Il mondo dessert è in fermento con le monoporzioni Attilio Servi
Conta 20 diverse proposte la gamma di dessert creata per i locali dal maestro pasticciere Attilio Servi. Dolci al cucchiaio nati per conquistare ogni palato e pronti da servire in pochi secondi

I ristoranti stellati sono stati i primi a valorizzare il mondo del dessert, ma questa oggi è una tendenza condivisa tra i diversi operatori della ristorazione e del “dopocena”. Quello che una volta era il dolce al carrello oggi è il dolce al piatto.

Il cliente è alla ricerca di proposte nuove e diverse e il dolce è visto come “portata” ed esperienza sensoriale irrinunciabile, quindi è parte integrante del menu.

La monoporzione è senza dubbio il dessert della ristorazione moderna e incontra alla perfezione le esigenze del gestore, sempre più attento alla marginalità, alla facilità e alla velocità di servizio.

Attilio Servi Pasticceria, realtà artigianale di alta gamma creata dal pastry chef Attilio Servi, propone una gamma di Dessert abbattuti “pronti da servire” in 30 secondi: un’offerta ricca e varia che conta 20 deliziose creazioni.

Attilio Servi ha attentamente lavorato su ogni dettaglio di questi prodotti, curandone aromi, profumi, consistenze e design, utilizzando per la loro preparazione solo ingredienti di alta qualità, accuratamente selezionati, per dar vita a una gamma di dessert in grado di regalare un’esperienza sensoriale di alto livello che coinvolge tutti e cinque i sensi. Dessert che riflettono in pieno la filosofia del maestro: tutte le sue realizzazioni sono infatti pensate per stupire e conquistare all’assaggio e lasciare un ricordo indelebile in chi le degusta.

Se il focus su qualità e standard produttivo è il valore imprescindibile del maestro Servi, altrettanta attenzione è posta sull’economia aziendale, trasferita ai gestori che scelgono questi prodotti, grazie al formato monoporzione che evita sprechi e permette di avere sempre il food cost sotto controllo.

Per saperne di più:
Attilio Servi Pasticceria
Via Campobello, 1/C Pomezia (Roma)
Tel. +39 069124150
www.attilioservipasticceria.com

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Irap addio (per molti). Cala l’Irpef
Abolita da quest’anno per le ditte individuali l’imposta regionale sulle attività produttive. Risparmi in vista per tutti i redditi medio-bassi con le nuove aliquote Irpef

Con la legge di bilancio 2022, è arrivata una novità gradita per molti titolari di bar: per le ditte individuali esercenti attività commerciali (compresi bar, ristoranti e affini) o arti o professioni dal 2022 l’“odiata” imposta regionale sulle attività produttive (Irap)è stata eliminata completamente, indipendentemente dall’esistenza dell’organizzazione.
L’ultimo adempimento per questi contribuenti sarà il pagamento del saldo per il 2021.

Fino al 2021, l’Irap veniva applicata alle imprese o professionisti che svolgevano l’attività con organizzazione di persone e/o beni. Per i pubblici esercizi, l’organizzazione era quasi sempre presente, anche perché vi è impiego di capitali per le giacenze di magazzino e i beni strumentali necessari.
Poteva ravvisarsi l’assenza di organizzazione solo nei casi di impresa individuale con il solo titolare e beni strumentali e rimanenze ridotte al minimo indispensabile, quali ad esempio un bar con il solo titolare e senza investimenti in beni particolarmente costosi o in rimanenze e senza impiego di personale. Non si considerava autonoma organizzazione la presenza di un unico collaboratore che gestiva solo attività di segreteria, generiche o meramente esecutive.
L’esistenza di più collaboratori o di un collaboratore che effettuava direttamente l’attività (ad esempio il coniuge e/o figli o altri collaboratori familiari che lavoravano insieme), invece, avrebbe configurato l’autonoma organizzazione e quindi l’assoggettamento all’Irap del titolare.
Resta invece confermato l’assoggettamento all’Irap per le società commerciali di persone e di capitali, perché nel loro caso l’organizzazione è considerata insita nella struttura societaria.

Importanti novità anche sul fronte Irpef

Per diminuire la pressione fiscale sui redditi delle persone fisiche, le aliquote degli scaglioni intermedi sono state ridotte di numero ed è stata limata la percentuale di prelievo (vedi tabella nella pagina accanto). Lo sconto medio è di circa 300 euro l’anno, con punte fino ai 900 euro.
Sembrerebbe che non sia cambiato niente per i redditi più bassi (fino a 15mila euro); in realtà ciò non è vero perché, a loro favore, sono state elevate le detrazioni e rivisto il trattamento integrativo del “bonus 100 euro”.
Sul secondo scaglione l’aliquota è stata ridotta dal 28 al 25%.
Il quarto scaglione si ferma a 50 mila (anziché a 55mila euro) con taglio dell’aliquota dal 38 al 35%.
Inoltre, è stato eliminato lo scaglione 55-75mila (attualmente al 41%). Per questi contribuenti l’imposta sembra aumentata; in realtà non è vero, perché l’aumento è compensato dalle minori aliquote dei due scaglioni precedenti.

