Luini ed è subito panzerotto, è subito leggenda milanese. Street food prima che lo street food diventasse un trend, cibo semplice e servizio basico in un forno nato nella Milano del dopoguerra, diventato consumo di precetto per concittadini e turisti, resistente a tutto e a tutti: è la formula magica del prodotto da forno venduto in via Santa Radegonda 16 (a un passo dal Duomo di Milano) in un punto vendita piccolo e solo per l’asporto, nata nel 1949 e diventata un modello di successo. Cibo conosciuto in tutta la città, immutabile nel concetto ma evolutosi nelle modalità produttive e nella gestione.

A lezione dall’antesignano dello street food

Luini, 90 anni raggiunti e superati coccolando il business di famiglia, si è raccontato nel libro Volevo solo fare il panettiere (ed. Egea). Una saga famigliare e, insieme, la narrazione di un’avventura imprenditoriale, dalla quale abbiamo provato a trarre cinque lezioni di gestione, cinque parole chiave che identificano le basi del successo del panzerotto di Luini. Le abbiamo fatte emergere con l’aiuto del professor Sandro Castaldo, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso il Dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi a Milano, autore della prefazione del libro di Luigi Luini.

I cinque ingredienti che fanno del panzerotto di Luini un mito

Queste le cinque “lezioni” che il modello Luini può dare anche a un locale di oggi, inserito in una realtà urbana.

1. Innovazione di prodotto e di servizio

La capacità dell’azienda non solo di innovare nella produzione e nei prodotti, ma anche nella modalità di servizio al cliente (rapido e street food). 

Basta passare da via Santa Radegonda per un assaggio: anche in tempi di Covid, la gestione dei flussi è impeccabile, le file sono gestite, i tempi di attesa sono minimi, la cortesia non è mai in discussione. Così Luigi Luini racconta il passaggio chiave dell’impostazione del nuovo banco vendita: quello vecchio «andava bene quando eravamo un piccolo panificio, in una fila si veniva serviti, in un’altra si pagava alla cassa e nell’angolo della stanza rimaneva lo spazio per scambiare due parole, allacciarsi una scarpa». Ma i tempi erano cambiati e le scarpe pure. L’idea del nuovo bancone venne a quel piccolo vulcano di Emanuela (una delle due figlie, ndr). «Facciamo un bancone in linea, così chi entra non deve fare mille giri. Guarda, sceglie, ordina e esce con i suoi prodotti. Le cose più semplici sono sempre le più efficaci».

2. Rispettare la tradizione

Innovare non vuol dire tagliare i ponti col passato, ma reinventare costantemente ricette e formati distributivi classici, interpretandoli in modo moderno e allineato ai nuovi trend di consumo.

Ancora dal libro, a proposito di come segnalare caratteristiche e ingredienti dei panzerotti al banco: «Negli anni ho imparato a fidarmi anche delle mie sensazioni, anche quando agli occhi degli altri vengono scambiate per capricci. “Ma Luigi! Perché non vuoi mettere un tabellone con i numerini? È pratico, moderno, agevola negli orari di punta, lo hanno tutti!”. NO! I clienti non sono freddi numeri e la mia bottega non è un ufficio postale».

3. Orientamento al cliente

Costante ascolto delle esigenze del cliente e della loro evoluzione nel tempo, senza mai smettere di rispondere ai bisogni emergenti della domanda, che è il vero fulcro dell’iniziativa imprenditoriale.

«Certi clienti li considero una fortuna. Non per quello che mi hanno comprato, ma per quello che mi hanno insegnato». E così, ascoltandoli, Luini ha mantenuto viva l’offerta del suo forno. «È cambiata e non poteva essere altrimenti – ricorda sempre Luini nel libro – se mi fossi limitato a fare michette non sarei a raccontare questa storia. Fu quello londinese il periodo delle più grandi sperimentazioni, alcune delle quali, rientrato in patria, volli riproporre anche a Milano. In memoria degli anni a Londra, mi lasciai convincere a tenere i nomi originali, così come erano stati pensati, in inglese. «Chocolate Cake» e «Country Cake» entrarono allora nel nostro menu, alcune varianti vennero rimaneggiate ancora, altre invece abbandonate per far spazio alle novità più in linea con i gusti dei clienti».

4. Trasformare le passioni in lavoro

La passione rappresenta il punto di partenza dell’attività imprenditoriale, così l’impegno nel lavoro e nelle attività professionali non rappresenta più un sacrificio, ma diventa soddisfazione e piacere.

«Io non vedo alcuna differenza di principio tra un prodotto da forno e una stretta di mano. Panzerotti, taralli, friselle, rosette, sfilatini e torte sono questione di mani, e quelle mani appartengono soltanto a un uomo, che nelle sue mani profonde tutta la sua intelligenza, tutto se stesso».

5. Resilienza

Non abbattersi per risultati non convincenti e insuccessi nel breve termine. Cercare sempre di apprendere dagli errori e dagli insuccessi per migliorare.