In virtù delle detrazioni, i redditi entro i quali non sono dovute l’Irpef e le addizionali sono i seguenti:
• 5.500 euro per il lavoro autonomo (detrazione 1.265 euro).
• 8.174 euro per il lavoro dipendente e assimilati (detrazione 1.880 euro); per questi bisogna inoltre tener presente l’effetto del “bonus 100 euro” che può compensare l’Irpef dovuta o addirittura, portare a un credito.
• 8.500 euro per le pensioni (detrazione 1.955 euro).

Gli enti locali devono adeguare le addizionali loro spettanti al nuovo sistema entro il 31 marzo 2022 o, se la scadenza fosse successiva, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione.

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Microbirrerie, mercato in fermento
Causa Covid, alcune microbirrerie sono state recentemente ridimensionate o rivendute ai precedenti proprietari da grandi gruppi industriali. Una scelta di breve respiro visto che complessivamente le specialità non pastorizzate hanno ripreso a macinare vendite e consensi.

L’acquisizione di quattro birrifici artigianali italiani da parte di quattro grandi aziende del settore tra il 2016 e il 2017 aveva scatenato valutazioni contrastanti. Da una parte era un riconoscimento della capacità dei mastri birrai che lavorano anche per piccole realtà e dell’interesse dei grandi gruppi ad allargare il proprio portafoglio specialità con birre crude non pastorizzate, offrendo a piccole realtà la possibilità di investire in impianti e ricerca senza affrontare problemi finanziari. Dall’altra era stata vista come un tentativo di grandi gruppi di contenere e inglobare al proprio interno il crescente fenomeno di successo delle birre artigianali italiane.

Così sembrava che fossero state baciate dalla fortuna Birra del Borgo (acquisita dalla multinazionale americana AB-InBev, leader del mercato mondiale), Birrificio del Ducato (acquisita dalla belga Duvel), Hibu Brewery (acquisita dalla multinazionale olandese Heineken), tutte e tre associate AssoBirra, oltre a Birradamare (acquisita dalla multinazionale nordamericana Molson-Coors).

Di recente, invece, due protagonisti del settore come AB-InBev e Heineken hanno deciso di ritirarsi, totalmente o parzialmente, rispettivamente dalla proprietà di Birra Del Borgo e di Hibu Brewery, nelle quali erano rimasti a vario titolo alcuni fondatori come il “romano” Leonardo Di Vincenzo e i “brianzoli” Raimondo Cetani e Tommaso Norsa. Contestualmente Birradamare, alla quale era stata affidata la distribuzione dei marchi Molson-Coors, viene ridimensionata, con il recente passaggio della distribuzione a Royal Unibrew Italia.

Non esistendo comunicati ufficiali in tema, non rimane che analizzare i singoli fatti così come vengono pubblicati sulla stampa nazionale. I dati di produzione delle aziende e le quote mercato citate sono ricavati dalll’Annuario Beverfood Italia 2021 (beverfood.com) elaborati dal Barth Haas Report Hops 2019/2020.

Annuario BirrItalia Beverfood 2021-2022

Birra del Borgo, Collerosso e i locali romani

Le strutture di Birra del Borgo, storico (2005) marchio di Borgorose (Rieti), al confine con la Riserva Naturale dei Monti della Duchessa, vengono parzialmente smantellate, a cominciare dalle attività commerciali romane (in vendita) come L’Osteria di via Silla e Il Bancone di piazza Bologna e lo storico (2009) impianto di Collerosso (Rieti). Previsto il discutibile e improvviso licenziamento di molti dipendenti (42 su 74), visto che l’impianto principale di Piana di Spedino (Rieti) rimane in attività ridotta con la produzione di prodotti di successo come ReAle, DucAle, Duchessa e Lisa, realizzati con ben l’80% di malti locali, mantenendo l’immagine di “specialità italiana” all’interno della grande multinazionale americana.
Il pericolo è che, soprattutto per motivi fiscali, AB-InBev sia tentata di delocalizzare all’estero, anche in mancanza di altri impianti produttivi del gruppo in Italia sui quali accentrare la produzione e ridurre così i costi. Lo storico impianto di Collerosso, dedicato alle fermentazioni non convenzionali, è stato invece “girato” a Matteo Corazza, storico mastro birraio di Birra del Borgo, completo di impianto e marchio che dovrebbe essere oggetto di restyling.
AB-InBev è il principale produttore di birra al mondo con oltre 467,4 milioni di ettolitri (quota mercato 25,7) e un poderoso portafoglio di oltre 500 prodotti internazionali a cominciare dalla nordamericana Budweiser, la messicana Corona Extra, le belghe Stella Artois e Leffe, la tedesca Beck’s. Di recente Ab-InBev ha modificato il logo aziendale eliminando l’inconfondibile e storica immagine dell’Aquila di Mare Testabianca americana (The Bald Eagle).

Hibu Brewery torna in mano ai fondatori

Diversa la strategia Heineken applicata al birrificio brianzolo Hibu (H come Home Brewer, Ibu come l’unità di misura dell’amaro) Brewery fondato nel 2007. Trasferito nel 2015 nel nuovo impianto di Burago di Molgora (Monza-Brianza), il birrificio Hibu Brewery si è fatto apprezzare per l’originalità delle ricette (5 Immancabili, 2 Stagionali, 4 Ricercate) e per le divertenti etichette disegnate con personaggi di fantasia. Hibu era entrato in orbita Heineken Italia nel 2017 attraverso il suo distributore nazionale Dibevit Import.
A fine dicembre 2021, Dibevit Import è stato però incorporato (“rimodulazione strategica”) in Heineken Italia attraverso la società controllata Partesa, dopo una gloriosa attività ventennale di promozione di oltre 200 specialità birrarie di piccoli e medi produttori di tutto il mondo, un segno che porrebbe le specialità birrarie non più al centro del business della multinazionale olandese.
Il birrificio Hibu Brewery è stato offerto in “riacquisto” ai soci fondatori Raimondo Cetani e Tommaso Norsa (rimasti a curare la parte produttiva), completo degli impianti nel frattempo rinnovati e aggiornati dalla multinazionale olandese con importanti investimenti. Garantita la parte occupazionale, la partnership continua con un accordo con Partesa, società del gruppo Heineken. Con 221,6 milioni di ettolitri, Heineken è il secondo produttore di birra nel mondo (quota mercato 12,2%) che, oltre al marchio olandese Heineken, ha in portafoglio oltre 300 birre come le italiane Birra Moretti e Dreher, l’olandese Amstell, l’irlandese Murphy’s.

Birradamare distribuita da Royal Unibrew Italia

Con un recente accordo di vendita e distribuzione, le specialità della multinazionale nordamericana Molson-Coors Beverage Company passano alla filiale italiana della danese Royal Unibrew (marchio principale Ceres, 4 milioni di ettolitri prodotti, quota mercato 0,2%), rilevando anche l’organizzazione commerciale in Italia di Molson-Coors, rappresentata finora dalla microbirreria Birradamare. Oltre alle specialità Birradamare, Royal Unibrew Italia distribuirà i marchi americani Coors, Blue Moon, Miller Genuine Draft e la ceka Staropramen. Con una produzione di 84,5 milioni di ettolitri, Molson-Coors è il quinto player mondiale della birra (quota mercato 4,6%).

Sicuramente i produttori di birre artigianali (non filtrate e non pastorizzate in fusti e bottiglie, con scadenza di pochi mesi), hanno sofferto in periodo Covid molto più di quelli industriali (birre pastorizzate in fusti, lattine e bottiglie, a lunga scadenza) per la chiusura a singhiozzo, totale o parziale dei locali, essendo solo episodicamente presenti sugli scaffali della grande distribuzione e poco organizzati nel canale e-commerce.
La vendita, totale o parziale, di due medi produttori italiani di specialità artigianali, appartenenti a grandi società birrarie, non dovrebbe comunque incidere sul recupero economico e sull’incremento del gradimento di gusto (e conseguente successo di vendite, ormai decennale) delle specialità artigianali non pastorizzate. Come si deve allora vedere il calice delle birre artigianali: mezzo pieno o mezzo vuoto?

Per gli ultimi sviluppi sul tema, appuntamento a Beer & Food Attraction a RiminiFiera (27-30 marzo).

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Rinasce a New York il Temple Bar, il tempio dei Cocktail Martini
Nuova vita nella Grande Mela per lo storico locale dei Cocktail Martini, grazie ai trend setter Maneesh K. Goyal e David Rabin, ai mixologist Michael McIlroy e Sam Ross e alla barlady Samantha Casuga.

L’oncologo George Schwarz, nato a Francoforte nel 1931, aprì il Temple Bar a Manhattan nel 1989. Il locale chiuse poi 28 anni dopo, il 31 dicembre 2017, dopo la morte del suo fondatore e proprietario, avvenuta nel 2016.

Il Temple Bar rifletteva la gran moda dei Cocktail Martini in quegli anni; e nei tanti momenti di gran successo diventò celebre per il costo dei suoi cocktail (dieci dollari per un Martini a fine Anni Novanta!) e per la clientela notturna che attirava.

Lo storico, elegante bar, tra i più famosi e longevi di New York, ha riaperto i battenti il 14 ottobre 2021, con un nuovo management. Il suo logo è stato ideato dall’artista pop austriaca Kiki Kogelnik (scomparsa nel ’97): la sagoma di uno scheletro bianco di camaleonte su sfondo verde scuro, sulla facciata esterna, al 332 Lafayette Street.

Dallo spazio completamente rinnovato, il nuovo Temple Bar è arredato con sedie originali reimbottite, pavimenti e tappeti rimpiazzati, e con tanto di vecchio telefono pubblico, è aperto da lunedì a mercoledì dalle 17 alle 2; da giovedì a sabato dalle 17 alle 3; domenica dalle 17 all’una.

Il grande bancone di Temple Bar

A far da buttafuori in alcune serate, nei weekend, c’è Disco, con una carriera nei bar e night newyorchesi da oltre un quarto di secolo.