Nel 1970 Luigi Luini rischia di perdere tutto: la proprietà dei “muri” del suo forno vuole revocargli l’affitto, mandarlo via. Lui racconta così la sua decisione di rischiare l’azzardo più grande della vita: «Misi mano a ogni risparmio e raggruppai tutta la mia liquidità, arrivai persino a impegnare alcuni miei beni pur di raggiungere la cifra richiesta e acquistare i muri dell’intera proprietà, dal piano terreno dove lavoravamo fino al primo piano dove abitavamo. Quello fu credo il più grande azzardo della mia vita. Pazzo, mi dicevano. Rimasi senza risparmi, nemmeno un centesimo di riserva». Lottare come un leone per tenere quella location si rivelò un azzardo vincente, perché senza quella posizione strategica non esisterebbe il mito Luini.

La sesta lezione: qualità del prodotto prima di tutto

A ben guardare, c’è un’ultima lezione da ascoltare. Quella che riguarda il prodotto. La formula del panzerotto ha origine dal libro di ricette – scritte a mano – della mamma di Luigi Luini. Semplice e geniale, adeguata al mercato che ha richiesto differenziazione (oggi il panzerotto è offerto in 11 versioni fritte e 6 al forno), ma immutata nella sua essenza, sempre con la massima attenzione alla qualità delle forniture. Sempre con quel mix di bontà e semplicità che fa del panzerotto un mito.

«Ho visto svariati modi di tenere in mano un panzerotto e mangiarlo, ognuno ne ha uno proprio. Ho scoperto che alcuni lo tengono per l’estremità e sembrano equilibristi attaccati a una fune. Altri li avrei abbracciati, tanto erano impacciati nel maneggiare anche solo la carta tutt’intorno. Tutti, però, lo finiscono».

Luigi Luini

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Le novità Lucano 1894 in distribuzione con Coca-Cola Hbc Italia
Amaro Lucano Essenza e la linea di vermouth Mancini sono le novità di Lucano distribuite in esclusiva da Coca-Cola Hbc Italia. Si consolida così la partnership tra le due realtà avviata nel 2018

Si consolida la collaborazione tra Coca-Cola Hbc Italia e Lucano 1894, una partnership nata nel 2018, quando il gruppo Lucano è stato il primo produttore di spirit ad affidare la distribuzione esclusiva dei suoi prodotti nel canale horeca italiano all’azienda, principale imbottigliatore dei prodotti a marchio The Coca-Cola Company sul territorio nazionale. A suggellare la partnership l’ingresso nel catalogo di Coca-Cola Hbc delle ultime novità di Lucano: Amaro Lucano Essenza e l’intera gamma di vermouth Mancino, brand acquisito da Lucano 1894 alla fine dello scorso anno (leggi Colpo Mancino per Lucano: acquisito il brand di vermouth artigianali).

Essenza: nuova creazione di casa Lucano

Ultimo nato di casa Lucano, Amaro Lucano Essenza (alc 34% in vol) rappresenta una grande novità per l’azienda: è infatti il primo prodotto invecchiato nella storia del brand. La sua base è Amaro Lucano Anniversario, la versione del noto amaro creata per celebrare i 120 anni di storia dell’azienda, che viene fatto affinare per 12 mesi in barrique che in precedenza avevano accolto grappa. Processo che ne arricchisce il profilo, caratterizzato da avvolgenti note di cioccolato, di pasticceria secca, frutta candita e dal tipico bouquet erbaceo di Amaro Lucano. A custodire il nuovo prodotto una bottiglia dalla linea essenziale ed elegante, che ricorda l’acciaio corten, e sottolinea tutto il pregio del nettare custodito.

Vermouth Mancino: tradizione e sperimentazione

Non meno pregiata la gamma di vermouth Mancino, che comprende 7 diverse referenze frutto della creatività di Giancarlo Mancino, pluripremiato bartender lucano. Prodotti artigianali ottenuti da una selezione di circa quaranta spezie e botaniche, poi macinate con un mulino tradizionale del 1930, unite a selezionati vini italiani.

La gamma include il Mancino Vermouth di Torino Secco (alc 18% in vol), dal gusto lievemente amaro, fresco e molto secco, con intensi profumi di erbe del Mediterraneo, quali salvia, maggiorana e origano, con delicati aromi di citronella, rosa canina, iris, noce moscata e un finale di agrumi, perfetto per un Gin Martini. Mancino Vermouth di Torino Bianco Ambrato (alc 16% in vol) leggermente amaro con aromi di rosa alpina, camomilla, fiori di sambuco, genziana e menta, arancia dolce e zenzero, pompelmo rosa, cardamomo, liquirizia e chinino. Un prodotto adatto sia da servire liscio, o con ghiaccio, e una fetta di arancia, sia per la preparazione di Vesper, o per miscelarsi con gin e vodka. Mancino Vermouth di Torino Rosso Amaranto (alc 16% in vol), un vermouth di grande corpo, caratterizzato da sentori di vaniglia, rabarbaro, ginepro, legno tostato, mirra, chiodi di garofano, cannella, scorza di arancia e dal finale dolce amaro, ideale per super classici come il Negroni e il Manhattan.