Maneesh K. Goyal e David Rabin, grandi esperti della vita notturna della Grande Mela, si sono uniti a Michael McIlroy e Sam Ross, due veterani della mixology.  McIlroy e Ross si occupano dei drink, preparati dall’head bartender canadese Samantha Casuga, che viene da un altro tempio della mixology della metropoli, il Dead Rabbit.

Carta cocktail creativa

Ross è il bartender ha creato Modern classics come Penicillin (servito anche al Temple Bar) e Paper Plane.

Goyal e Rabin sottolineano che si tratta di «una rinascita, non una riapertura».

«Questo è stato il bar che ha dato il via a tutto: per molti newyorchesi – spiega Rabin – ha rappresentato la prima esperienza con un cocktail bar».

Nella lista dei cocktail (venduti a 19 dollari), spiccano: Gibson Martini con gin, manzanilla sherry, un tocco d’aceto di sherry, salamoia di cipolla, cipollina; Como Spritz, con Cynar, frutto della passione, limone e Champagne; Sick As Espresso Martini con vodka, banana, vaniglia e cold brew coffee; Great Bambino con Bourbon, Fernet Branca, succo di pera fresca, limone e orzata; Blue Negroni fatto in casa, dall’insolito colore blu.

Casuga osserva: «I drink sono costruiti sui classici, su ricette sicure e provate che funzionano. Partendo da una base solida, possiamo aggiungere diversi, piccoli fronzoli che rendono i nostri i drink un tantino stravaganti. Il Blue Negroni, per esempio, è uno dei miei preferiti. Al Campari, con un procedimento che definiscono ‘segreto e complicato’, si toglie il rosso e lo si ricolora, ribattezzandolo Blue Kampari, cui si aggiunge gin e vermut bianco.

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Il Cantiere Hambirreria di Lecce ospita Baritalia: registrati per partecipare
Il locale di viale Università 23 sarà la sede della prima tappa di Baritalia 2022, in programma a Lecce lunedì 21 marzo 2022. Compila il form di iscrizione per assicurarti l’ingresso e la partecipazione alle masterclass

Si riparte. Con rinnovato entusiasmo, un tema nuovo di zecca e di super attualità e una città inedita. Per la prima tappa di Baritalia 2022 – a drink for the planet, edizione dedicata alla sostenibilità, saremo al Cantiere Hambirreria di Lecce lunedì 21 marzo a partire dalle 11 per una giornata imperdibile di confronti, approfondimenti, seminari e sfide sul tema cocktail.

Il laboratorio di miscelazione itinerante di Bargiornale, giunto alla settima edizione,  avrà come da tradizione due momenti clou.

A cominciare da Baritalia Lab, il laboratorio di miscelazione che vedrà confrontarsi bartender di tutta Italia sul tema “A drink for the planet”. La sfida è creare un cocktail cocktail sostenibile che valorizzi il prodotto sponsor e rispetti uno o più dei seguenti principi: riduzione degli sprechi, stagionalità, territorialità e sensibilizzazione del pubblico/cliente verso un progetto sostenibile tra quelli promossi dalle associazioni riconosciute dal ministero per la Transizione Ecologica (scopri qui l’elenco).

MANDA LA TUA RICETTA PER PARTECIPARE

In parallelo, si svolgeranno i nostri Boot Camp dedicati alle tecniche di miscelazione, tenuti da bartender ed esperti di fama nazionale e internazionale. Le lezioni saranno aperte e gratuite per tutti i professionisti che si saranno registrati all’evento.

L’accesso al Cantiere Hambirreria, come da linee guida, sarà consentito solo a chi si sarà prenotato e fino ai limiti di capienza previsti. Verrà misurata la temperatura all’ingresso (si potrà accedere con temperatura inferiore ai 37,5°) e fornita una mascherina, il cui uso sarà obbligatorio (tranne per le persone sedute al tavolo).

Nel Signature Bar potrete degustare – tutto il giorno – i super cocktail dei partner dell’evento.

Ospiti speciali della giornata saranno i protagonisti dei MIGLIORI BAR DELLA PUGLIA

Registrati per partecipare

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Fabio Verona presenta il primo campionato di macinatura
Sabato 19 febbraio e presso la sede di Grindie la presentazione del Master Coffee Grinder Championship. Per voi, qual è il principale compito di un barista?

«Quando tengo un corso e chiedo “qual è il principale compito di un barista?”, per lo più mi viene risposto “fare una buona estrazione, un buon espresso”, oppure “accogliere le persone”. Io rispondo “deve macinare il caffè”: il suo ruolo principale è  individuare la corretta granulometria e saperla controllare durante la giornata”; in caso contrario non si può ottenere un buon prodotto in tazza. Poi, certo, ci devono essere un buon caffè, una macchina performante, tanti elementi concatenati tra loro, ma tutto comincia dalla trasformazione dei chicchi in polvere di caffè». Così Fabio Verona, docente Iiac, formatore per Costadoro e autore del libro Professione Barista – Manuale pratico per l’espresso perfetto,  spiega come è nata l’idea di creare il Master Coffee Grinder Championship, il primo campionato di macinatura.