A questi si aggiungono poi specialità come Mancino Vermouth Vecchio e Mancino Vermouth Chinato. Il primo (alc 16% in vol) è un vermouth dolce, frutto dell’invecchiamento di 12 mesi dell’Amaranto in botte di singola quercia italiana. Passaggio che gli conferisce la forza del legno antico e delle spezie, donandogli un bouquet più ricco, fruttato e avvolgente, con essenze di ciliegia, miele, uvetta, cioccolato fondente e vaniglia, che lo rendono perfetto da servire dopo cena in abbinamento a formaggi pregiati o dessert, oppure freddo liscio come digestivo. Mancino Vermouth Chinato (alc 17,5% in vol) nasce invece da un originale mix Secco, Bianco e Rosso, a base di Trebbiano di Romagna, con Barbera d’Asti Docg e aggiunta di pura china. Il risultato è un prodotto ricco e complesso, che si apre con le note del tradizionale vermouth Mancino per poi soffermarsi su quelle di vino rosso, profondo e amaro, che ne fanno un perfetto aperitivo e digestivo, da servire liscio e freddo, anche in accompagnamento a formaggi o dolci, oppure riscaldato, come il vin brulé o per un Hot Toddy.

Completano la gamma Mancino Vermouth Sakura e Mancino Vermouth Kopi, i prodotti più sperimentali della collezione. Sakura (alc 18% in vol) prodotto in sole 4.000 bottiglie l’anno, nasce infatti dalla passione del suo creatore per il Giappone. Per realizzarlo ha utilizzato boccioli di ciliegio di Kyoto, unendoli a petali di viola toscana e ad altre 18 botaniche su una base di vini bianchi italiani, dando così vita a un prodotto dai sentori delicati e dal marcato sapore amaro dato dall’assenzio. Mancino Vermouth Kopi (alc 17% in vol) combina invece le caratteristiche del vermouth Mancino con le esperienze del caffè in Asia, grazie all’aggiunta di 14 chicchi di Robusta selezionati a mano a Java e sottoposti a tostatura scura a Napoli da Barbera Caffè. Nasce così un prodotto molto particolare, perfetto da servire freddo insieme a un caffè.

Con queste new entry Coca-Cola Hbc Italia impreziosisce il suo già ricco catalogo, che conta oltre 70 referenze premium e super premium italiane e internazionali, tra vodka, rum, tequila, mezcal, whisky, gin, aperitivi, vermouth, amari e liquori dolci. Da parte sua, Lucano, rafforzando la partnership, può contare sulla forte presenza di Coca-Cola Hbc su tutto il territorio nazionale per proseguire la sua crescita nel mondo della mixology e della ristorazione.

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Compagnia dei Caraibi punta sulla birra e acquisisce Right Beer
Con l’acquisizione dell’azienda, importante distributore di birra artigianale italiana, la società guidata da Edelberto Baracco consolida il suo ruolo di player nel premium beverage, con un’offerta sempre più ricca e trasversale

Compagnia dei Caraibi fa il suo ingresso nel mondo della birra. L’azienda di Vidracco (Torino), attiva nell’importazione e distribuzione di spirit, vini e soft drink, ha siglato un accordo vincolante per l’acquisizione del 75% del capitale sociale di Right Beer, importante società, anche questa piemontese, specializzata nella distribuzione di birra artigianale italiana.

Si tratta di un’operazione strategica per Compagnia dei Caraibi, che così amplia la categoria dei prodotti in catalogo proponendosi al mondo dei locali con un’offerta sempre più trasversale e completa. E di alta qualità. Comune alle due realtà è infatti l’approccio alla selezione delle etichette e dei produttori, guidato dall’attenzione alla massima qualità, alle eccellenze che raccontano una storia e dalla capacità di portare sul mercato prodotti che sappiano creare interesse nel segmento di riferimento.

Notevole il portafoglio di birre che Right Beer porta in dote, oltre 500 referenze di 17 produttori artigianali di eccellenza dal Nord al Sud della Penisola. Con l’ingresso nel gruppo guidato da Edelberto Baracco, l’azienda potrà estendere il suo raggio distributivo, finora legato al Piemonte e alla Valle d’Aosta, a tutto il territorio nazionale.

Da parte sua Compagnia dei Caraibi trova in Right Beer anche un partner esperto per la divulgazione della cultura birraria e della qualità della birra artigianale italiana e, nella sede dell’azienda presso un ex Lanificio di Torino, una unit strategica per lo sviluppo del servizio di prossimità rivolto al mondo horeca. Una collaborazione fondamentale nell’attuale scenario del mondo della birra, che sta vivendo un’importante evoluzione con la domanda di prodotti artigianali che, da trend del momento, va assumendo il carattere di un consumo più maturo e consolidato.  A questo mondo guarda con interesse il Gruppo, che ha appena chiuso il bilancio 2021 con ricavi per 42,5 milioni, registrando una crescita del 71%, e fatto ingresso nel metaverso (leggi Compagnia dei Caraibi: «Nel metaverso per sperimentare e dare un servizio ai nostri brand»), per proseguire la sua espansione.

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