La sua presentazione ufficiale, con le date delle prime competizioni di Carrara e Padova si svolgerà sabato 19 febbraio tra le 16,00 e le 19,00 presso la sede di Grindie – via Dorno 83, Garlasco (PV).

Quando acquista un caffè, soprattutto uno specialty coffee, il barista riceve informazioni riguardo l’origine, la varietà botanica e il metodo di lavorazione in piantagione; per lo più la presentazione si completa con le caratteristiche organolettiche del prodotto in tazza, che un bravo professionista deve essere in grado di replicare: un compito non sempre semplice.

L’idea della competizione stata subito accolta dai responsabili di Grindie, produttrice del macinacaffè on demand Solo con sistema gravimetrico (la giusta dose è ottenuta valutandone il peso), controllo della temperatura, sistema di abbattimento della temperatura e un doppio sistema di macine che assicurano un macinato dalla granulometria costante, alta velocità di erogazione e ritenzione pressoché nulla.

Come ogni campionato, anche il Master Coffee Grinder Championship avrà più tappe di selezione, ogni volta con un diverso sponsor torrefattore di caffè specialty, al quale spetta per primo la preparazione dell’espresso ai giudici, che valutano insieme e definiscono il profilo organolettico della bevanda, registrando tutti i dati relativi alla ricetta. Ai concorrenti l’abilità e la maestria di raggiungere un profilo aromatico il più vicino possibile all’originale attraverso la regolazione della macinatura.

«Mi piace definire la gara che ho messo a punto come una competizione “popolare”, alla quale può partecipare chiunque pensi di essere in grado di gestire il macinino al fine di ottenere le note previste in tazza – riprende Fabio Verona -. Soprattutto in questo momento in cui le occasioni per incontrarsi tra professionisti si sono diradate e con esse buona parte delle competizioni, partecipare o semplicemente assistere a una tappa del Master Coffee Grinder Championship significa cogliere l’occasione per una crescita professionale e per parlare e confrontarsi con altri operatori: un esercizio che è sempre molto utile.

La presentazione

Come anticipato, per chi vuole conoscere più da vicino le macchine, la competizione e assistere a una dimostrazione, l’appuntamento è per sabato 19 febbraio alle 16,00 presso Grindie a Garlasco (PV). Alla spiegazione del regolamento da perte dell’head judge Luca Ventiglia, seguirà una simulazione di gara con Paolo Scimone e i suoi caffè His Majesty the Coffee estratti con la macchina espresso You di Sanremo Coffee Machines. In chiusura un aperitivo a cura delle barlady Carmen Clemente e Manuela Fensore titolari del World Latte Art & Coffee Center di Milano, uno dei centri di formazione presso il quale i baristi troveranno un grinder Solo per le prove e gli allenamenti.

Bargiornale è media partner del campionato di macinatura, che ha raccolto numerosi sostenitori. A quelli già citati si uniscono Diemme Academy, pulyCAFF, Caffè Costadoro, Metallurgica Motta, Bloom Specialty Coffee, Brita, Turin Coffee, La Sosta Specialty Coffee, Tirreno CT, Ipa., Ims Filtri.

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Check list: 20 punti per misurare il successo del tuo locale
Il successo di un locale passa da una buona pianificazione. L’esperto di bar industry Jason Williams analizza per noi il processo di costruzione di un concept. I fattori strategici oggi? Tecnologia, ingredienti e layout

Tecnologia, ingredienti e layout: nel 2022 chi sogna un bar di successo deve considerarli come tre stelle polari. Anche se il cielo è pieno di altre luci altrettanto brillanti: i tre pilastri fanno parte di un piano articolato in 20 punti e condiviso da Proof Creative, il braccio di consulenza del distributore Proof & Company, attivo nell’area Asia-Pacifico. Una guida completa all’apertura e al lancio di un bar, articolata in venti parole chiave, che Bargiornale ha approfondito con Jason Williams, creative director di Proof & Company, uno dei più influenti esperti della bar industry a livello mondiale.

Jason Williams, creative director di Proof & Company

Più avanti trovate l’elenco completo, con tutti e 20 i pilastri che reggono l’impalcatura di un serio progetto di apertura di un cocktail bar. Abbiamo chiesto a Jason di spiegare perché tecnologia, ingredienti e layout sono quelli da tenere in massima considerazione, nell’ottica di costruire un’offerta capace di incontrare la sensibilità del cliente post-pandemia.

I dati sono il presente e il futuro, le ricette la base di tutto. Spazi da ripensare, sia dentro che fuori

«Partiamo con la tecnologia e pensiamo a come vengono presentati i menu e come vengono presi gli ordini oggi. A quanto strategici siano diventati i dati, che possono essere utilizzati per migliorare l’esperienza dell’ospite regolando l’offerta. Non è tutto: possiamo migliorare l’esperienza cliente sfruttando l’intelligenza artificiale in integrazione con i sistemi musicali, per esempio, o prevedendo allestimenti artistici in digitale». Perché? Perché creano interazioni, creano l’evento-visita. Un altro aspetto da considerare è il mantenimento di un legame con i clienti, monitorando «come l’esperienza nel locale possa legarsi alle loro azioni sui social media post visita».

Il secondo pilastro è denominato “drinks”, «ma possiamo leggere ingredienti. Gli ospiti stavano già diventando più interessati a cosa c’è nel cocktail o nel loro piatto, prima della pandemia. Gli ingredienti diventeranno ancor più centrali in futuro, con particolare attenzione all’ecologia e alla sostenibilità». Parlare di ingredienti significa anche adottare un approccio lungimirante nella progettazione dell’offerta, con un occhio puntato sempre sul mercato: «Non si possono ignorare i problemi lungo la catena di approvvigionamento globale, bisognerà adattarsi anche a questo». Infine il layout. Dal disegno degli ambienti dipende moltissimo del successo di un locale, non solo perché contribuisce a creare uno spazio accattivante e gradevole da vivere, ma anche perché influenza i flussi all’interno del bar. Gli effetti della pandemia? Williams sottolinea quanto abbiamo spesso sperimentato in queste ultime stagioni particolari: «Potremmo dover progettare un maggior spazio tra le sedute e sicuramente è cresciuta l’importanza degli spazi aperti».

Venti elementi da considerare, per dare concretezza all’idea

Ecco l’elenco completo dei pillars proposto da Jason Williams e dal suo team, ciascuno seguito da una nostra sintesi. Una sorta di check list che serve a concretizzare gli elementi che compongono un locale aperto al pubblico, da mettere in fila per valutare se stiamo considerando davvero tutto.

Concept: chi sono, cosa offro e a chi lo offro? Il percorso parte da qui
Drinks: una carta che non dimentichi nessuna categoria di beverage e che metta in mostra creatività e tecniche di preparazione raffinate è una carta ben congegnata
Food: un’offerta attraente, in linea con il concept del locale e con i trend di mercato, porta l’esperienza del cliente a un livello superiore
Team: le persone guidano i clienti all’interno dell’esperienza, per questo il fattore umano resta importantissimo
Servizio: l’ideale è costruire uno stile di servizio, tarato sull’identità del locale. Ricordandosi che il momento chiave è sempre la comunicazione con il cliente
Interior design: il bar è vivo se c’è coerenza tra il design e il concept del locale
Layout: le soluzioni tattili e visive devono contribuire a dare corpo agli ambienti
Brand: ricordiamoci che il brand è in tutti gli elementi visivi ed emozionali, e in tutte le interazioni del cliente con noi e con il team
Memorabilia: materiali, virtuali o tangibili, che aiutano a fare pubblicità al locale; brochure, business cards, menu o sottobicchieri che diventano oggetti di pregio da portare a casa, altri oggetti brandizzati in regalo al momento del conto
Merchandising: il marchio del locale può finire su gadget che hanno un loro mercato; il merchandising dovrebbe essere usato sia come opportunità di entrata extra sia come strumento di marketing
Atmosfera: confort, sound, temperatura, luci e profumo contribuiscono a caratterizzarla. Tutti elementi che singolarmente, spesso, non si palesano, ma devono essere curatissimi
Musica: torniamo al concept e immaginiamo la sua colonna sonora ideale
Programmazione: dei rituali di servizio, ma anche degli eventi e dei momenti di intrattenimento. Aiutano a creare un legame e a far tornare i clienti.
Sensibilizzazione: facciamoci vedere e sentire, le pubbliche relazioni e le operazioni di marketing tengono alto il livello di attenzione della comunità
Tecnologia: tutto quello che ci aiuta a raccogliere e usare i dati per migliorare l’offerta
Strumenti di servizio: bicchieri, elementi del servizio e strumenti del bartender devono incuriosire e dimostrare massima cura. Ancora meglio se ci sono dei “pezzi” personalizzati
Divise: l’immagine del locale passa anche dall’impatto visivo del personale. Anche qui servono coerenza – con l’identità del bar – e cura dei materiali e dell’estetica
Ecologia: come supportiamo l’ambiente sia a livello di concept e filosofia di gestione, sia a livello operativo e quotidiano
Community: non solo dei clienti e delle persone che orbitano attorno al locale, ma anche quella della città o del quartiere che lo ospita. La presenza si deve sentire e con la comunità locale bisogna interagire positivamente
Piano finanziario: il successo dipende da un buon business plan, da una accorta gestione del budget e delle spese, da una strategia coerente nelle scelte di prezzo

Low alcohol e cura degli ingredienti: i macro trend del beverage

Spesso l’apertura di un nuovo locale è accompagnata da un ottimo carico di idee e di talento. Il problema si genera quando tutte queste energie sono incanalate solo verso una parte del percorso, magari con tantissima attenzione verso alcuni aspetti e non abbastanza verso altri. Per questo una modalità come quella della check list proposta dal super consulente Jason Williams può risultare utile a impostare le priorità. Mentre un occhio è fisso sul progetto, l’altro deve guardare al mercato e alle tendenze. Williams riassume così i macro-trend consolidati nel settore del beverage: «L’approccio locale, specie nella selezione degli ingredienti, continuerà ad essere importante, accanto a quello dei cocktail low alcohol». A fare la differenza, però, saranno «l’attitudine del bartender all’utilizzo delle tecnologia, la volontà di adottare un approccio matematico e scientifico alle sfide che si presentano dietro il banco bar a livello di gestione, controllo costi, magazzino». Perché un locale è passione e creatività, ma è anche un’azienda.

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Dario Comini crea il cocktail in omaggio ai quarantanni di Blade Runner
L’anniversario di uscita del mitico film di fantascienza Blade Runner ha ispirato il fan e mixologist Dario Comini per la composizione del cocktail Lavoro in Pelle.

Quest’anno ricorre il 40.o anniversario dell’uscita del mitico e visionario film di fantascienza Blade Runner, diretto nel 1982 dal regista Ridley Scott. Nell’occasione, il mixologist milanese Dario Comini ha voluto celebrarlo preparando un cocktail dedicato come “Lavoro in Pelle”.

Ispirato al romanzo Il cacciatore di Androidi di Philip K. Dick (1968), Blade Runner (corridore sulla lama, nome in codice di un agente di polizia a caccia di androidi/replicanti fuggitivi) è ambientato in una cupa, piovosa e disastrata Los Angeles nero-futurista del 2019 (allora, nel 1982, un anno che appariva lontanissimo). Utilizzati per i lavori più pesanti con capacità intelletuali e forza fisica superiori agli uominini, un certo numero di macchine/androidi/replicanti in via di esaurimento (limite di vita operativa di quattro anni) devono essere eliminate, ma si ribellano al loro triste destino fuggendo.
Del film iniziale Blade Runner International Cut del 1982, sono state distribuite ben sette versioni, in base alle diverse scelte di regista e produttori, tra cui The Director’s Cut del 1992 e The Final Cut del 2007, cui si è aggiunto il sequel più recente nel 2017 di Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve con un cast diverso con protagonista l’Agente K (Ryan Gosling), la ragazza-ologramma Joi (Ana De Armas) e un redivivo Rick Deckard (Harrison Ford), scampato alla morte nel primo film del 1982.

“Ho visto cose che voi umani non potreste neppure immaginare… E’ tempo di morire”. Questa frase messa in bocca all’androide ricercato Roy Batty (interpretato da Rutger Hauer) prima di morire, dopo aver generosamente salvato la vita al suo cacciatore e poliziotto/blade runnner Rick Deckard (Harrison Ford). Una frase slang entrata da tempo nell’arsenale degli aforismi più usati.

A quarantanni di distanza dalla presentazione del primo film della serie Blade Runner, Dario Comini, pluripremiato mixologist internazionale e grande appassionato di film noir e di fantascienza, ha voluto rendere omaggio con un cocktail originale, con varie citazioni e rimandi al film, al regista Ridley Scott e agli intriganti e tragici personaggi come il poliziotto/blade runner Rick Deckard (Harrison Ford), all’androide fuggitivo Roy Batty (Rutger Hauer), alla segretaria di Rick Deckard, Pris (la biondissima Daryl Hannah), alla sensuale replicante Rachel (Sean Young) e al malmostoso poliziotto Gaff (Edward James Olmos).

«L’operazione è partita dalla scelta del bicchiere – precisa Dario Comini – e non poteva che cadere su Blade Runner Glass, double old fashion da 37 cl disegnato nel 1973 dalla designer Cini Boeri e realizzato dalla cristalleria d’arte artigianale Arnolfo di Cambio di Colle Val d’Elsa (Siena) per la collezione Cibi. Scelto personalmente da Ridley Scott per le insolite e avvenieristiche forme angolate, il Double Old Fashion Glass Cibi è stato impiegato nel film Blade Runner per una rara scena di relax del protagonista Harrison Ford che si versa una porzione di Johnnie Walker Scotch Whisky Black Label 12 yo».

Il nome del cocktail Lavoro in Pelle riprende quello gergale (Skin-Jobs) con cui nel film si indicano gli androidi e consiste in un twist del Boulevardier (3 cl Campari, 3 cl Martini Rosso, 3 cl Bourbon Whiskey).

Cocktail Lavoro in Pelle by Dario Comini – foto Matiba

Lavoro in Pelle
di Dario Comini, Nottingham Forest Milano Cocktail Bar
Ingredienti
4 cl Campari
4 cl rye whiskey
4 cl sakè
Preparazione
Miscelare con ghiaccio cristallino e servire nell’iconico bicchiere Double Old Fashion Blade Runner Glass collezione Cibi; aromatizzare un nastro di seta vaporizzato con profumo al cuoio da legare all’esterno del bicchiere; chiudere il bicchiere sotto una campana di cristallo con vapore d’acqua neutro; porre il bicchiere sopra un vassoio insieme con un origami di carta a forma di unicorno; aggiungere un segnaposto il cui morsetto stringe un foglietto ripiegato di alluminio con cui il cliente è invitato a riproporre l’unicorno; in caso realizzazione il drink viene offerto.

Simbolo di verginità e purezza, l’unicorno in carta riprende quello che nel film viene ripiegato dal poliziotto Gaff e che indicava in codice la sensuale replicante Rachel (Sean Young) a rischio di eliminazione.

 

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Sono tre i coffee shop firmati Trucillo a Dubai
La Torrefazione salentina è alla manifestazione fieristica dedicata all’horeca Gulfood 2022. Nell’imponente struttura un locale che già offre i suoi caffè

È in pieno svolgimento a Dubai la fiera Gulfood 2022 – il buono e il bello del food&beverage globale – che si chiuderà il 17 febbraio. Caffè Trucillo è presente a testimoniare un percorso di internazionalizzazione che negli ultimi anni ha fatto crescere le quote dell’export, fino al 60% attuale. Proprio all’interno del grattacielo simbolo dell’espansione finanziaria e commerciale della città e dell’Emirato, il Dubai World Trade Center, che al 26° piano ospita la manifestazione, si trova uno dei coffee shop firmati dalla Torrefazione salentina. È parte di un piano avviato nel 2019 con Arabian Horeca di Mhao Group, che ha scelto il caffè di Trucillo per promuovere negli Emirati il concept di caffetteria all’italiana.

In queste settimane, inoltre, ha aperto il terzo coffee shop italiano a Dubai, all’interno della Sheikh Marwan Tower su Sheikh Zayed Road, vicino alla stazione Financial Center sulla linea rossa della metropolitana. Classici tavoli e ambienti come soggiorno con poltrone e divani favoriscono la socializzazione tra gli ospiti, come l’area salotto all’aperto dove le persone possono godersi il bel tempo. A una stazione di distanza dal World Trade Center e dal Dubai Mall, la nuova caffetteria Trucillo si caratterizza per un ambiente adatto a una pausa rilassante dalla frenetica vita cittadina tra amici o colleghi, ma anche per un meeting tra uomini d’affari che si incontrano in questa zona, fulcro degli affari internazionali di Dubai.

La campagna internazionale di Trucillo ha proseguito la sua azione anche durante stop e rallentamenti imposti dalla pandemia soprattutto ai consumi fuoricasa, principale canale di distribuzione per la Torrefazione, che ha concluso accodi per potenziare la propria distribuzione nel Nord America. I suoi caffè si trovano in locali come il Don Alfonso 1890 a Toronto (Canada), eletto in queste ultime settimane migliore rappresentante della cucina italiana al di fuori dei confini nazionali dalla guida online 50 Top Italy.

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Rational e la sfida della carenza globale di componenti
L’azienda tedesca ha ulteriormente rafforzato le misure messe in campo per fare fronte al problema di approvvigionamento di componenti, che ha ormai assunto un carattere globale

Dallo scorso anno, il mercato soffre di continui problemi di approvvigionamento di materie prime e componenti. Un fenomeno che inizialemente ha interessato soprattutto componenti e materiali provenienti dall’Asia, ma che negli ultmi mesi si è esteso a tutto il globo, con rallentamenti e interruzioni delle forniture che ormai affliggono tutte le regioni del mondo. Da questo problema non sono esenti i fornitori di Rational, con conseguenze che possono riflettersi anche su quello che rappresenta da sempre uno dei punti di forza dell’azienda tedesca: la tempestività delle consegne.

Per fare fronte a questa complessa situazione, ed evitare o ridurre al minimo eventuli ritardi nella fornitura dei suoi sistemi di cotttura intelligenti ad alte prestazioni, iCombi e iVario, Rational ha messo in campo una serie di importanti misure, supportate da altrettanti importanti investimenti.

Nel corso dello scorso anno, l’azienda ha potenziato la capacità produttiva sia per la gamma di forni combinati iCombi, sia per la gamma di macchine multifunzione a calore per contatto iVario, inaugurando un nuovo stabilimento logistico a Landsberg-am-Lech e avviando un nuovo sito produttivo a Wittenheim, dove viene prodotto iVario. Investimenti che hanno permesso un incremento del 20% del numero di sistemi di cottura prodotti, rispetto al 2020, superando quota 80.000.

Gli sforzi per garantire che il maggior numero possibile di sistemi di cottura intelligente venga spedito con puntualità sono proseguiti quest’anno, con ulteriori impegno di risorse. La produzione dei sistemi non viene mai interrotta, proseguendo anche nei fine settimana. Mentre l’ufficio acquisti è alla ricerca continua di soluzioni alternative per assicurarsi la fornitura dei componenti, ma senza rinunciare a un altro dei valori alla base di ogni prodotto rational: la massima qualità. Inoltre, i sistemi vengono assemblati e immagazzinati con tutti i componenti disponibili, in modo da poter consegnare più velocemente i prodotti appena giungono eventuali componenti mancanti.

Tuttavia, a fronte di una congiuntura così insolita e comlessa, Rational con grande trasparenza nei confronti dei tanti operatori del fuoricasa che scelgono le sue soluzioni innovative, ha spiegato in un comunicato che non sempre più soddisfare in modo tempestivo la domanda dei clienti. ritardi nelle consegne possono verificarsi. «Le date di consegna che vengono comunicate al momento dell’ordine arrivano da una schedulazione del sistema di produzione condizionata dagli approvvigionamenti della componentistica – si legge nella nota -. Questo significa che se i fornitori rispettano le date di consegna, anche Rational potrà rispettare la data fornita. Altrimenti andrà adeguata alle tempistiche imposte dalla situazione».

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